(Stampa Alternativa) Censurare Celine?
La casa alla periferia di Parigi dove Celine trascorse molti anni della sua vita e da dove poi fuggì seguendo in esilio il governo collaborazionista di Vichy, è diventata ormai da anni un monumento culturale per la Francia Repubblicana e come tale preservata, valorizzata e visitata.
Quasi tutti i libri scritti da Celine si trovano in commercio, a volte con difficoltà in quanto non ristampati e spesso, almeno nei casi del “Viaggio al termine della notte” e di “Morte a credito” stanno in bella vista sugli scaffali di tantissime librerie. Eppure è dura a morire, per lo scrittore francese una dannazione della memoria che ne fa un autore importante ma maledetto, fattore che, detto per inciso, ne incrementa la diffusione.
Poco tempo fa, in ambito letterario, esplode l’ennesima querelle legata al nome di Celine. Lo scrittore siciliano Vincenzo Consolo si rifiuta infatti di partecipare ad un convegno in compagnia di Roberto Saviano reo di aver citato come numi tutelari della sua produzione letteraria oltre a Ezra Pound e Junger anche Luis Ferdinand Celine.
La lettura di “Maledetto Celine” di Stefano Lanuzza si trova quindi inevitabilmente di fronte ad un dilemma che la breve autobiografia dello scrittore francese riportata nella prima parte del libro, non dipana anzi alimenta. Scrittore senza dubbio antisemita, Celine fu fin dalle sue prime opere uno scrittore controverso, analizzato più dalla critica di sinistra che da quella di destra. L’antisemitismo permea già le pagine del Viaggio e di Morte a credito ma è sommerso da ciò che in queste opere più si evidenzia, cioè l’invenzione linguistica a servizio della pietas verso i personaggi. Incombono nei due romanzi gli orrori di chi si trova a descrivere il periodo che intercorre tra le due guerre mondiali, periodo cruciale per i destini di una Europa stretta tra desideri rivoluzionari di tipo socialista e reazione fascista. Si ha buon gioco ad analizzare in quegli anni come l’antisemitismo fosse ovunque diffuso anche in ambienti rivoluzionari di sinistra, dall’antisemitismo bolscevico alle teorie anarchiche di Proudhon. Allora entra il gioco la discussione su quella che si potrebbe definire la coerenza di Celine, che dopo la delusione dell’esperienza sovietica, entra in un gorgo polemico che lo porterà negli anni successivi ad estremizzare le proprie posizioni (Bagatelle per un massacro) finendo così in una situazione di isolamento fino all’accusa di collaborazionismo che Celine nega rivendicando un anarchismo individualista che ne farebbe un paria per nazisti e comunisti.
Il libro di Lanuzza mette in evidenza tali questioni, rimanendo però saggiamente al di fuori di una diatriba che sembra però essere risolta dal successo che taluni libri di Celine continuano a riscuotere tra il pubblico dei lettori i quali sapranno sicuramente distinguere e valutare se assegnare maggior peso all’invenzione linguistico letteraria, piuttosto che alla condanna della guerra rispetto all’antisemitismo razzista. Lasciando ovviamente gli adepti di Casa Pound e Forza Nuova alle loro rivendicazioni con annessi deliri su complotti giudaico massonici sempre attuali, a loro dire.