Ben dice chi dice che l’indice del pedice sia il gradimento dell’ultima puttanata cinematografica dei fratelli in arme che ingaggiarono lotte intestine dandosi arie da revival consunti. La solfa è sempre quella, un’ampia girandola che gira animata dalle amine divine, screzi a parte, indiscrezioni voluttuose, cinema d’orange e pitture preistoriche.
Lo storione ci avverte che la gallina ha inventato un trucco dietro il quale ogni mago ci va matto, l’illusione nel deserto della stratificazione del supplì, la cosiddetta ispanica ‘Bomba Casera’ che non risparmierà neppure i più sfegatati fegatelli in salmì, a partire dagli Eroi Nel Vento passando per Timbuctù – apriti cielo e silenziati – categorizzando la mania per il retrò. Di domenica in domenica dai lascito della sconveniente passione per l’immobilismo scettico, trovando tra mute vive visioni il grimaldello che apra la porta dell’incoscienza; parvenu a parte, ti mostri come culto dell’arte d’avanguardia investendo sul tuo body quei quattro pennies di lattuga tartaruga, ghiotta lo è formaggino bebè.
Mai pensato di depensare il pensamiento di vacche magre nutrite dal fitness del tuo frigo? Carica e scarica, merci e marchi, orchi e bicocche, mitili futili sprangano il culmine del miraggio. Ancora a bomba ricadi sulle pagine gialle inficiandone l’uso e paventandone il monouso per una tazza di broda calda da campo di concentramento: oh, Kapo’!
Chi condusse ti concusse la mente e poi la lente del binocolo posta al contrario. Contrariato fosti dai nefasti fasti, e cade la neve sui poggi alti, della critica illusoria alla magia pedestre che ti fan tanto equestre, ma sovente manca il guizzo stonato della condotta buona che riconduca, anch’essa, alla messa della stessa ressa del casino illibato, oh, tu che guardi una magnolia e la senti pure cadere – Toc! risuona vuota – in zucca.
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