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Il suono del dolore, intervista a Stefano Cavanna

Finalmente è arrivato un giorno che aspettavo da tempo, ovvero il momento di intervistare Stefano per l’uscita del suo magnifico libro “ Il suono del dolore- Trent’anni di funeral doom”, edito da Tsunami Edizioni e recensito dal nostro Marco Valenti

Il suono del dolore, intervista a Stefano Cavanna

Finalmente è arrivato un giorno che aspettavo da tempo, ovvero il momento di intervistare Stefano per l’uscita del suo magnifico libro “ Il suono del dolore- Trent’anni di funeral doom”, edito da Tsunami Edizioni e recensito dal nostro Marco Valenti qui Stefano è stato una delle penne di In Your Eyes e ha poi diretto per tre intensi anni il figlio metallaro Metaleyes che abbiamo poi chiuso nell’estate del 2019.

Attualmente ha un suo blog https://mournfulsounds.com/ e collabora con il programma radiofonico“Overthewall”. Uno dei maggiori esperti di sonorità funeral doom a livello mondiale ha scritto in pratica l’unico volume riconosciuto sul funeral stesso, e ora facciamo due chiacchiere con lui.

– Ciao Stefano, come hai conosciuto il funeral metal ?-

Ciao Massimo. Mah, anche se tu mi accrediti di titoli onorifici eccessivi, il mio approdo al funeral è avvenuto qualche anno dopo la sua nascita, nel senso che a metà degli anni novanta i miei ascolti erano più indirizzati alla variante gothic doom (My Dying Bride, Paradise Lost, Anathema e relativa genia). Certo, come ho sempre sostenuto, il disco che mi ha cambiato la vita è stato Forest of Equilibrium dei Cathedral che, anche se non può essere definito un album funeral nel senso vero del termine, credo abbia aperto a molti appassionati come me un mondo di sonorità oscure e più rallentate di quelle già asfissianti del classic doom, permettendo di arrivare a band come Skepticism, Evoken e Mournful Congregation senza subire eccessivi contraccolpi. A proposito, se ben ricordi la prima recensione che scrissi per In Your Eyes fu proprio quella di The Book of Kings dei Mournful Congregation

-Come nasce l’idea di fare un libro come “ Il suono del dolore- Trent’anni di funeral doom” ?-

Finita nell’estate del 2019 l’avventura con MetalEyes e “disintossicatomi” dall’obbligo di scrivere recensioni (oltre a tutto il resto), ne stavo approfittando per ampliare la mia conoscenza proprio in ambito funeral e death doom, perché in quella fase era lì che trovavo le sonorità che più mi coinvolgevano e mi emozionavano. Così mi sono messo alla ricerca di qualche pubblicazione, cartacea o meno che fosse, in cui venisse approfondita la materia consentendomi di trovare nomi interessanti che fossero sfuggiti ai miei radar, scoprendo in realtà che non era mai stato fatto nulla di simile in nessuna parte del mondo, se non qualche approfondimento sotto forma di articoli in alcune webzine. Al che ho pensato che avrei potuto tentare di colmare tale lacuna, così ho iniziato prima il lavoro di ricerca e poi, complice anche lo sgradito arrivo del lockdown nel 2020, ho cominciato la stesura del libro, devo dire con non troppe speranze di trovare qualcuno che lo avrebbe pubblicato. Fortunatamente ho trovato altri pazzi visionari come me, nelle persone di Eugenio e Max della Tsunami Edizioni, che mi hanno consentito di rendere tangibile un’idea fino a quel momento apparentemente irrealizzabile.

-Con quali criteri hai strutturato il libro e la scelta dei gruppi, con buona pace dei tanti puristi chemabbondano in rete?-

A parte le molte band che già conoscevo, sulle quali non avevo dubbi, ho utilizzato i vari motori di ricerca, le pagine Facebook e i siti delle band stesse per capire in quale genere fossero catalogate e poi, ovviamente, ho ascoltato un bel po’ di ore di musica per stabilire chi suonasse funeral doom piuttosto che death doom, sludge, post metal e quant’altro. Sono conscio d’avere inserito nel libro nomi che probabilmente alcuni ritengono fuori luogo (per esempio gli Abandon, se uno non ascolta The Dead End) e di averne tralasciati altri che magari sembrava scontato ci fossero. Alcuni di recente mi hanno fatto pentire, vedi il caso dei greci Decemberance, per i quali sono rimasto in dubbio fino alla fine e poi mi hanno “punito” per averli esclusi producendo, a libro già stampato, un disco di meraviglioso funeral doom come l’ultimo Implosions.

