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Recensione : Chloé Cruchaudet – Poco Raccomandabile

L’incomprensione è un predatore, si nutre di senso di colpa, rinvigorisce nelle pieghe nascoste della cattiveria e in quelle evidenti della società benpensante.

Chloé Cruchaudet – Poco Raccomandabile

I grandi temi, quelli con la T maiuscola, si nascondono spesso, o sempre, dietro la narrazione. A volte non sono al centro di una storia, ma comunque poi ne fanno parte.

È giusto così, nei romanzi o nei racconti c’è la vita e la vita coinvolge il mondo che sta intorno. Il dramma è quando irrompono in modo innaturale, quando cioè la relazione fra Ken e Barbie è talmente noiosa che per renderla interessante lo scrittore fa morire Ken nelle Twin Towers, l’11 settembre di quell’anno, anche se non si capisce cosa Ken stesse facendo proprio lì. Insomma, quando questi grandi temi diventano la scusa per farsi notare e vengono così inculcati forzatamente in un intreccio che si sfilaccia tutto pagina per pagina. Poi ci sono quelle altre, di storie, che si fa fatica ad affrontare, perché il tema è in ogni riga, in ogni parola, non se ne può uscire, la narrazione è a senso unico. Ken parla solo di come portare a termine il suicidio assistito di Barbie. L’insistenza diventa pesantezza, va a finire che influisce anche sulle capacità motorie delle mani, che nel sorreggere un libro incominciano a cedere, gli occhi si chiudono e l’interesse muore per intossicazione da pazienza. Capita.
Quindi c’è un’altra categoria, in cui rientra il nostro Poco Raccomandabile, quella delle graphic novel opere d’arte, che nascono dalla vita, si ingrassano nella fantasia, e dei grandi temi non fanno altro che parlare, ma con una maestria incredibile, la gioia per le immagini e l’amore per una narrazione sfuggente, piacevole e quasi lirica. Insomma, questa della Coconino Press è una delle opere buone. L’unica difficoltà che si può incontrare è quella di riuscire a fare pubblicità a un testo così. Insomma, come si fa a evitare la naturale repulsione dei lettori di fronte alle storie impegnate, come questa di un soldato di trincea francese, che diserta e si nasconde, per nascondersi si traveste da donna e rimane intrappolato in una dipendenza evidente, l’alcol, e un’altra più complessa, il travestitismo? Eh, non è mica facile.
Proviamoci, cominciando dall’inizio. Poco Raccomandabile è tratto dal romanzo “La garçon et l’assassin”, di Fabrice Virgili e Danièle Voldman, a sua volta ispirato dalla storia vera di Paul Grappe.
Paul conosce Louise e si innamora, la sposa all’inizio degli anni Dieci. Ha appena pronunciato il fatidico “Sì, lo voglio” quando parte per la leva obbligatoria. Ci mette poco a diventare ufficiale, distinguendosi subito per tenacia e partecipazione. È ancora lì quando scoppia la Prima guerra mondiale. Combattere è un’altra cosa rispetto all’addestramento, e lui lo sa ancora prima di raggiungere il fronte. Lo sa, ma succede a volte che la realtà superi l’immaginazione. La vita in trincea è un vero cauchemar . Niente di nuovo sul fronte occidentale. Niente di nuovo, quando le schegge di una granata fanno esplodere la testa di Marcel, soldato semplice, proprio accanto a Paul.
La terra e il piombo hanno fatto impazzire molti, e Paul c’è vicinissimo. Ha paura, un terrore ancora sano, che lo spinge a fare l’unica cosa possibile: tagliarsi il dito indice. Così sarà salvo, così verrà mandato a casa, potrà riabbracciare Louise, evitare la guerra, magari beccarsi una medaglia. O magari no. All’ospedale militare il colonnello ha fiutato la truffa ed è pronto a rispedirlo in trincea. Non resta che fuggire, disertare.
