Beta Maximo “Hacer Cosas” 2022
Fenomeno spagnolo senza ritegno, peli sulla lingua e freni inibitori. Sfrontato nell’attacco (Puta Mierda), melodico naif se occorre e violento come un treno in faccia per amor di causa.
Un brigatista che, in luogo del passamontagna, ha preferito la maschera di alieno. La musica è Egg Punk con spirito latino: declina linguaggi d’oltre oceano in verbo di passione e impeto, mediandoli con una Drum Machine che dona al tutto quel che di meccanico ed inumano che, in molti casi, è necessario per riconoscere il genere anche là dove è camuffato sotto dissonanze e nenie mortali.
Un disco maleducato, beffardo, dispettoso, dove non sai più cosa prendere sul serio e cosa no.
Forse, alla fine, prendersi sul serio, è una dote solo per quegli adulti cresciuti secondo coordinate sbagliate; di Beta Maximo vi potete fidare tranquillamente: è un ex bambino cresciuto evitando le noie dell’età adulta.
Body of Reverbs “Judaean Desert” 2022-Zen Hex
Se l’uomo primitivo perennemente condannato a vivere in una grotta, spinto da un desiderio platonico, si fosse portato fuori e, anziché farsi respingere dalla luce solare, avesse accettato il pesante fardello della verità, cosa sarebbe successo?
Non saprei, ma, sei milioni di anni dopo, penso di poter abbozzare quanto segue:
dopo un po’ si sarebbe reso conto che la verità, per quanto abbagliante, in realtà è solo un concetto aleatorio, sfuggevole e di natura sin troppo soggettiva per rappresentare un vero ed adeguato metro di misura per l’esistente.
“tanta luce per nulla”
Deluso, il primitivo, se ne torna nella grotta, afferra i suoi legni e i suoi cocci ed esprime in musica la sua delusione.
È il suono della delusione quello che ci troviamo ad affrontare dalla notte dei tempi e ancora oggi si continua sulla stessa lunghezza d’onda perché il mondo non hai mai smesso di deluderci.
L’intuizione dei Body of Reverbs, forse, è tutta qui: un sapiente mestiere applicato a beat minimali modificati, dimezzati, raddoppiati, ritoccati con delay e riverbero; un tribalismo talmente sintetico che diventa avanguardia e l’avanguardia migliore è quella che guarda sempre indietro e qui, per inciso, si torna indietro fino ad arrivare all’inizio.
Come in 2001 Odissea nello spazio: per iniziare un film di fantascienza si parte rappresentando dei pitecantropi che, scoprendo l’utilità del pollice opponibile, afferrano delle ossa, capiscono che possono essere usati per rompere ed incidere e, anziché mettersi a lavorare, vanno subito a fracassare le teste dei loro simili: siamo usi alla delusione perché, una delusione, siamo noi per primi.
Fortuna esistono eletti che, da tutto ciò, traggono forza intellettuale, ispirazione, composizione ed esecuzione, traducendo il tutto in arte, atmosfera e canale empatico. Gli eletti sono i Body of Reverbs, non perdete questa chance che potrebbe insegnarvi ad essere migliori.
Bzdet “Klamka” 2022 Syf Records
Ogni singolo mese la Syf Records da Stettino, Polonia, sgancia uscite su uscite e, incredibile a dirsi, la qualità è sempre altissima:
Post Punk, Post Rock, Jazz, Elettronica, Punk Rock e tutto con il solito inimitabile stile dettato da un registratore Tascam e da una creatività esplosiva.
Anche questi Bzdet, figli del giro di musicisti che anima e movimenta l’etichetta stessa, sono alla nona uscita nel giro di un anno.
Un entusiasmo irrefrenabile per la musica e una forte convinzione ideologica che si trasforma in scrittura secondo i dettami di un’etica ben precisa: DIY ed improvvisazione. Post Punk i cui contorni fumosi suggeriscono visioni ben oltre i limiti del minutaggio dei pezzi e della singola cassetta; un affacciarsi sull’abisso senza fondo delle possibilità artistiche e non mettere mai il punto ma, anzi, lasciar sempre intuire che c’è sempre un qualcosa che è oltre quello che stai ascoltando, un qualcosa di impercettibile ed immateriale, composto, appunto, della stessa sostanza cui si fonda la teoria musicale stessa:
l’inesprimibile che diventa espressione, linguaggio, codice di procedura. La Syf e i suoi Bzdet sono un’esperienza da provare per capire che chi professa un Rock n’Roll che, allo stato attuale degli eventi, non riesce più a reinventarsi, in realtà, non capisce proprio un cazzo.