-Come descriveresti gli ascoltatori del funeral metal ?-

Sono persone come me, ovvero facilmente inclini ad emozionarsi e naturalmente propense all’ascolto di musica dal grande impatto emotivo, non necessariamente di matrice metal. Non credo, come molti pensano, che l’ascoltatore del funeral sia una persona irrimediabilmente depressa anche se non nego che una latente componente melanconica possa essere spesso presente.

– Quali sono le peculiarità del funeral metal che si fanno amare da chi lo ascolta ?-

Come detto, il potenziale evocativo e se vogliamo anche una certa funzione catartica. Faccio un esempio: se sono di cattivo umore o con il morale sotto i tacchi, per assurdo è proprio ascoltando musica più triste e straziante ma, allo stesso tempo, molto pesante che riesco a sgomberare la mente, spingendovi fuori la negatività e facendo spazio all’impatto emozionale.

-Genere sotterraneo ma sempre vivo e vegeto, cosa pensi del presente e del futuro del genere alla luce di ciò che hai scritto ?-

Il funeral è nato come sottogenere di nicchia di un genere altrettanto di nicchia come il doom, per cui è difficile immaginarne un particolare incremento in senso commerciale, anche se un album come l’ultimo degli Ahab, per esempio, in Germania è riuscito a fare breccia nelle classifiche. Proprio questo dato fa capire come l’accoglienza da parte del pubblico dipenda dalla cultura musicale e dalla propensione all’ascolto di certe sonorità all’interno delle diverse nazioni. Nonostante la relativamente ridotta diffusione e la sua anti commercialità, penso che ci saranno anche in futuro ottime band che lo suoneranno e uno zoccolo duro di ascoltatori che lo ascolteranno.

-Avresti mai immaginato anni fa di arrivare a scrivere un libro sul funeral doom ?-

Non avrei neppure pensato di scrivere un libro in senso lato, figuriamoci di materia musicale, non essendo il sottoscritto un giornalista musicale o un critico di fama riconosciuta.

– La fisica monolitica del suono del funeral doom nasconde una forte spiritualità che tocca la tradizione occidentale o è un qualcosa di slegato dalla nostra civiltà ?-

Domanda complessa. Avendo potuto ascoltare band provenienti da molte parti del mondo devo dire che l’approccio è piuttosto diverso a seconda dell’area geografica. La spiritualità però credo sia soprattutto interiore e quindi dalle caratteristiche alquanto individuali; al netto di qualche raro esempio di band che tratta tematiche religiose (ma per lo più buddiste, quindi con un approccio completamente diverso da quelle cristiane), nell’area nordeuropea gran parte dei musicisti ha un passato nel black metal e da lì si porta dietro un retaggio ben più nichilista. In generale la tendenza è quella di considerare la morte un qualcosa di ineluttabile che può essere espresso sia con sonorità più aspre e volte all’incomunicabilità, sia invece con partiture dolorose e strazianti. Comunque, per rispondere in maniera più diretta alla domanda, direi che non trovo un legame così profondo con la tradizione occidentale, se è vero che il funeral è nato in un paese come la Finlandia, che non può essere considerato occidentale nel senso più canonico del termine, e che una delle aree in cui si è poi sviluppato maggiormente è individuabile nell’Europa dell’est.

-Pensi che il tuo libro possa essere letto solo dagli amanti del genere o è fruibile anche per chi vuole cominciare o anche solo conoscere il funeral doom ?-

Tendenzialmente direi che per leggere il libro è necessario possedere un minimo di conoscenza del metal estremo (death e black, soprattutto), anche se ritengo che il funeral per le sue tematiche e la sua pesante cappa di oscurità potrebbe attrarre anche chi di norma ascolta post punk o gothic rock (penso a chi ama Joy Division o Fields of the Nephilim, tanto per fare un esempio)

– I social sono utili per seguire il funeral doom?-

Piaccia o meno, i social oggi sono lo strumento principale per ogni appassionato di musica che voglia approfondire la conoscenza dei propri gruppi preferiti o ottenere notizie di altri meno conosciuti. Va anche detto che molte band funeral non hanno profili social, ma per fortuna c’è modo di farsi un’idea di quali siano le loro capacità grazie ai bandcamp. Comunque su Facebook, oltre alla pagina collegata al mio blog Mournful Sounds dove possono essere lette brevi recensioni degli album che ritengo meritevoli di ascolto, gli appassionati possono trovare tutto quanto serve relativamente alle uscite in ambito doom (funeral incluso, quindi) sulla pagina Doom Heart dell’amico Alberto Carmine.

Grazie mille Stefano, e grazie anche per aver stilato una playlist incredibile che trovate qui.

IL SUONO DEL DOLORE - TRENT'ANNI DI FUNERAL DOOM - tsunami edizioni

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