Molto piene le sonorita’ di questo terzo album (registrato, per larghissima parte, in presa diretta) dei Caboto, sestetto bolognese dalle soluzioni complesse e ricche.La mente corre dietro a una miriade di riferimenti e suggestioni, ascoltando il CD: Henry Cow, Tortoise, Sweep The Leg Johnny, Giddy Motors, Don Caballero, certe sperimentazioni jazz, certo progressive anni Settanta alla Gong… Certamente, l’universo culturale dei musicisti è ampio e si sente.Colpisce, nonostante questo, la capacita’ del gruppo di creare una musica che non sia chiusa in una dimensione di inascoltabilità elitaria, ma, al contrario, immediata, suggestiva e coinvolgente fin da subito, anche nei suoi momenti più aspri.
Perfettamente esemplificativa, da questo punto di vista, la quarta traccia (wake up okapi), in cui troviamo un esempio, stavolta autentico (vedi, al contrario, la recensione a Polytone degli I/O), di ‘improvvisazione ritmica minimalista’. L’ossessivita’ della linea di piano elettrico crea una sorta di trance, sul quale si stagliano le accelerazioni e le improvvisazioni serratissime della sezione ritmica e le improvvisazioni sonore, oscillanti fra melodia e rumore, dei fiati. Situazione che ritroviamo anche in always remember that sex is deep poison, la quarta traccia, in cui agli elementi del brano precedente si somma una forte carica di aggressività, data dalle sonorità taglienti della chitarra e dall’uso della voce alla Mike Patton. Ma i riferimenti potrebbero continuare quasi all’infinito, sommandosi ‘minimalisticamente’ anch’essi: i francesi Patton, Miles Davis, Zu, King Crimson…Certo e’ che il sestetto sa condurre l’ascoltatore nel proprio universo, senza farlo sentire spaesato, ma, al contrario, guidandolo costantemente, in modo che non si perda nulla del viaggio che sta facendo. Una virtu’ non comune, soprattutto se consideriamo che il gruppo ha appena cambiato formazione e sperimenta per la prima volta con le voci e un maggior numero di strumenti. Tuttavia, gli elementi sono gia’ riusciti a raffinare e rafforzare il loro dialogo interno e la band e’ arrivata a disegnare architetture complesse e corpose. Un vero piacere.
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