Salve Ray, qui Francesco Cipriano per In Your Eyes, permettimi di mettermi comodo…innanzitutto sappi che è un gran piacere, credimi!
Poche domande per conoscere te e la tua musica, sarò indolore vedrai!
niziamo con la prima:
Eccoci, e’ un piacere per me.
iye1- Mr. o Sig. Tarantino?
Mah… sono due cose molto diverse? In effetti, forse sì, anche solo per quello che l’inglese rappresenta nella mia vita. Ho scoperto la musica attraverso a cultura anglofona, ho da sempre scritto solo in Inglese, sono tremendamente esterofilo nella scelta dei dischi che compro e mi sono scoperto grande fan della meritocrazia tipica di paesi anglosassoni. Quindi oserei dire Mr. Tarantino, con un sorriso, anche se siamo in Italia e sono nato a Milano. Ma solo se quando sono in America o in Inghilterra posso essere Sig. Tarantino.
iye2- Raccontaci un po’ di te…spesso il vissuto di un artista va anche oltre la sua musica, hai aneddoti particolari di cui vuoi farci dono, te ne saremmo davvero grati?
Appena arrivato a New York trovai una banconota da cinque dollari per terra, la conservai come porta fortuna. La sera prima di partire per Londra – alla fine del tour – decisi di restituire quei soldi alla città. Mi trovavo in una strada del Village e pensai di appendere la banconota al ramo di un ciliegio. Una leggera brezza muoveva il ramo, ma i soldi non si staccavano. Il marciapiede era calpestato da frettolosi universitari di ritorno dalle loro attività, e nessuno di loro – nonostante fossero di statura alta – notava il “dono”. Io me ne stavo dall’altra parte della strada e guadavo incuriosito. A un certo punto da dietro l’angolo sbucò un senzatetto: avrà avuto una sessantina d’anni, era piegato dalla fatica e dalla stanchezza, dalla povertà. Mi rattristò costatare che non avrebbe mai avuto modo di raggiungere i soldi appesi al ramo (perché troppo basso), e fui ancora più colpito dal fatto che proseguiva nel suo percorso – che lo portava proprio sotto l’albero – senza mai alzare lo sguardo da terra. Ero ormai certo che l’uomo avrebbe passato il ramo senza avere la vedere o comunque prendere quei soldi. Ormai rassegnato, non potei fare altro che costatare la sincronicità del destino (o come la chiama Alejandro Jodorowsky, la Danza Della Realtà) quando un colpo di vento più forte rispetto a quelli dei precedenti dieci minuti mosse il ramo quel tanto che bastò per far cadere i soldi. L’uomo se li vide atterrare sotto gli occhi al termine di una planata a spirale. Non li aveva visti, non li aveva desiderati, e gli erano caduti addosso così, quasi per magia! E’ questo il mondo: se non s’interferisce con il corso delle cose c’e’ un equilibrio perfetto in ogni attimo, ed è quello che ho avuto la fortuna di imparare dalle cose che mi sono successe. Se faccio musica adesso, è solo perché per anni – a mia insaputa – mi si sviluppava dentro la forma spirituale adatta, e il mondo preparava il piccolo ambiente nel quale avrei lavorato. Piccolo, magari insignificante, ma giusto per tempi e modi. E’ solo una questione di fede, e fino a qualche battito di cuore prima dell’ultimo non siamo in grado di definire il valore di quello che ci accade. Sarebbe presuntuoso farlo. Sarebbe sciocco pretendere di avere tutto quel controllo.
iye3- Domanda dunque di rito a tutti gli artisti con origini italiane. Cosa ne pensi del tuo paese? Segui ancora il suo “evolversi” se di evoluzione si può parlare? Dacci tre dritte, te ne prego?
