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Isla Utopia – Parte 1: Uscita B42

Scrivere di un viaggio è scrivere della mente di un viaggiatore, della sua partenza, del suo arrivo e del suo ritorno.

Isla Utopia – Parte 1: Uscita B42

Scrivere di un viaggio è scrivere della mente di un viaggiatore, della sua partenza, del suo arrivo e del suo ritorno.

Nella mia piccola storia d’Argentina scrivere di una partenza è varcare la soglia dell’uscita B42 del Terminal 5 a Heathrow, Londra, e prendere il volo BA245.

E’ il 9 dicembre 2018 e i miei compagni di viaggio sono Emiliano e Matteo, i miei figli, 12 e 6 anni.

Sono le 20.30, siamo sull’aereo, davanti a noi una giovane coppia di argentini.

Lui è in piedi e non riesce a distogliere lo sguardo dal cellulare, ogni suo movimento è incerto, assente. Ripone il bagaglio nella cappelliera e si blocca. L’assistente di volo gli si fa incontro e lui strabuzza gli occhi, si siede: ha segnato il River. Ritorno dopo vent’anni a Buenos Aires e a Madrid, nella terra dei conquistadores, Boca e River sono ai supplementari a giocarsi la Libertadores. Revisione storica anche del futbol, dannazione. L’aereo si stacca da terra alle 21.10 e nella mente c’è la mia famiglia: i bambini che sono con me, l’emozione del primo grande viaggio insieme, mia madre e il suo compagno che troveremo a Ezeiza, i cugini ignari del nostro arrivo e che andremo presto a sorprendere. L’aereo si stacca da terra ed è un nuovo capitolo della nostra storia divisa, doppiamente presenti e doppiamente assenti direbbe il sociologo algerino Abdelmalek Sayad, è la storia di ogni migrazione.

Quando partivamo in nave lasciavamo tutto alle spalle, oggi ci possiamo permettere l’intermittenza.

L’aereo prende quota, perdiamo lo sguardo nelle luci della notte londinese e mi riscopro turista familiare, acrobata del tempo. Un viaggio di 13 ore e 45 minuti, il volo più lungo in partenza dal Regno Unito, si può ingannare fino ad un certo punto: la sregolatezza del non poter definire il qui e ora va a impattare con la velocità, la noia e la scomodità. Non sono le due-tre settimane nella terza classe del ventre della nave ma per un bambino degli anni zero è pur sempre tanta roba. Ed io… sono un papà zen!… dotato di libri, tablet, fogli, matite, pennarelli e dolci… Un supermercato ambulante dell’intrattenimento oltre le nuvole… Poi, per fortuna, esistono anche i film nei voli intercontinentali… Poi, per fortuna, esistono anche la stanchezza e il sonno…

Insomma, 13 ore e fischia passano, 11121 chilometri te li svanghi, cosa vuoi che siano?

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