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Recensione : Eugénie Grandet di Honoré de Balzac

Edito nel 1833, “Eugénie Grandet” è un romanzo in cui un profondo sentimento di disillusione finisce per prevalere su quello dell’amore.

Eugénie Grandet di Honoré de Balzac

Eugénie Grandet di Honoré de Balzac

L’avaro Grandet, ex bottaio e vignaiolo, è impegnato ad accumulare una ricchezza colossale, mentre madre e figlia (Eugénie) conducono una vita oscura e monotona, sempre impegnate a cucire e a rammendare; su tutti vigila Nanon, la fedele serva.

Due famiglie si contendono la mano di Eugénie, destinata a diventare una ricca ereditiera, ma lei s’innamora perdutamente del cugino Charles, giunto da Parigi: da quel momento ingaggerà una dura lotta contro l’avarizia del padre, nel tentativo di rendere la vita del cugino più confortevole possibile.

Edito nel 1833, “Eugénie Grandet” è un romanzo in cui un profondo sentimento di disillusione finisce per prevalere su quello dell’amore.

 

Potrete leggere passaggi come questi:

Eugénie Grandet di Honoré de Balzac

  • Attraverso la porta del corridoio che portava alla cucina, vide la domestica seduta presso il focolare, con un lume di fianco, che si stava preparando a filare, per non sembrare un’intrusa nella festa.

“Nanon”, le disse il vecchio avvicinandosi “spegni quel lume e vieni qui con noi! Diamine! La sala è abbastanza grande per tutti!”

“Ma, padrone, avete ospiti importanti.”

“E allora, non sei come loro? Discendono da Adamo esattamente come te.”

  • Fallire significa essere un ladro. Un ladro che, purtroppo, gode della protezione della legge. Pensa che certa gente ha fornito merci a Guillaume Grandet fidando sul suo onore e sulla sua onestà, e lui ha preso tutto e non lascia loro nemmeno gli occhi per piangere! Il bandito che si dà alla macchia è molto meglio a chi fa bancarotta. Almeno quello quando vi attacca vi potete difendere! Almeno lui rischia la vita, quest’altro nemmeno!
  • “Mamma, faremo dire delle novene per lui!”

“Ci stavo pensando anch’io”, le rispose la donna.

“Eccoci di nuovo da capo! Ancora a dilapidare denaro!” esclamò il marito.

  • “Ecco”, gridò, “ecco delle candele. Ma da dove diavolo le hanno tirate fuori delle candele di cera? (…)”

Madre e figlia, sentite queste parole, fuggirono di filato in camera e si misero a letto in un batter d’occhio, come i topi terrorizzati che si infilano nelle loro tane.

“Ah, quindi siete ricca, signora?” domandò il bottaio alla moglie entrando in camera.

“Caro, pazientate un attimo, sto dicendo le mie preghiere”, rispose la povera donna con voce leggermente alterata.

“Al diavolo anche il tuo Dio!” borbottò il signor Grandet.

  • Gli avari non credono nella vita dopo la morte, per loro il presente è tutto, e questo stesso concetto diffonde una luce orribile sul mondo odierno, dove più che mai il denaro domina le leggi, la politica e i costumi. Istituzioni, libri, uomini e dottrina cospirano insieme a scuotere la fede in un’altra vita, fede su cui da diciotto secoli si basa tutta la struttura sociale. Tuttavia ci troviamo quasi al medesimo punto, poiché l’avvenire che ci attendeva al di là del requiem è stato trasportato nel presente. Giungere al paradiso terrestre del lusso e delle gioie vanitose, far divenire il cuore di pietra e macerarsi il corpo nell’ansia di accumulare beni passeggeri, come una volta si soffriva il martirio per conquistare l’eternità, ecco l’idea che oramai si è fatta comune, l’idea fissa, in ogni luogo, persino nelle leggi, che ormai domandano all’uomo: “Quanto paghi?” invece di chiedergli: “Cosa pensi?” Se un simile pensiero si diffonderà dalla borghesia al popolo, chissà cosa ne sarà del mondo.
  • (…) ora non si trattava più del ricco e affascinante giovane cittadino di classe, a cui lei non avrebbe mai potuto aspirare, ma di un parente sfortunato, caduto in disgrazia. E si sa, la miseria produce l’uguaglianza.
  • La sua educazione era il triste risultato di una intera società, che in una sola serata è in grado di commettere col pensiero e con le parole, più crimini di quanti ne possano punire i tribunali. Era una società in cui i motti di spirito uccidono anche le idee più alte e nobili, e non si è ritenuti forti se non si dimostra di vederci giusto ovvero, se non si è scettici su tutto, sui sentimenti, sugli uomini e su tutto ciò che accade, inventandosi persino i fatti. Essere pratici, poi, consiste nel cercare, ogni giorno, di indagare il peso della borsa dell’amico, nel sapersi mantenere politicamente al di sopra delle circostanze, nel non ammirare mai nulla, né opere d’arte né tantomeno azioni nobili, insomma, nel porre a base della propria esistenza l’esclusivo interesse personale.
  • So bene anch’io che è persona poco stimabile, ma aspetta che perda il suo patrimonio per disprezzarlo comodamente. Sai cosa ci diceva la signora Campan? “Figliole mie, finché un uomo è al ministero adoratelo, ma non appena è caduto mettetevi con gli altri per trascinarlo in basso. Quando è al potere è una specie di Dio, ma senza è ancora meno di Marat nella fogna, visto che Marat vi fu gettato una volta morto, mentre lui ci scende da vivo. La vita sociale è un insieme di combinazioni, e bisogna studiarle e seguirle molto attentamente se si desidera stare sempre in alto.”

 

Cos’altro aggiungere?

Ha detto Victor Hugo: “Balzac è stato uno dei primi fra i grandissimi, uno dei più alti scrittori. (…) Tutti i suoi libri formano un solo libro, un libro vivente, luminoso, profondo, dove vediamo andare e venire e marciare e muoversi, con un non so che di turbato e di tremendo misto al reale, tutta la nostra civiltà moderna.

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