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Isla Utopia Parte 3 – Macondo

Isla Utopia Parte 3 – Macondo

Prima puntanta : Isla Utopia – Parte 1: Uscita B42

Seconda puntata: Isla Utopia – Parte 2: Cosa essere tu?

Forse, sognare… La prima edizione di Cent’anni di solitudine è stata pubblicata a Buenos Aires agli inizi di giugno del 1967.

Aracataca, il villaggio colombiano in cui è nato Gabriel García Márquez, si trasforma nella fantasia dello scrittore e diventa Macondo, “una città invisibile” più reale di molte città palpabili. Il romanzo verrà letto da quasi cinquanta milioni di persone, mutando l’immaginario dell’America Latina nel resto del mondo. Migliaia di bambini europei e americani si chiameranno con il nome degli abitanti di Macondo, diventando Aureliano, José Arcadio, Remedios o Amaranta Ursula. Bambino, non ho nomi di Macondo, ma a quattro anni il mio nome cambia. Il primo sguardo e le prime scoperte sono di Luca, il mio primo nome, invece, è ancora sulla carta, eredità del nonno che vive in Argentina.

Ma un giorno il nonno arriva alla porta e si accorge che a Genova si potrebbe anche fermare: l’allergia lo lascia in pace, ha smesso di starnutire. È un motivo sufficiente per rimanere ed è così che la sua guarigione mi definisce Leonardo. Con l’avvento dei nonni, entra in casa anche una lingua improbabile, una “mezcla” di spagnolo, dialetto calabrese e italiano.

La Macondo della mia fantasia prende forma guardando nello stereoscopio le immagini tridimensionali del matrimonio dei miei e la bisnonna baffuta delle foto diventa la mia Ursula Iguarán, capostipite di cent’anni di solitudine. La Plata è il luogo immaginario delle storie ed è anche il luogo da cui affermo di arrivare, che negli anni Ottanta a scuola è più facile dire di essere straniero che meridionale.

Ora che ci siamo risvegliati dentro e attraverso le sue strade con mia mamma e i miei figli sento che la vita sa anche essere dannatamente bella e che in sta città quadrata non ci si può perdere manco da ubriachi. Quando l’architetto Benoit l’ha ideata insieme ai suoi fratelli massoni ha chiaramente preferito la squadra al compasso, cosicché ci si muove dentro vie ad angolo retto che non hanno nomi ma numeri.

Ogni isolato è un quadrato e ogni sei quadrati c’è una piazza, non ci si può sbagliare, al limite a confondere ci pensano le diagonali che si intersecano. La mia Macondo, se esiste, deve essere un po’ più in là, fuori dal tracciato della città. Sull’autostrada La Plata-Buenos Aires la trovo, a Ensenada, con il cartello “Isla Utopia”. Non c’è altro che un’isoletta lontana e per quanto uno si sforzi di capire non può che dirsi: non so, ho solo le coordinate di un mondo immaginario, Macondo, Utopia, una vibrazione nella mente. Faccio una ricerca e scopro che si tratta di un’intuizione artistica di un universitario platense e che la sua intenzione è di reinventare quel luogo, chiamandolo come il romanzo di Thomas More, dove l’isola utopica è un luogo che non è in nessun luogo e gli uomini hanno imparato a stare insieme.

Torno a casa e guardo su Wikipedia la xilografia della prima edizione del 1516 di Utopia, poi guardo l’immagine di copertina della prima edizione di Cent’anni di solitudine: vi sono delle navi che portano all’isola, che vagano nella selva e nelle paludi, che portano oltre il limite della nostra fantasia. “Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso”… e sono passati quasi cent’anni da quando il fratello di mio nonno, il primo a partire, è arrivato in Argentina sull’Ammiraglio Bettolo.

Bene, ora posso dipanare la matassa della mia immaginazione.

E raccontare il mio viaggio…

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Una risposta

  1. MACONDO-UTOPIA METAFORA DELLA ESISTENZA UMANA.

    Non so quante volte ho letto e riletto “Cent’ anni di solitudine “.
    Per me e’ ancora il piu’ bel libro esistente.
    E Leo, mosso dal desiderio delle sue origini e della sua Macondo fantastica e’ giunto a scoprire l’ Isola Utopia immaginata da Tommaso Moro e dal suo ideale navigatore Raffaele Itlodeo.
    Anche Moro, come Leo, ha desiderato il mondo archetipo, perfetto, originario, perche’ anch’ egli si sentiva diviso, separato, estraneo al mondo e al tempo in cui viveva.
    La societa’ in cui viveva gli stava stretta ed aliena e si sentiva attratto da un assoluto irraggiungibile, una sua Macondo.
    E prendendo spunto dalla Repubblica di Platone fantastica una societa’ perfetta, un perduto paradiso che un suo immaginario relatore ha scoperto e a lui descritto.

    Leo mosso da un desiderio profondo.
    Tutti gli esseri umani sono mossi dal desiderio.
    Da una costante, incessannte, insaziabile sete verso un perche’, un qualcosa, un sapere ultimo ignoto.
    IRRAGGIUNGIBILE !

    Ma cosa e’ questo desiderio, questa sete che muove le nostre vite incessantemente ?
    Da dove e da cosa ha origine ?
    La psicanalisi moderna individua la nascita, l’origine, del desiderio dalla nostra DUALITA’, DALLA NOSTRA PERDUTA UNITA’.
    Essa spiega che dall’ avere lasciato, sul piano biologica, la nostra unita’ col corpo di nostra madre, e dall’ avere abbandonato la coscienza unitaria del bambino per il mondo della conoscenza, della ricerca, della opinione, siamo diventati SEPARATI DA NOI STESSI, DAL NOSTRO IO ORIGINARIO.

    Platone, nel Simposio, descrive questa nostra separazione col mito della creazione.
    ” Gli dei alfine plsmarono l’essere umano e lo fecero maschio e femmina in un unico corpo, potente, autonomo simile agli dei.
    Ma questo essere presto si allontano’ dalla lode e dalla riconoscenza verso il Cielo.
    Divenne arrogante e devastatore della Natura.
    Allora gli dei decisero di separare la sua parte femminile da quella maschile e disperderli per il mondo.
    E da allora gli umani, cosi indeboliti e dilaniati, sono alla perenne ricerca della loro meta’ perduta.”

    Da qui l’ origine mitica del desiderio, della ricerca dell’ anima gemella, dell’ amore umano ( figlio della necessita’ e della separazione ).

    Il desiderio ha quindi una origine, una causa ben precisa: DESIDERIO SIGNIFICA MANCANZA.
    La nostra coscienza ci fa agire, cercare, viaggiare, lavorare, fare arte, fare musica, lottare, immaginare, soffrire perche’ SENTE UNA MANCANZA, SENTE IL DISTACCO, LA SEPARAZIONE DALL’ IO UNITARIO DAL QUALE SIAMO GENERATI.
    E tutto il nostro vivere, desiderare e agire altro non e’ che il nostro cammino alla ricerca e verso il nostro IO !

    Con tanta amicizia…
    …BUON VIAGGIO LEO !

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