Hard-core old school, dove ogni traccia di metal è assolutamente bandito (ogni riferimento a un migliaio di bands che si dicono hc ma che in realtà sembrano gli Slayer senza gli assoli non è assolutamente casuale): ecco in due parole la proposta dei 48 short. Ma bando ai miei personali risentimenti e spazio a questi quattro esagitati, che nell’arco di una mezz’ora ci stordiscono con 14 scheggie impazzite, e lasciano spossato e senza fiato anche l’ascoltatore più smaliziato. Politicamente e socialmente consapevoli, i 48 short mi hanno ricordato – nei suoni e nell’attitudine – illustri predecessori, quali Minor threat e Black flag. Nel loro curriculum spiccano date in compagnia sia di vere e proprie istituzioni (G.B.H., U.K.Subs e Vibrators) che di fulgide realtà (Anti-flag). E’ mia ferma convinzione che la dimensione live sia quella più congeniale alla band: lo si evince agevolmente ascoltando questo album, che ne cattura la tensione emotiva e la debordante fisicità.