Clarke Jeff “Field Recordings”, 2022 Goodbye Boozy
Ex-Demon Claws, Ex-Black Lips, Ex -il tuo gruppo preferito solo che non lo sai, Jeff Clark quest’estate si è trovato a passare per l’italia e, nonostante le date su queste aspre zolle fossero molte, son riuscito a ciccarlo clamorosamente.
Per consolarmi, mi adagio su queste registrazioni casalinghe che sanno del buon mestiere di un autore autorevole, la viva voce di un’America che non si è lasciata tradire ed illudere dai Trump e dai Musk e che continua a raccontare e raccontarsi senza filtri ed auto indulgenze.
Per essere spietati, e spietati veramente, alle volte basta una chitarra, una batteria minimale, qualche buona poesia in testa e tanta dolcezza.
Qui dentro trovate tutto di quanto elencato qui sopra e vi assicuro che è un bel viaggio nell’America che non si copre dietro un grottesco ideale del Sogno, ma si limita semplicemente a vivere, cosa che, già di per sé, oggi come oggi, è un metodo di opposizione più che efficace; forse perché è anche l’unico rimasto.
C.P.R. Doll “Music for Pleasure”
Frutto dell’unione di due menti illuminate, una dagli Aborted Tortoise e l’altra dai Ghoulies, i C.P.R. Doll si gettano a capofitto in un bel punk rock teso e senza precauzioni: mi brucio gli orecchi mentre lo ascolto mentre brucia lo stereo e, con lo stereo, brucia anche il mondo.
Son due tipi che nel trafficare nel Punk Rock, un po’ melodico, un po’ Garage, un po’ bandito, un po’ malinconico, son così impratichiti che in fondo sono due artisti.
Ogni tanto, tra sfuriata e sfuriata, si affaccia qualche strumentale in odore di Post Punk romantico e un filo sottile di ironia che altro non fa che da ponte verso composizioni tipo Total che altro non è se non un inno Egg Punk di quelli che rimarranno come classici del genere: enfasi, cadenza e presa per il culo.
Credetemi, bisogna parecchio essere padroni del genere in questione e di se stessi per gestire a dovere una roba che da un momento all’altro potrebbe crollare e risultare o troppo ironica o troppo seria.
I C.P.R. Doll forse non lo hanno inventato ma, sicuramente, sanno come farlo andare avanti.
Deathrone and the Diplomats “Deathrone and the Diplomats”
Si dice “il Rock n’Roll non riesce più a reinventarsi”
Si risponde “E chi cazzo se ne frega?”
Nel mentre ci si arrovella sul dramma del Rock n’Roll, che davan per morto prima che io nascessi ma del quale stiamo sempre qui a parlare, mi crogiolo come un porco su questo EP di Rock n’Roll marcio, spedito, diretto come un cazzotto in pieno volto.
Perché il problema non è tanto se è morto o non è morto, ma se ti piace o non ti piace. Questo è il punto.
Non facendomi questo tipo di problemi, riesco tutt’oggi ad innamorarmi follemente di un EP come questo che, si, certamente, attinge dai grandi nomi tipo Saints, Motorhead, ma ha anche spunti Noise Rock e Mudhoney (così, giusto per accontentare anche i santoni del “Si, vabbè, ma è quella roba lì) che poi, in fin dei conti, che vuol dire Rock n’Roll?
Io alla fine non lo so; so solo che è quella roba che quando la senti ti fa muovere la capoccia e ti fa venir voglia di buttate giù i muri a testate.
Questo EP è così, quindi è Rock n’Roll e, in quanto Rock’n’Roll , non mi annoia e, se è roba morta, allora io sono uno zombie (poco male, a me i film coi morti che mangiano i vivi piacciono da MORIRE)
Germ House “Germ House”, 2022 Chunklet Industries
Io penso che quando vi accorgerete di questo gruppo, che non è un gruppo ma un gioiello, sarà tardi. Troppo tardi.
Fossi in voi, già che ve li segnalo, un giretto c’è lo farei. E questo indipendentemente da che musica ascoltiate: i Germ House son di quella bandaccia che tanto son stimolanti, tanto son creativi, tanto son brillanti che potrebbero piacere praticamente a chiunque.
