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Recensione : Jk Flesh – Posthuman

Jk Flesh - Posthuman: Avete presente Justin Broadrick? Bene, in tal caso saprete già che stiamo trattando di un personaggio (con la P maiuscol...

Jk Flesh – Posthuman

Avete presente Justin Broadrick? Bene, in tal caso saprete già che stiamo trattando di un personaggio (con la P maiuscola) assolutamente fuori dal comune, da cui ci si può aspettare di tutto:avete mai ritenuto possibile la creazione di un disco Doom-Step?

Che? Doom Step? Che dice questo? Ebbene sì, una fusione tra Doom e Dubstep, l’estrema unione di un genere imparentato col metal ed uno elettronico: mettere insieme due concetti del tutto antitetici come questi è roba da fuori di testa, ma in fondo perchè no, se funziona…e la formula di JK Flesh funziona eccome!

Non l’avrei mai detto a priori, ma il risultato finale è ben più che un divertissement per un artista matto come Broadrick, perchè è un qualcosa che ha una sua logica e un suo fondamento (anche storico, se vogliamo).

Per arrivare ad argomentare queste cose, mi riallaccio un attimo all’introduzione, nel senso che se non avete presente Justin Broadrick questo vi farà un briciolo in più di chiarezza (se sapete già tutto potete saltare al paragrafo successivo). Broadrick è un personaggio poliedrico e un grande artista (che uno apprezzi la sua musica o meno, questo bisogna riconoscerlo), attivo nell’ambito musicale dagli anni ’80 e impegnatissimo nella sperimentazione tra metal-industrial, ma come vedremo in più occasioni portato anche a sconfinare nell’elettronica. È un personaggio rilevante perchè membro prima dei Napalm Death (celebratissima band grindcore), e quindi dei Godflesh (altro celeberrimo mostro del metal sperimentale in veste industrial), fino alla creazione dei Jesu (ed eccoci arrivati nel nuovo millennio). Ora avete capito chi è quest’uomo? Tutto qui (per modo di dire)? No di certo, perchè mentre queste cose le sanno in molti, molti meno sapranno che Broadrick si è applicato anche nella sperimentazione di musica elettronica in vari progetti paralleli, che hanno svolto un ruolo molto importante nell’evoluzione della cultura underground inglese. Parlo delle collaborazioni con un’altra mente fuori dal comune, che risponde al nome di Kevin Martin (principalmente conosciuto in ambito elettronico come The Bug), altro grande sperimentatore in ambito rock/free-jazz/dub/grime e quant’altro. I due formarono prima il progetto God (jazzcore), quindi Ice e Techno Animal, soprattutto quest’ultimo progetto di una certa rilevanza, che spazia dall’electro-industrial ad influenze hip-hop e jazzcore, passando ovviamente per l’industrial metal. Perchè vi dico questo? Perchè, come dicevo prima, questi progetti hanno fornito degli importanti punti di riferimento e spianato nuove strade all’evoluzione della 2-Step come alternativa alla Jungle nell’Inghilterra degli anni ’90: il genere in quel periodo si muoveva su territori prossimi alla house (con alterazione dei beat), e furono pionieri come Broadrick-Martin (anche se il merito va assegnato prevalentemente ad alcuni producers garage tra cui Zed Bias ed El-B) con il loro sperimentalismo estremo, a tracciare la rotta per la seconda generazione di produttori garage (tra cui Digital Mystikz e Kode9) nella definizione della musica dubstep.

Dunque la logica del lavoro in questione,“Posthuman”, è quella di riprendere il discorso iniziato a suo tempo su queste lunghezze d’onda, recuperando lo pseudonimo JK Flesh ormai da anni inutilizzato, ed è possibile ipotizzare che ciò non sia casuale. Broadrick è infatti rimasto lontano da questo tipo di musica per un po’, proprio durante questi anni di esplosione del fenomeno dubstep (strano vero? Un fatto che monta ulteriormente la curiosità riguardo a questo “ritorno”), ed è possibile che si sia accorto che ora i tempi sono maturi per rendere questo suo progetto e questa sua opera più digeribile al pubblico.

Stiamo parlando infatti di sonorità tutt’altro che facili, e io devo mettere tutti in guardia, perchè se non sei pronto ad ascoltarlo, Posthuman ti prende a schiaffi, rivoltandoti addosso tonnellate di rabbia e di terrorismo psicologico: chitarroni potentissimi, voce distorta, bassi assassini, tanto rumore e disagio sono i caratteri dominanti del disco.
Un tema cardine e specialità della musica dubstep è quello di delineare scenari apocalittici e atmosfere cupe e inquietanti, dunque Posthuman risponde pienamente a queste caratteristiche (vorrei precisare che dubstep non è solo musica elettronica, perchè ha anche studi teorici alle spalle: chi fosse interessato ad approfondire i temi legati al rapporto tra musica e psicologia, vada a leggersi il libro “Sonic Warfare” di Steve Goodman,vero nome del grande Kode9, in cui si fa riferimento a quelle che vengono chiamate “sonic weapons”).

L’impatto è durissimo, perchè fin dalle prime battute JK Flesh ci va giù pesante, con il micidiale trittico Knuckledragger, Idle Hands e Punch Drunk, pezzi in cui è fortissima la componente doom, e dunque il metallo prevale sul basso dubstep. I ruoli si invertono poco dopo con Devoured, mentre la traccia Posthuman è violenza pura, con i ritmi che accelerano improvvisamente in una cavalcata che tocca la techno. Con Earthmover e Dogmatic si raggiunge un equilibrio totale tra le componenti doom e dubstep, mentre una delle mie tracce preferite è Underfoot, probabilmente perchè non sono un vero metallaro, e in questa traccia trovo un po’ di sollievo nel sentire il basso prevalere sul chitarrone, che però è presente e crea atmosfera sullo sfondo. Walk Away chiude il disco al massimo della distorsione e con una potenza espressiva fortissima.
In certi momenti questo disco ricorda il camaleontico doom vs industrial di Scorn, ma JK Flesh si spinge ancora oltre, nel senso che fonde in un’unica colata di rumore, lo Scorn degli inizi (fino a Colossus del ’94), che aveva il doom-industrial nel sangue, e quello dell’album Stealth (’07) marcatamente dubstep, tralasciando però la dark-gloomy-downtempo degli album a cavallo tra queste due fasi.

Per concludere: “finalmente” direte voi, e avete ragione, ma su questo disco c’è tanto da dire perchè si muove su un terreno ancora non consolidato; vi dico solo di fare attenzione a quest’album, perchè potrebbe essere un passo importante (condizionale d’obbligo) per Broadrick e per i due generi in questione.

P.S. Nella versione giapponese Posthuman e Punchdrunk sono anche in versione “Dub”, oltre ad una “Version” di Knuckledragger, anch’esse da ascoltare!

Knuckledragger Version (japanese release)

- Jk Flesh - Posthuman

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