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Mas Teeveh – Intervista

Mas Teeveh - Intervista: Andiamo a conoscere meglio Mas Teeveh, all'anagrafe Massimiliano Cattaneo, artista italiano emergente n...

Mas Teeveh – Intervista

Andiamo a conoscere meglio Mas Teeveh, all’anagrafe Massimiliano Cattaneo, artista italiano emergente nel panorama techno, autore dell’album Dreamlike Flow, uscito questo Febbraio su Micro.Fon (e recensito da In Your Eyes, vedi link a fondo pagina).

In attesa di un podcast che realizzerà prossimamente, per dar seguito alla nostra serie IYEcast Guestmix, il producer lombardo risponde alle nostre domande e ci fornisce un piccolo “insight” sul suo mondo…Una chiacchierata interessante che tocca vari argomenti, dal suo ultimo album al suo attuale approccio alla musica e ai suoi prossimi sviluppi, ai suoi luminari, alle attività di producer-dj-clubber, alla scena techno …
Molta carne al fuoco, dunque, perciò senza dilungarmi oltre lascio la parola al nostro ospite … ecco a voi Mas Teeveh 

iye Ciao Massimiliano, o Mas se preferisci, benvenuto su IYEzine!
Vorrei innanzitutto chiederti qualcosa in più su di te, siccome online si trovano poche informazioni: ciò perchè sei un tipo riservato, perchè vuoi lasciare che sia la tua musica a parlare di te, perchè intendi lasciare un alone di mistero intorno al personaggio, o che altro?

Ciao Davide, ti ringrazio molto per l’opportunità.
A dire la verità non mi sono mai posto il problema, o meglio, la questione della mia presenza sul web. Potrebbe essere un aspetto positivo quanto negativo; per quanto concerne questa situazione più che il risultato mi interessa il modo in cui ci si approccia verso l’esterno, indipendentemente da una presenza massiva o dall’ombra totale.
Abito a Bergamo da 28 anni e ho studiato Lettere e Filosofia presso l’università della mia città ma senza aver completato il mio percorso di studi (non ancora…).

iye Un debutto sulla scena internazionale se non erro nel 2012, e da lì comincia la scalata verso i vertici della techno. Ora, dall’uscita di “Dreamlike Flow”, è passato qualche mese: sei soddisfatto dei riscontri ricevuti dal disco?

Nel 2011 per la precisione, all’OpArt di Lisbona. Poi nel 2012 al National Underground di New York (poi Berlino, Tolosa, Porto..).
Da Marzo, data dell’uscita del disco, sono successe molte cose… Il senso della musica è quello di trasmettere la perfezione (o almeno darci l’illusione)…detto questo però sarebbe una cinica utopia affermare e/o credere di raggiungerla, considerato che la vita stessa non avrebbe più motivo di esistere se non ci fossero passi avanti da compiere.
A breve arriveranno i remix!

iye Quali sono i tuoi piani per il prossimo futuro per proseguire questo percorso di crescita?

Sicuramente un approccio basato sulla calma, l’esatto contrario dei risultati portati da foga, sufficienza e istinto. Ciò non significa una “fame” affievolita rispetto a qualche tempo fa, ma un climax dettato più dal naturale corso degli eventi che dalle forzature.

iye Parliamo ancora un po’ del tuo album: i bassi potenti del lato oscuro della techno berlinese mischiati ai ritmi dilatati della dub-techno, atmosfere ovattate, una miscela di suoni taglienti e avvolgenti. Sono questi gli ingredienti del tuo “flusso onirico”?
Il concept della raccolta evoca un continuum sonoro che viaggia associato all’immediatezza di questo flusso, ma d’altra parte dalla qualità dei singoli pezzi si deduce un lavoro di grande rifinitura e cesellatura. Quale delle due componenti o quale equilibrio tra esse rispecchia di più il tuo lavoro?

Sono d’accordo con l’immediatezza del flusso onirico, ma allo stesso tempo credo anche nella sua relatività e dei tempi dilatati soggettivamente percepiti.
Posso dire “un paradosso continuo”?
Studiando filosofia sono stato positivamente colpito dallo studio della percezione del tempo, della memoria, della sua costruzione e degli innesti di pensieri, e, nonostante sia un fermo sostenitore del libero arbitrio, con Dreamlike Flow ho cercato di indurre in chi l’avrebbe ascoltato, o anche solo avrebbe letto i 10 titoli, una sensazione di angoscia e smarrimento, proprio di chi viene trasportato (mentalmente) verso situazioni sconosciute e confini mai varcati.
I più attenti avranno accostato le tracce di chiusura ad una sorta di liberazione di tutto il “flusso”, è a personale discrezione se questo sentimento infinito (sublime) di liberazione potrà essere catartico o un carcere struggente autodistruttivo quanto vagare all’infinito.
Sicuramente la ricerca della filosofia dell’album mi ha occupato tanto quanto la stesura del tutto.

iye Quando e come hai capito che la musica in generale, e in seguito proprio la techno, avrebbe potuto concretamente rappresentare il tuo futuro?

Non credo lo sarà.

iye Quali sono i tuoi luminari e i tuoi punti di riferimento?