Un po’ indie alla Pavement, un po’ rock un po’ no, un po’ cazzo ne so alla King Gizzard and the Lizard Wizard e un po’ garage come lo intendono quelli che lo hanno inventato.
In fondo metteteci pure un bel tiro ritmico degno del miglior punk rock e poi boh, che altro vi devo dire? Siete sempre lì a leggere? Ripeto: io un giretto sopra me lo farei, poi fate voi.
Gorilla Knifefight “an ode to the gorilla”, 2022
Due canzoni. Solo due canzoni. Cosa vuoi che sian due canzoni?
Due canzoni sono tutto e non sono niente; dicono tutto e non dicono alcunché.
Ma se sono un mini concept in lode ai Gorilla, per me si parla di capolavoro. Aggiungiamoci un po’ di Lo-Fi da mura domestiche, il Garage Punk suonato come se fosse hardcore con lo scalpellamento a destra e allora quindi Boooom!
Si rimane in perenne loop d’ascolto di soli due pezzi per giorni e giorni, perché non è che due pezzi debbano per forza dire tutto o possano rischiare di non comunicare niente; alle volte basta solo dire GORILLA!!!!
Isolation “Fabric Tear”
Vi piace il Garage? A me parecchio e, ancor di più, chi lo suona con onestà, indisciplina e piglio Picaro.
Un trio di scapestrati, delinquenti e spalle tonde che si sfogano con una batteria un basso, una chitarra ed un microfono: più poesia di così ho presente solo “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi” di Pavese.
Pezzi veloci, poche pretese ma tanto ingegno, lo stesso che si userebbe per sortirsene illesi da una rissa in un pub di merda disperso nelle campagne inglesi, quelle che pullulano di banshee, lupi mannari e spugne da bar.
Altro? Se volete anche altro ascoltatevi gli Yes che forse non meritate nulla.
Ismatic Guru “II”
Secondo EP per questo gruppo di Buffalo. Si autoproclamano Egg Punk quando ormai si è capito che l’Egg Punk sta diventando tutto tranne che un qualcosa di facilmente categorizzabile;
e di fatto loro ci giocano parecchio, spezzettando, riassemblando il tutto in completo disordine-ordine: sai come inizia e non sai cosa aspettarti dopo, e poi perché mai dovresti aspettarti qualcosa? Lasciati trascinare da chi, come gli Ismatic Guru, ti prende per il collo e ti porta lungo sentieri che sembrano familiari ma familiari non sono mai:
ogni volta cambia un dettaglio, anche minimo, e ti rendi conto che il posto dove credevi di essere in realtà è un altro dove non sei mai stato in vita tua.
Loro ti trascinano e ti deridono ma ti vogliono anche un po’ bene perché il viaggio è entusiasmante. Poi dura poco e costa anche meno. Lasciati servire.
Laxity “How Much?” 2022
Vengono da Cracovia, in Polonia. La Polonia, anche il libro che sto leggendo attualmente viene da lì, solo che è stato scritto in francese poiché l’autore, nato in Ucraina ai tempi che era sotto dominio polacco, non sapeva il polacco molto bene.
I Laxity seguonoo un processo simile ma inverso: cantano in lingua madre ma la loro musica parla migliaia di linguaggi per esprimersi, in ultima istanza, in un solo: la follia. Sludge, Screamo (quello bello di gruppi francesi politicizzati e disperati tipo Sed Non Satiata/Daitro/Amanda Woodward), Post Hardcore, quei delinquenti dei Melvins.
Il risultato finale,il linguaggio unico, mi pare Punk, ma più per una questione di approccio che di assonanze e somiglianze.
Poi comunque, anche se non lo fosse, pazienza: mi piace, è folle, è cattivo, è ironico, è empatico ed è cinico. Un disco umano ed empatico oltre ogni dire.
Liquid Lunch “Come Again” 2022 Goodbye Boozy Records
Recensiti il mese scorso, stessa rubrica, con l’ultimissimo King of the Road, recensisco fedelmente anche questo mese con l’ultimissimissimo che però era già uscito in digitale l’anno scorso.
Goodbye Boozy che, come sempre, ha un mirino ben allenato per scovare talenti su Bandcamp, pone a perenne memoria incidendo solchi di fuoco su vinile. Fiammate deleterie fuoriescono maledette dalle casse, sfondando i canali di percezione dell’ascoltatore.
