E’ indubbio che il film più visto, idolatrato e ancora oggi preso ad esempio come capolavoro horror di tutti i tempi (alla pari con “La notte dei morti viventi” di Romero) sia “L’Esorcista”, pellicola epocale, tratta da un romanzo di William Peter Blatty che nel lontano 1973, sconvolse il mondo del cinema, non solo per gli effetti speciali, ma sopratutto per la messa a nudo di una fede cristiana sempre in bilico, con le sue mille contradizioni sul filo delle proprie precarie fondamenta.
Pellicola che portò agli onori delle cronache cinematografiche una Linda Blair allora adolescente che visse, nel corso degl’anni, la maledizione da film di successo, ormai vista da tutti come l’indemoniata protagonista del film e non semplice attrice.
Come da copione il film, diretto da William Friedkin creò cloni in tutto il mondo, ed ancora oggi le opere horror a sfondo possessivo continuano ad imperversare nello sconfinato mondo del cinema (l’ultimo ottimo lavoro risulta “The Exorcism Of Emily Rose” di Scott Derrickson).
Nel 1974, un anno dopo il ciclone portato dalla pellicola di William Friedkin, uscì in Italia questo ottimo film con la meravigliosa Carla Gravina dal titolo L’Anticristo, uno dei più riusciti film di genere, almeno per quanto riguarda il decennio settantiano.
Tutto si può rimproverare al cinema italiano, ma non quello di non andarci giù pesante nei contenuti, specialmente per quanto riguarda l’horror, così che L’Anticristo, pur con i suoi difetti, si colma di tutte le blasfemie, le atmosfere e la morbosità erotica che manca al suo illustre e più famoso predecessore.
Una neanche troppo velata parentesi sull’incesto, una Roma oscura, troppo vicina alla santa sede, per essere una coincidenza, ed una protagonista che sprizza sessualità blasfema (anche da una sedia a rotelle) da tutti i pori, sono gli ingredienti per fare di questo film un cult per eccellenza.
La trama è costruita su di una rampolla della nobiltà capitolina da anni costretta su una sedia a rotelle dopo un’incidente stradale dove perse la vita la madre, il padre non facendosene una ragione prova più possibiltà per la miracolosa guarigione dell’amata figlia, compreso l’assistere a cerimonie religiose che sconfinano nelle credenze popolari (bellissimo l’inizio del film, dove una spaesata protagonista assiste ad un suicidio, apparentemente portato dalla pazzia, di uno sventurato, ad una di queste cerimonie).
Ippolita dopo molte di queste disavventure viene data in cura ad uno psichiatra che, per mezzo dell’ipnosi scopre la sua vera natura, quella di discendente di una strega bruciata sul rogo e da questa posseduta.
Nella classica ultima scena dove viene consumato l’esorcismo da un’inquietante frate, la giovane donna verrà liberata dal demone, nei pressi del Colosseo dove si era rifugiata.
Sceneggiatura che molte volte scricchiola, ma atmosfere che rialzano la qualità di questo film, davvero inquietante e morboso per l’epoca, L’Anticristo ha negli interpreti il suo punto di forza: Carla Gravina monumentale ma non solo, Alida Valli nei panni della governante che aiuterà il frate (padre Mittner) nell’esorcismo, Mel Ferrer nei panni del padre e Arthur Kennedy qui nelle vesti dello zio arcivescovo della povera Ippolita, insegnano cinema anche ai più famosi interpreti dell’Esorcista e aiutano l’opera cinematografica ad entrare nel mondo dei film cult del genere.
Visto ora L’Anticristo non fa più l’effetto di quarant’anni fa , ma rimane un film da vedere, almeno per chi si professa fan del cinema horror.
Regia di Alberto de Martino
Con: Carla Gravina, Mel Ferrer, Arthur Kennedy, George Coulouris, Alida Valli, Umberto Orsini, Anita Strindber, Remo Girone.
Italia – 1974
Trama e analisi del film
“L’Anticristo” (1974) di Alberto De Martino è un racconto sia horror che soprannaturale, a tratti sconvolgente e audace. È la storia di Ippolita, un personaggio affascinante ma tormentato, che finisce per essere posseduto da un demone.
Da bellissima donna a messaggera del male, il processo della sua trasformazione è mostrato attraverso scene visivamente sconvolgenti, come ad esempio i momenti in cui Ippolita è in preda alle convulsioni, in lotta interiore tra il bene e il male. Questi passaggi gridano terrore al lettore, ma sussurrano anche domande profonde e significative sulla fragilità della mente umana e sulla facilità con cui l’anima può essere influenzata da forze così oscure.
