A partire degli anni ’50, le pubblicazione che nascono intorno a ” Présence Africaine” in un contesto in cui l’Africa comincia a parlare con la voce degli scrittori e degli studenti che dibattono liberamente, con le armi dell’intelligenza e del sapere, della poesia e del romanzo, circa le grandi questioni del continente africano. Nel corso di quegli anni in cui la letteratura negro-africana si afferma e si sviluppa, essa tende a diventare lo specchio delle società indigene in rottura con il sistema coloniale. In meno di 10 anni, tra il 1947 e il 1957, l’incontestabile rinnovamento che interessa l’evoluzione delle idee va a braccetto con l’appropriazione di quegli organi del pensiero che sono le riviste intellettuali e letterarie, forme diverse di stampa e di edizione, convegni, libri …
Gli scrittori della negritudine ci sono, quando in Africa sorgono discussioni di grande rilievo. Le loro opere rispondono ad una sensibilità nuova. Mentre gli intellettuali europei tentano di comprendere la crisi dell’Occidente e di dare un seguito agli interrogativi posti dalla guerra, attorno al grande intellettuale senegalese, Alioune Diop, che fu una sorta di Socrate africano, scrittori e pensatori neri partecipano allo sforzo di riflessione provocato dal terremoto dell’impero coloniale….
Per loro, infatti, non si tratta, come vorrebbe la rivista “Esprit” fondata da Emmanuel Mounier nel 1932, di mettere sotto accusa una tradizione talora soffocante ma potente, insomma, di “ cambiare la cultura e la politica” ; non si tratta nemmeno, come il caso per “ Les Temps Modernes”, di affrontare i problemi sollevati al momento della Liberazione. Per Présence Africaine, è il destino dei popoli neri che sta al centro di tutte le riflessioni. E’ questo l’argomento che definisce il paesaggio intellettuale nel quale si ritrova le élite nere dell’epoca. Gli intellettuali sono radicati nel vasto movimento di rivendicazione che anima la lotta per la liberazione totale dei popoli africani.
Con la guerra alle spalle, allorché gli ex fucilieri africani si rendono conto che agli indigeni non è stata riconosciuta la libertà, questi argomenti non potevano più rimanere tabù. La Randonnée del senegalese Samba Diouf* è disseminata di momenti di riflessione sulla disillusione delle popolazioni del Senegal, dell’Alto Volta ( oggi Burkina Faso), del Dahomey (oggi Benin), che tornano in Africa e qui destano le masse al sentimento della coscienza nazionale. E’ la situazione che gli intellettuali africani fanno propria nelle loro riflessioni critiche. La vive ad un livello globale, che abbraccia la sorte dei popoli africani da secoli esposti a meccanismi di sfruttamento, che in alcune regioni sono stati spinti ai limiti dell’assurdo. Per il ricercatore, bisogna andare alla radice del problema e mostrarne tutta la portata.
Gli intellettuali africani sono posseduti da una coscienza acuta del dramma della colonizzazione. Per loro, non si dà violenza più mortifera di quella che si insinua e si esercita nello sguardo che un popolo porta su sé stesso e sul proprio passato. Prima di assalire il corpo di un popolo, di strappargli le sue terre e le sue risorse, si aggredisce prima di tutto la sua coscienza.
Se gli intellettuali dell’epoca incarnano, in un certo senso, la coscienza dei popoli d’Africa e che vorrrebbero interrogarsi sul tipo di risposta che loro danno alla questione nazionale : attorno ad essa si articolarono gli avvenimenti fondamentali che hanno profondamente modificato il paesaggio politico e sociale del nostro pianeta dopo la Seconda Guerra Mondiale