Black metal atmosferico da un one man band italiano, sludge marcio e sporco dalla Finlandia e si chiude con lo space doom stoner dal Texas.
GRAVEN
“March of the souls” è il debutto discografico del progetto one man band di Luca Pasini, dalle forti tinte atmospheric Black Metal, black metal melodico e molta epicità. I suoni racchiusi in questo disco vengono dalla parte più progressiva del black metal, che è un universo che ha dentro di sé molte cose, e oltre al sangue e alle caverne ha anche questo afflato che ascoltiamo qui.
L’incedere del disco è molto epico e di grande respiro, le tastiere intervengono spesso e in modo molto adeguato, le chitarre dominano il tutto con intarsi elaborati e di grande efficacia, e anche la batteria elettronica è usata molto bene. Le strutture delle canzoni sono stratificate e si può notare un grande lavoro dietro di loro, le melodie escono fuori prepotenti in mezzo alla tempesta di questa marcia di chi soffre.
Usando un registro musicale caro ai Summoning e ai The Great Old Ones, Luca ci porta nella marcia in cui siamo tutti noi che ci aggiriamo fra le rovine della nostra anima e delle nostra mente, cercando di costruire un percorso che se non riesce a metterci in salvo almeno ci possa tenere al riparo. E qui c’ tutto ciò e anche di più, in un lavoro dove Luca ha fatto tutto, dal suonare tutti gli strumenti, al registrare il disco per poi masterizzarlo all’Aemme Recording Studios di Lecco.
Il risultato è molto buono e lenisce molte ferite, tracce come “Our words, our crown” guardano dentro l’abisso della nostra anima per tirarne fuori qualcosa che possa essere una luce, e lo fa in maniera molto epica ed incisiva. Un lavoro di black metal altro molto buono e con la particolarità di essere un aiuto per chi lotta nelle tenebre per vedere almeno un po’ di luce, marciando fra le macerie nel buio.
ZOMBIE EATER
Gli Zombie Eater sono un trio sludge finlandese da Helsinki, e “Faces” è il loro debutto discografico su Argonauta Records. Il suono del gruppo finnico è marcio, con toni ribassati in maniera importante, con vizioso giri di chitarra che si aggirano nelle stesse pozzanghere fangose della sezione ritmica, e un incedere in stile Weedeater e Dopethrone, con una classe innata per andare verso l’abisso. In un’epoca dalle poche certezze lo sludge metal rimane una delle poche certezze nella nostra vita, e quando si sente come qui quell’incedere sghembo e traverso, rumoroso e quasi fastidioso si esulta e si gode.
Dischi come “Faces” sono per menti malate e tossiche nell’accezione paradossalmente più pura del termine, per chi sguazza nel fondo della bottiglia e nel sentire queste litanie malate che ci cullano, i Zombie Eater possono farti far festa come cullarti prima di dormire un nero sonno. I suoni sono notturni, distortissimi, grassi e viziosi, si abbatte la barriera dei bassi e tutto funziona molto bene.
I nostri marciano in maniera molto netta, anche perché hanno fatto una notevole gavetta dal vivo prima di arrivare a questo disco, che non è un punto di arrivo quanto piuttosto uno di partenza. Lo sludge metal degli Zombie Eater è di qualità molto alta, e si giova anche per la masterizzazione dell’opera di James Plotkin dei Khanate che di rumore se intende molto.
Il taglio del disco è molto azzeccato, e proprio come droga il disco monta nota dopo nota, passaggio dopo passaggio, crescendo sempre di volume e di sostanza attiva, marcando ancora di più le distanze fra chi ama questo suono e chi no. Chiude il disco un bellissimo rifacimento di “El diablo” degli Zz Top, altro nume tutelare per chi vuole suonare riffs importanti ed imponenti. “Faces” è un disco che farà la felicità di chi ascolta ad occhi chiusi gli Iron Monkey, chi ama le sonorità malate che spesso si prendono cura della nostra anima, dannandola ulteriormente.
STONE MACHINE ELECTRIC
Come i Zombie Eater di cui sopra, anche i texani Stone Machine Electriic intitolano “Faces” il loro nuovo disco su Argonauta Records. Il trio texano ci regala sei tracce di stoner metal megalitico con una dose notevole di psichedelia.
Il suono dei Stone Machine Electric non si adatta a ciò che lo circonda, bensì è l’ambiente che viene pervaso da questo suono ricco e basso, vibrante e penetrante. I nostri riescono ad usare vari registri musicali creando qualcosa di inedito, la loro musica è uno scorrere continuo, muta sempre anche se possiede una potenza gigantesca, quelle potenze che impressionano maggiormente perché rimane ferma sprigionando la sua forza.
“Faces” scorre, ci sono pezzi come “Walls of hate” che sembrano essere quasi un’opera a sé, sviluppando diverse trame sonore nella stessa canzone. Il timbro sonoro del gruppo è davvero unico, “Chroma” sembrano i Led Zeppelin che suonano stoner psych, e tutto ciò è molto credibile e fatto bene.
Lo spazio è uno dei luoghi più ricercati dagli Stone Machine Electric per immergervi il loro suono, spazio come anelito e desiderio, là dove non ci sono confini e la loro musica può scorrere libera nell’etere, dove tutto è sospeso e tutto muta, lentamente o vorticosamente, mentre rimane sullo sfondo la loro musica. Ascoltando il disco non si può non rimanere indifferenti ad un suono così particolare, calmo eppure distorto, spaziale e stonericamente roccioso.
Ci sono gruppi e solisti che generano sensazioni differenti, qui il riff si impadronisce del tutto e spinge in alto tutto, per uno dei gruppi più interdimensionali dello space stoner attuale.