Arrivando da fuori ci si trova di fronte a un paese che deve chiaramente fare molta fatica per raggiungere lo stato di civiltà dei suoi “simili”. Nella valutazione di ogni cosa credo sia fondamentale cercare un buon equilibrio tra contenuto e metodo. E’ chiaro che dal punto di vista del contenuto l’Italia ha una posizione privilegiata rispetto alla maggior parte del mondo. Siamo stracolmi di arte meravigliosa, è un paese bellissimo con grandi risorse culturali e un’altissima potenzialità spirituale. E’ un peccato scoprire un’applicazione del metodo scadente, o altrimenti soggetta a equilibri diversi da quelli che dovrebbero essere la priorità di una nazione. Ci sono una serie di elementi con i quali faccio veramente fatica a fare i conti ma credo che siano principalmente legati a uno spostamento dei valori nell’ambito del sogno dell’Italiano medio. Non penso di essere nella posizione o avere la preparazione necessaria per fornire delle dritte, ma una cosa è certa: grazie all’evoluzione della piattaforma tecnologica è finalmente in atto una vera rivoluzione, un movimento impostato sulla meritocrazia, sulla libertà da schemi ormai stantii. Credo che in ogni ambito lavorativo esista la possibilità di far leva sul valore reale delle cose. Oggi ognuno ha a disposizione un oceano di tecnologia, e tramite un uso ponderato dei sistemi di comunicazione e condivisione di contenuto si può sperare di far valere anche il più onirico dei pensieri; il più estremo dei sogni. All’estero sono già abituati a questo modo di vivere e concepire la cultura, e anche molto più bravi di noi. E per questo – onestamente – non si può incolpare nessuno.
iye4- Trovo i tuoi brani assolutamente maturi ed a tono con le migliori produzioni del mainstream internazionale. Melodie fresche si accompagnano a leitmotive del songwriting di razza. Questo mette però a nudo un’altra ovvietà, e cioè che non serve necessariamente farcire i dischi con le peggio cose per dimostrare che non esistono pregiudizi di sorta dinanzi alla buona musica che è possibile ancora farla con voce e chitarra. Quanto c’è, a tal proposito, di “recusant” nel tuo disco?
Forse l’unica cosa veramente anticonformista del mio disco è proprio la mia “non-ricerca”, un po’ come il circuito “anti-folk” che si respira ora a New York nei locali Folk. Sono stato molto vicino alla musica e alle uscite discografiche per anni, e ho sempre letto biografie di band e artisti che “avevano qualcosa di nuovo da dire” e che rappresentavano “il suono del nuovo”. Ripensando alla storia della musica e dell’arte in generale ho notato poi però una cosa buffa: tutti gli artisti che hanno detto qualcosa di nuovo l’hanno sempre fatto a loro insaputa!
Io chiaramente non ho alcuna intenzione di mettermi sul podio di chi ha qualcosa di nuovo da dire, io dico quello che è – in modo semplice e mio – perché e come lo vorrei sentire io. Faccio la musica che comprerei e basta. Quando sento dischi troppo cerebrali sono costretto a spegnere. Per fare “ricerca” bisogna prendersi troppo sul serio, ed è troppa la fatica e poco il divertimento. Gli innovatori sono vestiti da falegnami norvegesi e hanno la barba lunga, per quanto mi riguarda tutti quelli che si mettono casacche stile militare e passano le ore a trovare suoni con cui infarcire dischi sono troppo banali perché siano diversi da una parodia. Ho letto qualche recensione sul mio disco che menzionava il mio non avere niente d’innovativo: non ricordo di aver mai promesso di portare qualcosa di nuovo. A parte undici canzoni che prima non c’erano.
iye5- Se ti dicessi dunque: psych folk, avant-pop, retrowave, dark-ambient, grind-death-core e…pane, burro e marmellata, tu cosa mi risponderesti?
Lo sai che c’e’ un genere che si chiama neon-pop? Lo suonano le band che indossano indumenti molto colorati e suonano pop.
