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Frederick Rolfe – Adriano Vii

Letterariamente parlando, mi ero innamorato del pretino Julien Sorel , così come mi ero appassionato della vicissitudini di Narciso e Boccadoro. Non poteva quindi non entusiasmarmi questo affresco storico di Frederick Rolfe, ambientato nei primi del ‘900 in un Europa in piena trasformazione geopolitica e culturale, che racconta la bizzarra storia di George Arthur Rose.

Da prete esiliato a Papa, quasi per scherzo. Dai ai margini della scena ad attore principale, con in più la capacità intellettuale per rivoluzionare il sistema dall’interno.
Gli oppositori vengono ribaltati all’angolo secondo uno schema che ricorda una partita a scacchi. Le azioni dell’avversario sono state previste tutte: ignaro di essere manovrato e condizionato nella scelte delle mosse, pensa che queste siano opera e volontà propria, e non si accorge che sono il risultato di un ragionamento fine e astuto, che limita gli spazi di manovra secondo uno schema predefinito.
Solo possedendo acume si riesce ad insultare e a criticare con eleganza chi ti rivolge accuse infondate, e allora “la voce del serpente e la voce dell’oca sono una sola e unica voce”.
Ma questa intelligenza genera anche sofferenza nell’animo, alienazione, inquietudine nell’essere emarginato a causa di una condizione di superiorità che eleva rispetto agli “innumerevoli branchi di cuccioli mal leccati e di mediocri ignoranti” ma isola.
La mediocrità infatti accomuna i molti, che nella loro condizione non si pongono domande e nella loro ignoranza temono chi sa di più: la paura si trasforma in cattiveria, a tal punto da far chiedere a George di voler “essere onesto e semplice invece di sottile e complicato” per poter sfuggire alle pene che gli altri gli arrecano.
Adriano VII è un libro che consiglio a chi a voglia di essere stimolato nelle riflessioni e che non vuole solo lasciarsi coinvolgere da una storia, dato che sono diversi i temi trattati.
Primo su tutti la rivoluzione ideologica della Chiesa e del pensiero collettivo verso di questa.
In periodo di rivoluzione, ad un cardinale che si lamenta della scarsa sicurezza nell’uscire per le strade Adriano VII, che ha già cominciato il processo di trasformazione, semplicemente risponde che “la Chiesa ha grande bisogno di un martire”, e che si tratta sempre di inviti e mai di imposizioni. La Chiesa è troppo distante dalle persone.
Il nuovo Papa decide inoltre di vendere i beni della Chiesa per rifondarne la spiritualità e l’immagine, ma allo stesso tempo distogliere le attenzioni mediatiche da vicissitudini personali precedenti alla sua nomina.
Quante analogie con la situazione attuale, con lo IOR, con l’abdicazione di Benedetto XVI e alla elezione di Francesco I.
Altro tema che accompagna il libro è quello del giornalismo commerciale: non mancano velate critiche al sistema di diffusione delle notizie, che troppo spesso sceglie solo in base alla pessima morale del numero di copie vendute.
La veridicità delle notizie non è più così importante, perché “l’appetito del pubblico è capriccioso” e “bisogna tentarlo con esche variate”, “se le trote sono stanche di zanzare, bisogna provare con le mosche”.
Anche in questo caso quante analogie con la disinformazione odierna, con l’abilità di modificare la comunicazione di certe notizie, con il conflitto di interessi per eccellenza, col problema di un giornalismo scarsamente indipendente.
Nonostante questo libro abbia più di un secolo, per questi e altri aspetti risulta estremamente attuale, con riferimenti che possono aprire parentesi nel mondo moderno. Sembra una conferma del la “teoria dei corsi e dei ricorsi storici” di Giambattista Vico.
Un libro avvincente, imperniato su un personaggio che si potrebbe definire rivoluzionario, intrigante, parzialmente scorretto per un fine superiore e in grado di catturare la nostra simpatia.
Quando arriverete alla fine di questa storia, Adriano VII e la sua stravagante personalità vi saranno stati talmente di compagnia che vi mancheranno.

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