Che bella Parigi d’inverno, che bella la libertà, quella di non morire, ma non quella di vivere segregati. I disertori se trovati vengono passati alle armi. Bisogna restare nascosti. Le ore sono troppo lunghe in quella stanza così piccola, in attesa del ritorno di Louise, che lavora, sì, ma lo stipendio di sarta è una miseria, il pane è appena sufficiente per non morire di fame.
Comincia per scherzo, come una scappatella notturna. Paul ruba un vestito della moglie, rosso, l’unico colore che spicca nelle tavole di Chloé Cruchaudet, e che rimbalza da Paul a Louise, come una sottolineatura, il punto della ragione, della pace o della follia, il colore della felicità, ma anche delle divise militari e del sangue.
Dopo questa piccola fuga il travestitismo diventa un’opportunità. Anche lui potrà lavorare, i soldi saranno di più, ed eviterà di impazzire rinchiuso in sedici metri quadrati.
In questo modo nasce Suzanne, da suze, un amaro a base di genziane gialle che ha lo stesso profumo di Paul.
Il gioco continua anche quando finisce la guerra, è ancora caccia al disertore. E ormai Paul ci si trova proprio bene. Ha nuove abitudini, delle amiche, uno stipendio, se non che… la vita è fatta per godersela giusto? E Louise è troppo seria, non gli basta più.
Per caso una sera passa dal Bois du Boulogne. Per caso, ha la prima esperienza sessuale trasgressiva. Un uomo e una donna in cerca di emozioni capitano sulla sua strada, e il tronco di un albero diventa testimone dell’inizio della vera trasformazione, del passaggio sempre più ufficiale da Paul a Suzanne. Il Bois è un luogo che nasconde fantasie che al buio prendono forma, in assenza di giudizio la trasgressione è accettata e vissuta, di nascosto sì, ma liberamente.
Louise è preoccupata, si sente esclusa. In breve, con sorpresa di entrambi, entra anche lei a far parte del gruppo che frequenta il parco parigino nelle ore notturne.
E cosa succederà quando, dopo dieci anni, arriva l’amnistia per tutti i disertori? Cosa, quando l’alcol che scorre a fiumi nella vita di Suzanne inizia a scavare nel passato della guerra e nel presente di questa crisi d’identità? Il senso di colpa è il terzo incomodo del matrimonio, il vino il quarto, l’insicurezza il quinto.
Sono i tempi immaturi a impedire a Paul/Suzanne di scegliere cosa fare della propria vita? O l’amore per la moglie? Un amore nato in tempi non sospetti, quand’era facile andare a Le Bal e danzare con le ragazze. O forse la scoperta di una nuova realtà, più sentita?
Ma la storia si complica, con l’insoddisfazione che si mescola alla competizione. Le mani pesanti di Suzanne si abbattono troppo spesso sulla scontentezza di Louise, che comunque non vuole arrendersi. I fantasmi del passato poi non lasciano scampo.
Il racconto è un prodigioso flashback, contenuto nella cornice narrativa di un processo. Ma qual è il crimine?
Poco Raccomandabile travolge. Ho incominciato a leggerlo e non sono riuscita a smettere. Le tavole, piccole opere d’arte, sfumano nel sentimento della rabbia, dell’empatia e della tristezza, che questa storia magistralmente raccontata trasmette. Resta un sottile senso di angoscia alla fine, come quello che lascia un racconto che ha colpito nel segno. La leggerezza del tocco è incredibile, una narrazione che entra in punta di piedi, delicata, cosicché è ancora più sorprendente la durezza di certi passaggi. L’incomprensione è la grande protagonista, un predatore che si nutre di senso di colpa e rinvigorisce nelle pieghe nascoste della cattiveria e in quelle evidenti della società benpensante.
Un secolo è passato, e tante sono le domande così attuali che la graphic novel solleva.
Per il senso e per la forma, ne vale davvero la pena.

Traduzione di Francesca Scala

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