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Recensione : James Baldwin – Gridalo Forte

Libro assolutamente da leggere perché si tratta di una lezione di scrittura e storia contemporanea spesso relegata, almeno in Italia, ai bordi.

Editrice Amos ci regala questa nuova traduzione del romanzo d’esordio di James Baldwin, Gridalo Forte, traduzione a cura di Silvia Mondino.
James Baldwin: predicatore di una chiesa pentecostale, difensore dei diritti civili dei neri d’America, forte voce che descrive mirabilmente uno scorcio di America tra lotte razziali, integrazioni difficili, l’anima afroamericana che si divincola tra sofferenze, credo, lotta, speranza.

Gridalo Forte è un lungo racconto in parte biografico di una famiglia nera ad Harlem,“Miseria. Fame, vagabondaggio, crudeltà, paura e tremiti, fino alla morte” dice a un certo punto uno dei protagonisti di questa famiglia, che esemplifica la linea del romanzo, dalla narrazione cruda, diretta, sanguigna.
In un altro frangente della trama Elizabeth, la moglie del capofamiglia che in passato ha avuto una relazione intensa con un uomo che perisce drammaticamente nel momento in cui rimane in cinta del vero protagonista del romanzo, il ragazzo John, dice: “Mia zia diceva sempre, lei diceva: la gente non dovrebbe fare al buio quello che ha paura di fare con la luce.” Ebbene, in questo romanzo pare che “le cose al buio” superino di gran lunga il numero di quelle fatte alla luce: tradimenti, sbronze, ingordigia, risentimenti, paure. E poi tragedie – e quella linea rossa che congiunge una devozione religiosa intensa alla cruda ostinazione che germina nelle menti dei protagonisti d’essere solo un’appendice della società americana, quell’appendice “negra”, che è scappata dal Sud per cercare la svolta al Nord, nella grande città, nell’Harlem newyorkese, in cui invece, al posto della rivalsa, trova una lotta per la sopravvivenza forse ancora più cruda, una frizione interna, ostica e familiare, che travalica pure il contesto fondamentalmente razzista dell’epoca.
Insomma, la ricerca della salvezza deve passare da dentro di noi prima che nella cosiddetta società civile e Baldwin, gran maestro nell’illustrare la sua epoca e sostenitore dei diritti civili, lo sa bene.
La cultura afroamericana avrebbe dovuto prendere possesso delle proprie radici, senza compromessi, prima di poter intraprendere una piena integrazione tra gli strati sconnessi, sovente dradisismici, della rigettante e multicaotica società americana.

Storia dunque di maledizioni, espiazione, agognata salvezza. Redenzione e riscatto che, in qualche modo giungono, alla fine.
Trama cucita impeccabilmente da un autore maestro della narrazione di questo secolo, da qualcuno che sapeva cosa scriveva avendo vissuto realmente gli accadimenti, le angosce, la forte fiducia di un periodo storico in movimentazione convulsa continua. I fatti si stavano scrivendo, veramente, in quegli attimi frenetici di storia americana.
Dunque libro assolutamente da leggere perché si tratta di una lezione di scrittura e storia contemporanea spesso relegata, almeno in Italia, ai bordi.
Romanzo che forse pecca nella sua estensione, e il cui tema principale, la religione, potrebbe allontanare il lettore. Ma la religione, qui, sembra assumere il connotato di meccanismo atto ad aiutare, accomunare, plasmare un coacervo di umanità persa nei propri rancori, che senza essa continuerebbe a cercarsi in giro senza mai trovarsi o forse a perdersi senza saperlo di fare.
Dunque il tratto di Credo deve essere congiunto ad una cultura “nera” bisognosa di speranza e punti fermi per continuare a sperare in una propria rivincita, rivincita pacifica e legittima che sicuramente, ancora ai nostri tempi, non è ancora definitivamente avvenuta.

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