I Liquid Lunch non sono uno scherzo del caso e, come ogni delirio organizzato, già l’anno scorso colpivano dove fa più male:
i Black Flag che suonano i Sonics o i Sonics che suonano i Black Flag (propendo più per la seconda solo perché ritengo i Sonics più distruttivi dei Black Flag) tra synth mandati al macero e dolore che evapora da un microfono.
Non un disco ma una visione. Non solo quattro canzoni ma un’allucinazione.
Liquid Supercharge “Left for Dead, Full Speed Ahead” 2022
Palm muting, Rock n’Roll , rasoiate, i Motorhead, una musica che neanche paesaggi desolati riescono a intaccare. Il miracolo del Rock n’Roll:
in troppi lo danno per scontato quando invece, ad ogni nuova uscita imputabile al genere, faremmo meglio ad esser grati al demone pagano del whisky e della perdizione.
Questi croati Liquid Supercharger mi fanno venir voglia, tanto tirano e tanto spingono e tanto tutto spaccano, di dare un appuntamento alla donna che alberga nei miei sogni, portarla nel peggior bar che io conosca e, una volta lì, ubriacarmi come un criminale di guerra e farla indignare e fuggire via;
solo per quel senso di sconfitta romantica che si riceve dal perdere in un paio di minuti ciò che si desidera da una vita, perché il Rock n’Roll è solo questo: la sconfitta di ogni aspettativa fondata su parametri fatti di consuetudine e tradizione, accorgersi che non funzionano e iniziare a inseguire spettri, maledizioni e nuovi riti pagani.
Los Darks “Los Darks” 2022
Ridagni di Egg Punk, ridagni di suoni rubati, giustamente, ai Devo e vivisezionati al solo fine di non farvi cantare né ballare, solo rimanere lì, come dei fessi, e ripetere “Ma io preferivo ila roba fatta come si deve!” cosa si deve a chi quando si ha una chitarra, una Drum machine, qualcosa da dire, quel che di latino che sa più picaresco che di passionale (come vorrebbe una solida tradizione di natura puramente verbale e tutt’altro che sostanziale)? Cosa?
L’importante è buttarsi, sempre, ignorare l’ascoltatore medio che, in quanto medio, ha sempre torto e fare sempre come irruenza comanda.
Los Darks irrompono, prorompono, impongono e ti lasciano per terra e tu, nonostante le ferite e le contusioni, chiedi per un bis.
Pat and the Pissers “Soil”, 2022-Goodbye Boozy
Hardcore Punk come se fossimo nel film Repo Man, a pogare in un parcheggio per combattere la noia, l’apatia, il dolore di vivere.
Una cassetta di dodici pezzi che durano poco ma che, in realtà, ti accompagnano da una vita: sono i giorni persi, gli sguardi fraintesi, le intese mancate, svegliarsi la mattina e pensare che il sonno è durato un attimo mentre la giornata che hai di fronte durerà un anno.
Per aumentare il nocumento chiudono il tutto con un pezzo col retrogusto grigio degli anni ’90 di Tar, God Bullies e altri piccoli miracoli a marchio Amphetamine Reptile:
quel Garage deviato a mezzo dissonanze grigie, cerebralmente modificato per rappresentare un decennio affogato nella perdita di direzione. E ci si confonde, ci si perde coi Pat and the Pissers a farci da guida
RRR Band “RRR Band”, 2022
Improvvisare in lunghe jam da un quarto d’ora cadauna, con quello spirito che animava i Velvet Underground a spingere sempre più in là la soglia del dolore, su un palco che grondava sangue di tossici e prostitute.
Gli RRR Band son meno decadenti e più caserecci, con un immaginario più vicino ai Moldy Peaches, ma mantengono quello spirito da banda fissa infinita che animava i Velvet di Melody’s Laughter e Nothing Song: creare bassorilievi su superfici piane;
nessun solipsismo, nessuna volontà di incantare con esercizi di stile.
Un composto fatto di lavoro collettivo, dove le unità di fondono e si confondono, creando un suono unico ed inconfondibile.
Si sente la mancanza di gruppi così che, quando li si ascolta, scendono quasi le lacrime…
Shop Regulars “Merry Melodies #04”, 2022
Shop Regulars da Portland, mica seghe: si parte, in virtù delle seghe assenti, con un bluesaccio disonnante e si prosegue con un numero alla Velvet Underground (sempre zero seghe: essenza, sostanza e sottesa violenza in forma di tensione ritmica) e si prosegue così:
tutto quello che ha sempre innervosito l’uomo bianco etero formato apericena, tra immigrazione, povertà, omosessualità, disordine emotivo che diventa ordine del giorno; quel senso di confusione organizzata che una mente disciplinata come da grottesco dettame che depista e corrompe e mostra, a noi figli di madre ignota, l’unica via fuori da questo tunnel fatto di ordini e leggi:
pensare sempre fuori dalla scatola. Davvero un bel disco.
