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From My Windows – Giovedi 30 Aprile 2020

From My Windows – Giovedi 30 Aprile 2020:

Il noise può uccidere il virus? di Silvano

Il singolo verso in cui tutto trova un senso di Enrico Torre</h...

From My Windows – Giovedi 30 Aprile 2020

Il noise può uccidere il virus? di Silvano

Il singolo verso in cui tutto trova un senso di Enrico Torre

 

Il nostro diario giorno per giorno.

 

– Il noise può uccidere il virus? di Silvano

Murphy’s Law – Greenbud – Dedicated

Il singolo verso in cui tutto trova un senso di Enrico Torre

Any man’s death diminishes me, because I am involved in mankind. And, therefore, never send to know for whom the bell tolls; it tolls for thee.

John Donne, No man is an island

 

Traduzione e adattamento di un mio testo precedentemente pubblicato in galiziano sul magazine culturale “A Que Cheira, Papá?”: http://aquecheirapapa.com/por-quen-dobran-as-campas

A Coruña, 23 aprile 2020

Sento suonare le campane, in una limpida mattinata di sole. Il rintocco delle campane mi riporta sempre alla mente il titolo del romanzo di Hemingway sulla guerra civile spagnola, For Whom the Bell Tolls ma, in realtà, è a una poesia del religioso britannico John Donne, No Man Is an Island, che dobbiamo l’introduzione di questa frase nella letteratura in lingua inglese, sul finire del secolo XVI. Il suono della campana rompe il silenzio e richiama, metonimicamente, la morte. Anche i Metallica nel 1984 avevano omaggiato il libro di Hemingway con il brano “For Whom the Bell Tolls”, nell’album Ride the Lightning. La situazione paradossale in cui si trova il mondo oggi mi invita a fermarmi qualche minuto e pormi, silenziosamente, la domanda: per chi suona la campana, ora?

Si può approcciare l’argomento da diverse angolazioni ma considererò solamente, in modo molto generale, quello che ho visto succedere nelle ultime settimane, tanto in Spagna come a livello internazionale. Siamo alla fine di aprile del 2020, a varie settimane dalla dichiarazione dello stato di allarme da parte del governo di Madrid (14 marzo scorso), con un ritardo a mio avviso difficile da giustificare. Ero rimasto perplesso a vedere come, appena qualche giorno prima, nessun partito avesse rinunciato ai comizi per le elezioni delle Comunitá Autonome, cosí come mi aveva sorpreso la partecipazione massiccia alla manifestazione dell’8 marzo. Senza nulla togliere al’importanza della Festa Internazionale della Donna, ammassare tredicimila persone nel centro di A Coruña in questo periodo mi era sembrato molto azzardato.

É incredibile come si sia evitato di ammettere l’esistenza del problema, in particolare dopo aver visto quello che stava succedendo in Italia. Insomma, viviamo in un mondo dove milioni di persone prendono aerei, treni e pullman ogni giorno: davvero si poteva pensare che un virus rispettasse le frontiere nazionali? Credo che il governo spagnolo abbia fatto esattamente quello che non si deve fare in questi momenti: evitare di prendere una decisione fino a un “sufficiente aggravvarsi della situazione”. La logica parla chiaro: quando emerge un problema (di qualunque natura sia) e non si fa nulla, la situazione verosimilmente peggiorerà. Ergo, c’è da agire: un governo dovrebbe avere tutte le risorse necessarie per studiare attentamente la situazione, monitorarne gli sviluppi e prendere una decisione ponderata nel minor tempo possibile. Sulle misure specifiche adottate in questo caso, non ho le competenze per esprimermi, ma mi pare evidente che la Spagna si sia mossa davvero lentamente.

Non voglio buttare la croce addosso al PSOE, perché a dire il vero non credo che un altro esecutivo avrebbe fatto meglio e comunque, in generale, i governi dei Paesi occidentali (di qualunque fazione politica) hanno gestito la crisi in modo nefasto. Similmente, credo che la crisi sanitaria abbia evidenziato la debolezza degli organismi sovrannazionali come l’Unione Europea, che dovrà porsi parecchie domande se vuole sopravvivere al virus. Il fatto che la Cina abbia dimostrato una maggiore (vera o presunta) efficienza nella gestione della pandemia rispetto alle democrazie occidentali paradossalmente rappresenta un ottimo assist per i governi di queste ultime per spingere la popolazione ad avvallare una deriva autoritaria. Giusto qualche giorno fa Nós, l’unico quotidiano stampato in lingua galiziana, segnalava una rinascita dell’ “orgoglio nazionale” in Spagna. Occhio perché la storia insegna che quando la popolazione ritiene di aver perso la sicurezza, cerca spesso vanamente di recuperarla gettando alle ortiche anche la libertà, quella straordinaria risorsa di cui purtroppo spesso non facciamo buon uso. Quando si dichiarerà concluso lo stato di emergenza, serviranno cervello, onestà e coraggio da parte di tutti per riparare i danni della pandemia, che in qualche modo ha davvero aperto un’ánfora di Pandora. Il lavoro sarà appena cominciato.

Lascio queste considerazioni in una giornata paradossale di fine aprile, in cui dalla mia finestra vedo il sole che brilla nel cielo con un vigore straordinario, riempendo di colore la primavera ártabra. In un giorno cosí, é necessario guardare in faccia la fragilità dell’essere umano, che rappresenta la caratteristica che ci unisce tutti. Davanti a un disastro mondiale come questo, almeno ci è data la possibilità notare la vacuità delle etichette a cui spesso permettiamo di dividerci. Al virus non importa nulla di passaporti, carnagioni, religioni, genere, preferenze sessuali, condizioni economiche, status sociale, non sa nemmeno cosa siamo noi. Non ci percepisce come nemici da abbattere o territori da conquistare e nemmeno sa che cosa sia un apparato respiratorio: cerca solamente un ambiente dove prosperare e replicarsi (siamo noi quelli che danneggiano deliberatamente gli altri). In questi giorni, potremmo perlomeno fermarci un secondo e imparare l’empatia: il volto del prossimo è il riflesso di noi stessi.

È già passata un’ora e, ai nuovi rintocchi, riprendo la domanda. Per chi suona la campana? Metaforicamente, potrebbe suonare per le istituzioni: suona per il governo di Sánchez? Per l’UE? Per la globalizzazione? Per il neoliberismo? Ce lo dirà il tempo, ora pensiamo alle persone. È perfino troppo ovvio dire che suona per le vittime della Covid-19, ma suona anche per gli altri defunti: le vittime di altre malattie, della fame, della guerra, della violenza domestica, la lista è troppo lunga. Suonerà anche per i responsabili delle ingiustizie del mondo, diretti e indiretti. Suonerà per i carnefici, suonerà per gli indifferenti. Ma alla fine, ricordando che la fragilità umana è la vera caratteristica universale, mi accorgo che è proprio quella offerta da John Donne, la risposta in cui tutto trova un senso. Alzo gli occhi verso lo specchio e scopro per chi suona la campana. Sono un essere umano, la campana suona per me.

 

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