Ippolita diventa l’incarnazione stessa della seduzione e del pericolo, trasformando il suo corpo in un campo di battaglia in cui tutte le forze del male desiderano possedere. La sua possessione non è solo fisica, ma diventa psicologica. Il suo viaggio verso l’abisso è costellato di immagini suggestive di un simbolismo religioso e mitologico. Immagini potenti, se non emblematiche, come la vista di un crocifisso che si trasforma in un simbolo dell’orrore, amplificano l’impatto visivo del film, rendendo ogni fotogramma un’esperienza emotiva. “L’Anticristo”, dopotutto, non incute paura, ma invita piuttosto a contemplare il tipo di oscurità che sgorgherebbe dalle profondità dell’animo umano molto tempo dopo che la bobina si è fermata.
La musica di Ennio Morricone e Bruno Nicolai
La colonna sonora di “L’anticristo” è un elemento cruciale che modella l’atmosfera inquietante e tesa del film, creando un legame profondo tra la musica e le immagini. Ennio Morricone, insieme a Bruno Nicolai, utilizza la musica non solo per accompagnare le scene, ma per amplificare le emozioni e il senso di angoscia. In momenti chiave come la rievocazione del sabba, il violino suona con una dolcezza disturbante, creando un contrasto tra bellezza e orrore, mentre il pianoforte aggiunge una dimensione di vulnerabilità e introspezione.
Lo stile musicale di Morricone e Nicolai si distingue per la sua capacità di fondere elementi classici con sonorità innovative, utilizzando il violino come strumento principale per esprimere tensione e drammaticità. Durante l’esorcismo al Colosseo, le note frenetiche del pianoforte accompagnano i momenti di crisi, intensificando l’angoscia e portando lo spettatore a vivere ogni attimo con una partecipazione palpabile. La combinazione di questi strumenti crea un paesaggio sonoro ricco e complesso, che non solo arricchisce la narrazione visiva, ma ci invita a riflettere sulla dualità tra il sacro e il profano, tipica delle opere di Morricone.
L’Anticristo e il filone horror demoniaco italiano
“Antichrist” fu realizzato nel 1974 da Alberto De Martino, un regista che lavorò in quella che molti considerano un’epoca d’oro del cinema horror italiano, un periodo di tranquillità in cui il genere stava appena iniziando a flirtare con temi più audaci e controversi. A differenza di grandi capolavori come “L’esorcista” di William Friedkin e “Chi sei?” di Aldo Lado, “Antichrist” sarà un film che, attraverso una trama che gioca sulle paure individuali più terrificanti in un’epoca in cui tali paure stavano diventando ansia sociale, mescola la psicologia con forti elementi esoterici che meglio riflettevano le paure sociali dell’epoca. I luoghi suggestivi, spesso scelti con cura, diventano protagonisti, trasmettendo un senso di autentico disagio: dalle ville decadenti ai monasteri solitari, ogni ambientazione contribuisce a creare un’atmosfera carica di tensione. Inoltre, la rappresentazione del folklore italiano, fatta di antiche credenze e superstizioni, arricchisce la trama de “L’Anticristo”, rendendolo non solo un racconto di possessione, ma un viaggio nelle profondità della cultura popolare italiana.
Questo tipo di combinazione è ciò che rende il film non un mero prodotto di intrattenimento, ma un’opera che ci svela spunti di riflessione sulle ombre che albergano nella nostra storia e nelle nostre tradizioni.
La regia di Alberto De Martino e il cast
Alberto De Martino, regista italiano di genere, ha spesso mescolato atmosfere inquietanti a trame un po’ esagerate, lasciando un segno indelebile nel mondo del cinema degli anni ’70.
In “L’Anticristo”, esplora elementi religiosi e soprannaturali, dimostrando un’abilità visiva che cattura davvero. Ha al suo attivo molti film memorabili, dai thriller all’horror, che contribuiscono a renderlo un punto di riferimento nel cinema di genere italiano. Carla Gravina, nel ruolo principale, offre un’interpretazione intensa ed emozionante, capace di esprimere il tormento e la vulnerabilità del suo personaggio. Incanta il pubblico, creando un legame immediato che tocca le corde più delicate dell’anima.
Mel Ferrer e Arthur Kennedy, tra gli altri attori principali, interpretano i loro ruoli con maestria, aggiungendo ulteriore spessore alla narrazione. Il carisma di Ferrer e il modo in cui affronta i ruoli aggiungono una nuova dimensione alla capacità di Kennedy di far emergere la complessità dei personaggi, e il resto del cast offre un’interpretazione corale che può elevare “Antichrist” a grandi vette come opera cinematografica memorabile.
