iye-logo-light-1-250x250
Webzine dal 1999
Cerca
Close this search box.

Recensione : Dunkelnacht – Ritualz Of The Occult

Ritualz Of The Occult conferma in pieno quanto scritto due anni fa al riguardo dei DunkelNacht, con la speranza che, comunque, questa breve opera non resti fine a sé stessa ma costituisca piuttosto l’antipasto ad un prossimo album su lunga distanza.

Dunkelnacht – Ritualz Of The Occult

I francesi DunkelNacht, in poco più di un decennio d’attività, si sono segnalati per una produzione piuttosto ricca di uscite (anche se i full-length pubblicati sono solo due) e, soprattutto, per una certa irrequietezza stilistica che sembra essere marchiata a fuoco nel dna delle band transalpine dedite a forme musicali prossime al black metal.

Avevamo già parlato di questo combo di Lille in occasione del loro precedente album, Revelatio, che aveva convinto proprio per una versatilità di fondo che non sconfinava in una resa frammentaria od eccessivamente cervellotica.
La dote principale dei DunkelNacht che emergeva in tale frangente era, in effetti, quella di tenere sempre ben presente quanto la melodia abbia un suo peso anche in una proposta dai tratti estremi, e non fa difetto in tal senso neppure questo breve Ep con il quale i nostri, in meno di venti minuti, ci investono con il consueto approccio caleidoscopico.
Rispetto a Revelatio sembrerebbe che la barra si sia spostata verso un black death che non rinuncia comunque a stupire con qualche colpo ad effetto, come l’incedere catchy dell’intro Unchained o l’approccio tra il teatrale ed il grottesco della conclusiva God to Gold (Gold to God).
La title track è una notevole mazzata nella quale il nuovo vocalist, l’olandese M.C. Abagor, si esprime in maniera convincente sia con il growl che con lo scream, e non da meno è la successiva Pretty Lovesick Funeral, nella quale si fanno apprezzare diversi passaggi rallentati, mentre il delicato arpeggio che inaugura Emblem of a Diluted Deism si rivela quanto mai ingannatorio, vista la piega che prenderà un brano per lo più spigoloso e squadrato, ma capace ugualmente di aprirsi in maniera imprevedibilmente ariosa nella sua parte finale.
Un tratto comune e determinante per la riuscita dell’Ep è, comunque, l’ottimo lavoro alla chitarra solista del leader Heimdall, il quale infarcisce i diversi brani di assoli di ottimo gusto e, soprattutto, mai banali.
Ritualz Of The Occult conferma in pieno quanto scritto due anni fa al riguardo dei DunkelNacht, con la speranza che, comunque, questa breve opera non resti fine a sé stessa ma costituisca piuttosto l’antipasto ad un prossimo album su lunga distanza.

Tracklist:
1. Unchained
2. Ritualz of the Occult
3. Pretty Lovesick Funeral
4. Emblem of a Diluted Deism
5. God to Gold (Gold to God)

Line-up:
Heimdall – Guitars (lead), Programmings
Alkhemohr – Bass, Vocals (backing)
Max Goemaere – Drums
M.C. Abagor – Vocals (lead)

DUNKELNACHT – Facebook

Get The Latest Updates

Subscribe To Our Weekly Newsletter

No spam, notifications only about new products, updates.
Nessun commento

Invia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE

Post Luctum – Seasons Greavings

Se dal punto di vista musicale l’ep risulta davvero efficace e vario, avvicinandosi in certi frangenti ai mai abbastanza lodati Daylight Dies, fondamentalmente appare più ritmato e incalzante rispetto ai quanto offerto dai Post Luctum nei due ottimi full length realizzati in precedenza.

Grey Skies Fallen – Molded by Broken Hands

I Grey Skies Fallen rispetto a molte altre band del settore possiedono una forte indole progressive e una spiccata propensione alla forma canzone, il che li rende tutto sommato abbastanza peculiari e meno inquadrabili.

Mood Hoover – Alone and Forgotten

Questo primo approdo al funeral da parte di Nre, fino ad oggi coinvolto soprattutto in progetti di matrice depressive black, testimonia quante e quali siano le affinità tra i due sottogeneri più laceranti e luttuosi del metal; Alone and Forgotten è il viatico ideale per rendere il nome Mood Hoover degno della massima attenzione nel prossimo futuro.

Shades of Deep Water – Cold Heart

Se nella ricca discografia dei Shades of Deep Water a prevalere è sempre stato un funeral doom atmosferico e alquanto evocativo allo stesso tempo, Cold Heart si rivela invece un lavoro che spiazzerà parzialmente chi si sarebbe atteso il logico seguito allo splendido Deluge Towards Its Close ma va detto che, comunque, il buon talento musicale del musicista finlandese pone tutto ciò in secondo piano.