Il libero arbitrio, la logica e la correttezza credo siano punti fermi, dottrine (se non dogmi) inalienabili.
Avallando la tesi dello stretto legame tra musica e letteratura già esposto più e più volte, ho pensato che D’Annunzio mi avrebbe aiutato per la sua eloquenza e la dottrina logica legata al piacere e all’edonismo (indirizzandomi anche per la scelta del mio nome – non l’avevo mai rivelato prima d’ora); De Quincey per le sue opere riferite ai sogni, alle memorie e ai pensieri; George Orwell per la sua visione del futuro distopico.
Per quanto riguarda la musica, David Gilmour e Bruce Springsteen per la loro saggezza e il loro carisma.
Avvicinandomi alla musica elettronica e contemporanea James Blake, Nils Frahm, Rrose, Vatican Shadow e Donato Dozzy (tutti per motivi differenti) completano il cerchio.

iye Come dividi il tuo tempo tra l’attività di producer e il Djing? Quale attività prediligi e qual è il tuo approccio a ciascuna delle due?

Non avendo un calendario fitto, le due attività coesistono senza sforare una negli spazi dell’altra, tranquillamente. Ho passione per entrambe ma, ovviamente, l’approccio è differente e lo posso così descrivere:
– Per quanto riguarda le produzioni, in primo luogo vengono le idee e la filosofia di ciò che sto scrivendo..solo in seguito viene la musica, che risponde quindi alle esigenze stilistiche che ho deciso a priori.
– Per quanto riguarda il djing, è un approccio completamente diverso ma non meno esigente: la priorità è traslata esclusivamente su chi ascolta e chi vive in quel momento la sessione.

iye Quali sono gli elementi su cui ti concentri di più nelle tue performance e nelle tue produzioni? Quali gli effetti che desideri produrre sull’ascoltatore?

Direi che un punto fermo è il suscitare qualcosa, qualsiasi essa sia. Gioia? Libertà? Spensieratezza? Rabbia? Stupore?
Ben vengano anche le sensazioni negative, saranno spunti su cui lavorare per migliorare. L’indifferenza è peggiore di una sensazione negativa…la sensazione a cui nessuno mai dovrebbe puntare.

iye Riesci a trovare il tempo di vivere il clubbing anche dall’altro lato della consolle, dal punto di vista del clubber? Che sensazioni ti da e quali serate/luoghi/performance frequenti più volentieri?

Assolutamente si e mi piace molto. Sono cresciuto in questo modo quindi, non facendolo, mi snaturerei. Vivo le serate anche come ottimo punto di incontro con gli artisti che i promoter portano ai club.
Quello che frequento maggiormente è il Dude Club (Milano). Non aggiungo altro: la sua fama e l’indiscutibile rispetto precederebbero in qualsiasi caso le mie spiegazioni rendendole ridondanti (e superflue).

iye Ti tocca a questo punto parlare dell’annosa questione del “made in Italy” nell’elettronica underground: assai spesso mi giungono dall’estero notizie o release di act emergenti e in un secondo momento scopro trattarsi di ragazzi italiani…
Tu vedi l’elettronica italiana più come una fuga di cervelli o un prodotto d’esportazione, o vedi delle situazioni interessanti anche internamente come cultura underground? Da italiano ti senti valorizzato?

È molto fastidioso e controproducente dire di non sentirsi valorizzati…ciò porterebbe automaticamente sia ad un’autoinvestitura immotivata ad artista, che non condivido nel modo più assoluto, sia ad avere una perenne e compulsiva mania di incomprensione.
Negli ultimi anni ho notato un trend positivo di nuove serate in Italia, da nord a sud indistintamente, nelle quali vengono valorizzati anche i dj/produtti italiani, e questo è molto gradevole.
Non posso comunque nascondere che io abbia suonato più all’estero che, paradossalmente, nella mia città.

iye Per te esiste attualmente una scena techno italiana, con una propria identità definita? E quali elementi caratterizzano una “scena” musicale da cui poter prendere riferimento?

Ho molto rispetto per la scena romana e per i suoi principali membri.
Le caratteristiche principali di una scena, generalmente parlando, potrebbero essere prettamente sociali, proprie di qualsiasi cluster, essendo la musica fattore intrinseco della cultura, ed essendo quest’ultima colonna portante della formazione antropologica. Gli aspetti musicali e culturali arrivano leggermente dopo ma sono tanto costituenti quanto appunto l’appartenenza territoriale.
Non ho ancora un’idea ben definita dei gruppi e/o delle scene o, anzi, non ho ancora un’idea ben definita del fattore positivo o negativo e sociale nella costituzione di gruppi, che a rigor di logica significherebbe ammettere benevolmente i propri membri ed escludere tutti gli altri: sulla carta una forma di progresso e non di sviluppo.

iye Se ho colto il tuo punto di vista, vorresti implicitamente suggerire di non limitarsi ad inquadrare una scena musicale con le sue proprie caratteristiche come un sistema chiuso, ma a considerare un punto di vista più ampio che abbatta i confini della scena stessa e comprenda relazioni dinamiche con l’esterno?

I compartimenti stagni, per definizione, non permettono rapporti con l’esterno, se non quelli unilaterali, rischiando così di incorrere nell’errore di creare un’elite, nei confronti della quale non si potrà che avere una certa sudditanza psicologia, deteriorando il principio cardine della costituzione del gruppo (o del genere musicale, appunto) e andando anche a disgregare i rapporti all’interno dello stesso.
Posso sbagliarmi, ma questo è il mio punto di vista, e analizzando il significato di “chiuso” sono portato logicamente a pensare ad un sistema che non ha più niente di nuovo da proporre, un sistema fine a se stesso che si arrabatta e si autocompiace sulla sua stessa cenere.

iye Grazie per la tua disponibilità e cordialità. In bocca al lupo, e a risentirci presto per un grande episodio del nostro podcast!

Grazie a te Davide per l’opportunità, ci sentiamo molto presto!

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