Il ritorno alla prova discografica di Red Sky era sicuramente uno dei momenti più attesi quest’anno, almeno da parte degli osservatori più attenti della realtà musicale italiana al di fuori degli schemi consueti.
Del resto, nonostante il musicista mascherato milanese produca ottimo materiale in maniera quasi incessante (basta farsi un giro sulla sua pagina FB per constatarlo) la vera cartina di tornasole finisce per essere inevitabilmente un’opera più tangibile quale una raccolta di brani (seppure in formato di Ep), anche se nel 2015 potrebbe non essere affatto una bestemmia pensare di rivedere questo modo di pensare.
In fondo la missione dichiarata di Red Sky è proprio quella di rompere gli schemi proponendo, a suo dire, un non genere, progetto per certi versi ambizioso, ma molto vicino al realizzarsi vista l’innegabile peculiarità di una simile proposta.
Kamasutra, rispetto a Solo Musica a Riempirmi gli Occhi, appare come un lavoro più completo, nel senso che se manca forse il picco rappresentato da un brano meraviglioso come Neve, è vero anche che le canzoni, nel loro complesso, appaiono più coese, più focalizzate e meno abbozzate; in più, l’album sembra crescere dopo ogni ascolto, un aspetto che denota di norma una certa profondità della proposta.
Le diverse tracce alla fine restano ben impresse e Kamasutra si dimostra vincente nel suo proporre un sound che solo superficialmente si può definire rap metal. Intanto Red Sky si avvale di una cifra stilistica ben definita, grazie ad un tocco chitarristico particolare e ad una tecnica vocale che non è troppo racchiusa nell’ortodossia del rap, e lo stesso avvalersi di collaborazioni provenienti da mondi diametralmente opposti quali quella di Vera Clinco dei Celestis in Ikigai e Locus Animae nella conclusiva Re Minore, è sintomatico di una capacità di scrittura in grado di sfruttare al massimo le caratteristiche degli ospiti di turno.
Ad(d)io è l’ideale introduzione di un disco che piazza subito dopo la title track, brano corrosivo ed intriso di vis polemica nel suo incedere molto più robusto del solito, ma che non si dimostra comunque il migliore del lotto, visto che considero Alieno molto più efficace sia musicalmente, sia nel rivendicare in maniera meno velenosa la propria diversità rispetto al resto della scena musicale.
E, in fondo, proprio questo voler rimarcare la propria peculiarità, preoccupandosi di spiegare tutto ciò all’ascoltatore di turno, è l’unico appunto che mi permetto di fare ad un musicista che apprezzo e rispetto non poco. Red Sky secondo me non ha bisogno di ricorrere a questo per attirare l’attenzione degli ascoltatori: quando i suoi testi vanno a toccare la sfera sentimentale e personale raggiungono picchi poetici non indifferenti e mai banali, ed anche per questo prediligo il trittico finale, composto da brani in cui la sensibilità dell’artista milanese emerge in maniera compiuta. È probabile che il mio retaggio di appassionato di metal sia decisivo in questo senso in quanto, al di là di specifici aspetti musicali, quello che non ho mai apprezzato dei rapper è quell’atteggiamento sprezzante che a Red Sky non si addice, in virtù di uno status che viene definito ampiamente dalla bontà della musica che compone (peraltro, ho la sensazione che quelli che lo avversano provengano per la maggior parte proprio dal mondo rap piuttosto che da quello metal)
Anche se di rimbalzo e con più di una buona ragione, la polemica è sempre sterile per definizione e se può attirare qualche attenzione in più finisce per distoglierla allo stesso tempo da ciò che maggiormente importa, che è sempre e comunque la musica.
Detto questo, Kamasutra è un album che deve necessariamente mettere d’accordo chiunque non voglia porsi alcun limite di genere: detto dell’opener, della title track e delle tracce che contengono l’intervento vocale degli ospiti, Ikigai con Vera Clinco e l’amaro lirismo di Re Minore, con lo screaming di matrice black metal a contrappuntare la voce di Red Sky, Din Don Dan si muove nuovamente sui terreni della diatriba prendendo di mira una certa parte di critica (l’argomento toccato, al di là dello specifico motivo scatenante, andrebbe comunque approfondito e non può certo essere liquidato nel breve spazio di un brano) mostrando una ritmica robusta, analogamente a Kamasutra, guarda caso le canzoni dai testi più corrosivi.
Alieno è invece la traccia che per me, come già accennato, è il vero potenziale singolo in grado di sparigliare le carte, con i suoi riff pesanti e testi davvero convincenti e ficcanti e qui, se la condizione di extraterrestre rispetto all’ambiente musicale viene nuovamente rimarcata, ciò avviene in maniera elegante e propositiva; Tanabata Matsuri, infine, è una canzone d’amore rivista nello stile del musicista mascherato, nella quale è la componente elettronica a predominare.
La sfida lanciata non è facile da vincere ma a Red Sky non difettano né il talento né la convinzione per riuscire nell’impresa: la sua vena creativa ed un certo stakanovismo compositivo (“se non compongo mi decompongo”, appunto) rischiano per assurdo di fargli disperdere qualche energia, ma la scelta di mantenere una pagina FB in costante divenire con contributi musicali inediti o cover rese in maniera del tutto personale, può alla lunga rivelarsi un meccanismo vincente di divulgazione, anche se da vecchio ascoltatore di vinili preferisco che il percorso di un artista sia costellato, soprattutto, da uscite discografiche (meglio ancora se su lunga distanza) da gustare ed elaborare con la dovuta calma.
Ma quella di Red Sky “non è una carriera, è una rivoluzione”, e quindi non ci resta che seguirne le gesta assecondandone semplicemente l’istinto e le indiscutibili doti, sperando che ciò gli consenta di emergere dalle secche di un movimento underground che, in Italia, sembra non riuscire davvero a proporre ad una fascia di pubblico più ampia quanto di buono è in grado di offrire.
Tracklist:
1. Add(io)
2. Kamasutra
3. Alieno
4. Din Don Dan
5. Tanabata Matsuri
6. Ikigai
7. Re Minore
No Comments