Un anno passato a Torino nel quartiere di Porta Palazzo a due passi dal mercato del Balon, nel cuore del degrado torinese. Fotografie di spacciatori, immigrati clandestini, cittadini albanesi in fuga da strozzini. Un reportage quasi giornalistico, a puntate. Un diario di un viaggio alla Terzani o alla Kapucinsky. Un po’ di tempo prima l’antefatto, nei giardini del Valentino l’autore viene colpito
accidentalmente da uno schizzo di acido volato durante una rissa tra immigrati del Maghreb.
A Porta Palazzo l’autore cercherà di curare le ferite immergendosi nel cuore del problema. Il problema sta tutto lì in fondo, vedere e giudicare e in base a quali parametri farlo. Il primo giorno i due amici che condividono l’avventura, Fiorenzo e Ruben, vengono derubati sotto casa, non male come inizio. Spesso hanno paura ad uscire, ad invitare gli amici. La persona più ragionevole appare un
commerciante della zona, memoria storica del quartiere con idee politiche di estrema destra. I loro vicini di casa sono maghrebini che lavorano duramente e odiano i loro connazionali spacciatori giù in strada.
Poi c’è Antonio che passa le giornate immobile davanti al muro o alla televisione e urla alla moglie il suo amore verso Berlusconi. Eppure questo è un libro, dovrebbe approfondire, invece è una esposizione di sguardi o di statistiche fredde, antirazziste. Si direbbe realismo, ma in fondo è un concorso per aspiranti giornalisti.
Eppure il vero mercato del Balon si tiene ogni venerdì notte, in una via laterale dalle tre alle cinque del mattino. Lì si muovono personaggi che alloggiano le loro mercanzie su coperte alla rinfusa. Ecco si potrebbe partire da lì, dai loro nomi, sapere se accanto a loro c’è un odore particolare, un alito di caffè, un dialetto. Si dovrebbe partire per un romanzo corale di invisibili. Si dovrebbe sapere se in Via Cottolengo gli spacciatori e loro bottiglie rotte usate come arma hanno nomi, storie, età. Altrimenti li si rimanda indietro, facendo invertire le rotte alle navi piene di bambini, anziani, donne in gravidanza, facendosi propaganda tra i bravi cittadini italiani. Anche se in definitiva chi scrive questo libro vorrebbe fare il contrario, come i suoi recensori incontentabili.