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Recensione : Deviltown – Psyco Combat

Deviltown-Psyco Combat // Questo EP mi ha conquistato, piano piano, senza farsene troppo accorgere; è stato un attimo, quasi una folata di vento.


Questo EP mi ha conquistato, piano piano, senza farsene troppo accorgere; è stato un attimo, quasi una folata di vento

“Mommy tell me why, nobody Loves me” cantato a bassa voce, quasi mentalmente, cerebralmente, ripetuto fino allo sfinimento come succede con quelle canzoni dai ritornelli particolarmente azzeccati e dalle strofe che, tanto sono ben fatte, sembrano quasi dei ritornelli.

Seguo questo gruppo dal Lockdown del marzo 2020, periodo durante il quale, su bandcamp, presi a tradimento da una pandemia improvvisa, licenziarono il loro primo album, omonimo, Lo-Fi, garage punk, anche quello dalla scrittura felicissima.

È seguito poi un EP, sempre in digitale, di tre pezzi alla fine dello stesso anno; altro periodo critico se vi ricordate: Come to Daddy, nei suoi tre pezzi, dimostrava già un allontanamento dalle sonorità secche del suo predecessore e si avviava già verso quella disperata vitalità, figlia di Gun Club, X di Los Angeles e dei “nostri” Not Moving, che in questo “Psycho Combat” trova un picco senza (ci auguriamo) possibilità di ritorno:

Black Killer è un punk rock ossessivo, melodico ma cupo, che già dal primo Black!Killer!” entra in circolo nel sangue, come se fosse eroina, e più non ti abbandona: generando tossicità e dipendenza.

It’s Deviltown è più cadenzata ma non meno intrisa di quella contrapposizione vincente tra Eros e Thanatos che segna, come una ferita permanente da ustione, la traccia precedente. Qui il fraseggio di chitarra la fa da padrone e diventa, nella sua geniale semplicità, l’elemento trainante dell’intera composizione.

Just another step in Town è un ritorno all’immediatezza del primo album, con una diversa consapevolezza: un attacco Garage roccioso, spezzato ma aggressivo, introduce all’epico ritornello.

La canzone è immediata, diretta, senza fraseggi né fronzoli, ma tra la disperazione espressa nel cantato e il pathos del ritornello, presenta una scrittura più matura e padrona di sé.

Psycho Combat Communism, proprio come promette il titolo, è un inno, una rielaborazione crampsiana di un coro da manifestazione, all’ultimo sangue, senza tagli, senza censure, contro la celere, con il popolo, per il popolo.

Tutto si chiude con Mommy, pezzo già citato in apertura: perfetto sunto stilistico dell’intero EP, perfetto il ritornello, perfetto l’arrangiamento, perfetto tutto. Una canzone che, ascoltata una volta, entra nel quotidiano, ti fa compagnia, ti riscalda e ti ridona le forze anche quando sembrano ormai smarrite.

“Mommy tell me why, nobody Loves me” già, perché?

Scrivo recensioni per gruppi così, immeritatamente relegati al mondo digitale, gruppi che meriterebbero più attenzioni e più seguito. Scrivo recensioni perché gruppi così meritano decisamente molto di più di una recensione che, tuttavia, può estendere, volendo, il loro giro di contatti.

Questi gruppi mi danno tutta la motivazione di cui ho bisogno; spero di poter fornire loro tutta la motivazione di cui necessitano. Le recensioni, in fin dei conti, servono a questo.

Deviltown-Psyco Combat

 

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