Poi guardavo che c’e’ anche il Manufactured Pop, il Countrypolitan, l’Anarchist Folk-Rock, il Gabba (musica elettronica), e addirittura il Beautiful Music. Ti immagini? <
Adesso quando mi chiedono che genere suono rispondo Rock, poi se non sono d’accordo è un problema loro.
iye6- Steward Copeland, Matthew Bellamy, Tony Bowers, Steve Shebby…cosa ne dici se ti chiedessi di presentarmi ai tuoi amici?
Mah, l’unico veramente amico tra tutti è Tony Bowers. Una persona meravigliosa, oltre che un magnifico musicista. E’ in grado di attraversarti il cuore con ogni strumento a disposizione, comprese le parole. Tony ed io ci siamo conosciuti all’Elba almeno una decina di anni fa, e lui già ai tempi mi disse che avrebbe voluto aiutarmi a fare un disco. Poi giunse l’occasione e chiaramente non potei fare a meno di appoggiarmi alla sua maestria di bassista ed esperienza di musicista. Matthew Bellamy e’ secondo me uno dei “giovani” artisti più illuminati della scena mondiale: ha un enorme conoscenza della musica. Ho avuto la fortuna di passare un po’ di tempo con lui, anche fuori dal circo dello show, e condividere alcuni pensieri su questa grande arte. Matthew e’ uno di quelli che non avrebbero potuto fare altro, un po’ come Keith Richards. Steve Shebby ha suonato con me anche in una trentina di date sulla East Coast, è un grande professionista e si applica molto per trovare sempre un suono adatto al momento. Non ho con lui un gran rapporto di amicizia. Per quanto riguarda quel mostro sacro di Stewart Copeland invece, ho avuto il privilegio di passare un giorno con lui durante le sue prove per il progetto sulla Taranta, forse anche una cena. E’ ovviamente una persona che un milione di aneddoti e storie da raccontare, e quando lo si vede suonare allo stadio di Torino con i Police e’ evidente che non poteva che essere un pezzo fondamentale della storia della musica moderna.
E poi sai una cosa? Ti presenterei volentieri anche Alfredo, che ha un bellissimo baretto sul porto mediceo di Portoferraio: lui si che sa fare da bere, ha delle bellissime bottiglie e aneddoti molto particolari su New York. E’ uno dei miei grandi amici.
iye7- Artista senza contratto più ascoltato su myspace. Perdona l’ennesima ovvietà ma, quanto ti ha aiutato il social networking e quanto è importante, in genere, per chiunque voglia fare musica, oggi?
I social network sono uno strumento importante, ma il loro utilizzo deve essere affiancato (o meglio ancora preceduto) da un lavoro più organico su quello che conta veramente: l’emozione. Sarò sincero, non ho idea di come abbia ricevuto tutti quegli ascolti, e’ successo di colpo dopo la pubblicazione on-line di una canzone. Ma tornando al punto che dicevo prima, i social network tendono ad evidenziare lati diversi di un artista, o perlomeno non ne supportano necessariamente i contenuti. Attraverso una gestione mirata delle piattaforme si possono raggiungere gli interlocutori giusti, ma bisogna emozionarli, non basta averli tra gli amici. Dal punto di vista della fedeltà e della costruzione di una fan-base, credo sia molto più utile suonare dal vivo e raccogliere indirizzi mail di chi è ai concerti. Da questo punto di vista la tecnologia rischia di fare un po’ di confusione, e’ come l’Ipod con quindicimila brani, ma quanti ne ascolti? E allora a cosa servono cinquanta mila amici? Quanti veramente ti conoscono?
iye8- In mano hai 3 biglietti per tre grandi gigs ma puoi sceglierne uno solo: Springsteen, Gomez o Starfuckers?
Springsteen l’ho visto a Roma (tour solo) e poi anche con the Pete Seeger Show, è forse il performer più carismatico che ci sia. Gli Starfuckers chi sono? Vado a vederli solo se mantengono la promessa fatta col loro nome, ma dipende da chi portano sul palco. I Gomez sono bravissimi, e a Baltimora li ho mancati per un giorno. Vado a vedere loro grazie!
Grazie Ray, alla prossima!
Ciao, e grazie mille.
Ray