L’impatto visivo e gli effetti speciali
L’estetica di L’anticristo è una fusione di visioni inquietanti e bellezza disturbante, orchestrata dalla fotografia di Aristide Massaccesi. Le sue inquadrature, caratterizzate da un uso sapiente della luce e dell’ombra, creano un’atmosfera tesa e claustrofobica, amplificando l’angoscia narrativa. Le scenografie di Umberto Bertacca, con ambienti opprimenti e dettagli curati, contribuiscono a costruire un mondo che riflette il conflitto interiore dei personaggi, rendendo ogni spazio un riflesso delle loro paure.
Il lavoro di Carlo Rambaldi sugli effetti speciali rappresenta un punto di svolta per il cinema dell’epoca. Le sue creazioni, che spaziano da creature inquietanti a visioni sovrannaturali, non solo catturano l’immaginazione dello spettatore, ma arricchiscono la narrazione con una dimensione di verità disturbante. In un periodo in cui gli effetti speciali erano ancora agli albori, Rambaldi ha saputo utilizzare tecniche innovative che, pur con budget limitati, hanno reso le sequenze memorabili e impressionanti. La loro efficacia si rivela non solo nell’intrattenimento, ma anche nella capacità di provocare una riflessione profonda su temi esistenziali, rendendo L’anticristo un’opera d’arte che trascende il semplice horror.
Temi e significati de L’Anticristo
In “L’Anticristo”, la possessione demoniaca ha cessato di essere un espediente horror, per diventare un veicolo, simbolo della repressione sessuale e dei profondi terrori dell’animo umano. Ippolita, la protagonista, è diventata la personificazione del conflitto tra il desiderio tenuto a freno e la ricerca di un’identità, che è in realtà la voce della sua stessa angoscia interiore.
Una sessualità vergognosa e conflittuale è il volto di una cultura che reprime anziché esprimere, e così facendo rende il film un forte commento sulle dinamiche culturali del suo tempo. La famiglia e la società sono in gran parte responsabili della storia di Ippolita, poiché sono loro a dare inizio in modo drammatico alla sua vicenda personale. La lotta contro gli standard familiari e sociali mette in luce l’isolamento di un individuo in un mondo che lo premia in modo ipocrita e conformista.
Con la sua famiglia che non la sostiene, è evidente che il vero male non risiede solo nei poteri delle tenebre, ma anche nelle organizzazioni sociali che uccidono il sé autentico. La conclusione de “L’Anticristo” infonde nello spettatore un inquietante senso di dubbio. La vittoria finale del male su Ippolita può essere vista come una critica alla fragilità dell’animo umano di fronte alle forze esterne e interne. In questo modo, il film non fornisce risposte, ma piuttosto fa riflettere sulla complessità della vita, con scienza e fede che si scontrano in un dibattito che si protrae senza un chiaro vincitore.
L’epilogo funge quindi da monito: la vera battaglia è quella che tutti combattiamo dentro di noi.
L’eredità del film e la sua riscoperta
L’uscita di “Antichrist” fu accolta con amore e odio, con i critici divisi tra chi lo considerava un audace colpo di genio e chi lo bollava come raccapricciante e ridicolo.
Ma, non appena le prime proiezioni si furono calmate, i provocatori iniziarono a decantarlo, e questo fece sì che il film continuasse a crescere. Col tempo, quello che inizialmente era stato definito un film di scarso valore si trasformò in un classico intramontabile, dettando legge per anni tra registi e appassionati di horror. L’influenza di “Antichrist” sul cinema horror non può essere sopravvalutata; ha aperto la strada a un genere horror più intrepido e psicologicamente più sfumato, estendendo ulteriormente i limiti della narrazione e dello stile.
Molti autori contemporanei hanno cannibalizzato la sintassi visiva e tematica del film, intraprendendo progetti in dialogo diretto con tale impatto. Solo ora, quest’anno, in film come “Hereditary” e “Midsommar”, assistiamo ancora una volta a quell’uso di immagini religiose e di spinose dinamiche familiari che riecheggia l’eredità di “Antichrist”. Tali allusioni dimostrano non solo il peso storico, ma anche come il film continui a galvanizzare e riaccendere il dibattito sull’horror in tutte le sue molteplici forme.
Una risposta
ottima scelta Luca! questo film è bellissimo!