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Recensione : Io – Polytone

Io - Polytone: Data la composizione del quartetto (batteria, contrabbasso, chitarra elettrica e voce) e la dichiarata tendenza dei qua...

Io – Polytone

Data la composizione del quartetto (batteria, contrabbasso, chitarra elettrica e voce) e la dichiarata tendenza dei quattro musicisti alle improvvisazioni senza schemi prestabiliti, ci aspetteremmo di trovare, in questo CD, un po’ di quella sana folle aggressivita’ free-jazz a cui ci eravamo abituati ascoltando esperienze ormai ben assestate come, per esempio, i romani Zu. Invece no. Il gruppo intende collocarsi su una linea che definisce ‘mprovvisazione ritmica minimalista’, ma, sinceramente, abbiamo da eccepire su ciascuna delle tre parole…Per ‘improvvisazione’ intendiamo un tipo di esecuzione totalmente random, senza capo ne’ coda, nella quale ciascun musicista fa cio’ che gli passa per la mente sul momento? Neanche ascoltando Ornette Coleman ci facciamo un’ idea del genere. Chi conosce e ama il jazz sa che improvvisare e’ un’ arte con le sue regole segrete, non un suonare a caso. Eppure, cio’ che ritroviamo in questi I/O sembra, piu’ che altro, proprio un suonare a caso. Senza troppa fantasia, per giunta. Certo, non c’ e’ niente di nuovo sotto il sole: non e’ la prima volta che sulla scena musicale compaiono mistificatori del concetto di improvvisazione (pensiamo agli Ovo, per esempio), per cui la cosa non ci stupisce. Ma e’ anche giunta l’ora che l’ ascoltatore raffini il proprio orecchio per saper riconoscere le esperienze musicali davvero significative.

Se definiamo l’improvvisazione ‘ritmica’, ci aspettiamo una selva di sperimentazioni, un tessuto magmatico, una sorta di pentola a pressione musicale che sta per esplodere. Magari ritrovassimo tutto questo, nel CD! Le ritmiche sono, al contrario, ripetitive, noiose, prive di guizzi e di slanci creativi e assolutamente elementari. E cosi’, si giustifica con il ricorso alla categoria del ‘minimalismo’ l’assenza totale di creativita’ e di senso dello sviluppo del pezzo. Chi conosce Glass o Mertens sa che il minimalismo si fonda su micropolifonie in continua e matematica mutazione e su fasce di sovrapposizioni ritmiche e melodiche: strutture impercettibilmente complesse, che creano universi sempre più saturi e ipnotici. Non e’ questo che vediamo nel CD: non c’è sperimentazione alcuna in questa direzione.A chi decida di etichettare come minimalismo la ripetitivita’ e la monotonia e di chiamare improvvisazione (o jazz, o free…) il suonare a caso, forse il CD potra’ piacere (chi s’accontenta gode, in fondo…). Ma chi conosce davvero i riferimenti che il gruppo dice di avere, difficilmente si fara’ ingannare…

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