Silent Drama “Silent Drama” 2022, Home Mort
Chi fermerà la musica? Cantavano i Pooh anni orsono; non so chi ma, certamente ho sperato in varie riprese che la musica dei Pooh sparisse da ogni dove! Chi fermerà Ivan? Scrivo io qui oggi ascoltando Silent Drama, l’ennesimo progetto del verace fiorentino.
Contrariamente ai Pooh, spero vivamente che nessuno gli impedisca mai di porre un limite o addirittura un freno a questa cascata di creatività continua e sempre di ottimo livello.
Carlos Dunga, Iena, Morgana, Destinazione Finale, Ansia e altri ancora e ancora, una passione per l’underground e per l’ideale di un mondo diverso, più egualitario e meno “sfruttamento dell’uomo su qualsiasi cosa respiri e produca profitto”.
Ivan reagisce con la musica, l’hardcore punk duro e puro (in questo caso, ma in altre occasioni l’amico spazia alla grande tra Oi Core, Thrash Core, Post Punk e deliri assortiti) e ne fa comunicazione, internazionalismo e arte dal basso.
Se si vuole, dati i natali fiorentini, Ivan è un po’ uno degli eredi più credibili di Durante Alighieri (per gli amici Dante) che, in tutto questo cimento artistico, consapevolmente o inconsapevolmente, sta scrivendo la sua personalissima Divina Commedia.
Mi raccomando: non perdetevene neppure un Canto.
Szlauch “Umyj Dupe”, 2022-Syf Records
Io questa bella cassettina ve l’avrei proposta pure il mese scorso, ma vuoi che me ne son colpevolmente dimenticato, vuoi che, a suon di ascolti ripetuti e ripetuti, mi son sempre più convinto della sua bontà in forma definitiva, ve ne scrivo solo adesso:
quando vi dicono che il punk non è più quello ma quell’altro perché quello è solo mesto revival mentre quell’altro, pur avendo tutt’altro nome, riferimento e percorso storico, lo è senz’altro di più, fategli sentire questa cassettina:
punk come rave e rave come punk; il punk che si mangia il rave e lo rende punk. Tensione, clima generale che richiede droghe sintetiche e danza autolesionista.
Gli Szlauch prendono tutto, lo fagogitano e lo rivomitano in un cesso del CBGB sospeso nella linea temporale tra il 1977 e il 1981 e ripropongono lo stesso travaglio in un rave appena fuori Londra, tra il 1991 ed il 1994.
Il nuovo Punk viene dal Punk, non viene dalle Trap House di Atlanta; il nuovo Punk sa cosa lo precede ed è stile, estetica artistica, declinazione di altri linguaggi secondo la propria grammatica.
Il nuovo Punk si fa chiamare Punk, perché il senso di appartenenza è tutto. Soprattutto in questi tempi tersi di mediocrità.
Whippets “Whippets”, 2022-Goodbye Boozy
Bob Hussy è un genio.
Lo scrivo senza ritegno e mandando affanculo ogni ragionevole misura.
Non esiste una sua singola prova che mi abbia deluso (su tutti, ovviamente, per me, ci sono gli Hussy).
Fedele al verbo del Lo-Fi e del Garage Punk, qui si misura con un Noise Rock anni ’90 di sapore Amphetamine Reptile (curioso come già coi Bau la Goodbye Boozy abbia iniziato un percorso di riscoperta di queste sonorità):
Bob urla e grattugia una chitarra, con una sezione ritmica solida e rocciosa, e ci regala una rivisitazione che, come tutte le buone pratiche di riscoperta, aggiunge al genere quel piglio punk bastardo e avvinazzato che, nella sua forma originaria, forse aveva un po’ dimenticato.
Gli Whippets glielo ricordano e ce lo inzuppano fino alla punta dei capelli;
siamo partiti da palchi improvvisati, con pareti coperte di scritte a spray che maledicevano governi, regni, proprietà private e santi martiri a iosa e non ce lo dobbiamo dimenticare. Mai.
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