Quanti intellettualoidi del c***o,quanti “alternativi” finti come la plastica sono saliti sul carro del vincitore (o per meglio dire del rivalutatore) da quando uscivano nelle sale film come questo? Erano pellicole semplici per gente semplice che avevano un successo di pubblico spesso trionfale,costavano due lire e hanno fatto la fortuna degli oculisti che hanno visitato e prescritto lenti alle persone di sesso maschile della mia generazione. Io sono una di quelle persone,semplice e fortuna non cieca (la classica eccezione che conferma la regola) ,e che scrive su Inyoureyes della musica e del cinema con la quale è cresciuta senza bisogno di revisioni postume e spesso imbarazzanti. Ok,sputato fuori il mio veleno ed il livore che sento dentro andiamo a parlare di questo film che vede come mattatore l’inimitabile Lino Banfi che interpreta sia Giuseppe “Peppino” Patané che il di lui padre Calogero. Peppino è un nobile,per la precisione un barone,ed esercita la professione di dentista,ha una moglie brutta e piagnucolosa (Marisa Porcel) ed un’amante davvero sexy,nonché molgie in un suo “amico” (Susan Scott). All’inizio della pellicola la coppia si reca alla stazione del paese,sta infatti per tornare da Londra il figlio Gianluca (Javier Vinas),ma un’amara sorpresa sorpresa aspetta il nobile Patané,il figlio si è trasformato in un debosciato freakettone vestito con un completo rosa e con tanto di chitarra a tracolla. Appena giunto a casa il nonno di Gianluca trova nella stanza del nipote alcune riviste di body building con foto di uomini quasi nudi,il pensiero che l’erede possa essere gay provoca all’anziano Calogero un infarto che lo uccide,nel rantolare prima di spegnersi riesce ancora a trovare la forza per sputare in un occhio al figlio. Nel frattempo come in ogni piccola città (il film è girato a Trani) la voce della presunta omosessualità del giovane rampollo si propaga con grande velocità. La scena si sposta allora in uno studio notarile nel quale viene letto il testamento del defunto barone,quest’ultimo ha nominato suo erede universale Peppino,ma ad una condizione,il figlio si deve sposare ed avere un figlio entro l’anno altrimenti il patrimonio passerà alla sorella (Ria De Simone). Preoccupato per l’orientamento sessuale di Gianluca Banfi lo porta dall’amante per verificarne l’eterosessualità,ma prima che l’incontro carnale possa avere inizio rincasa il di lei marito,l’armaiolo Cosimo Mancuso (Raf Baldassarre) che interrompe bruscamente l’idillio. Con l’aiuto di un suo amico parroco (Dino Cassio) Peppino fa giungere a casa una presunta infermiera Sonia (Pamela Prati) con l’intenzione di darla in sposa al figlio,questa si presenta assai dimessa ma è in realtà una gnocca spaventosa. Convinta dal religiosa la Prati accetta di sposare Gianluca. I due partono per il viaggio di nozze ma la sorella di Banfi è decisa a far di tutto affinché il matrimonio non sia consumato. In un tourbillon di tresche amorose illecite degne della migliore commedia degli equivoci la risoluta Sonia riesce comunque ad amoreggiare con Gianluca. Il figlio arriva ma nel finale i dubbi sull’orientamento sessuale del giovane figlio non solo restano ma vengono rafforzati. Dominato dall’istrionismo incontenibile di un Banfi ispiratissimo ed alla procacità di una Prati dalla recitazione infima ma dalla bellezza mozzafiato il film diverte molto e fa trascorre allo spettatore un’ora e mezza di sana spensieratezza. I fan del cosiddetto trash certamente avranno già visto e rivisto questa pellicola a tutti quelli,poveracci,che non l’hanno ancora fatto va il più sentito consiglio di rimediare alla svelta.
Regia di Michele Massimo Tarantini con L.Banfi ,M.Porcel,R.De Simone,J.Vinas,P.Prati Italia/Spagna,1981
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