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Belle Anime Porche

Belle Anime Porche: Di Francesca Ferrando. Editore Kowalski. Non essendo né un critico, né uno scrittore mi limito il più delle volte a par...

Belle Anime Porche

Di Francesca Ferrando. Editore Kowalski.

Non essendo né un critico, né uno scrittore mi limito il più delle volte a parlare di libri o film che mi sono piaciuti spiegandone i motivi con l’intenzione dichiarata di favorire la circolazione delle idee, spesso in ambiti sotterranei. Quando qualcosa non corrisponde al mio gusto non me la sento di parlarne, per decenza e per non scimmiottare l’altrui mestiere.
Quindi non dovrei dire nulla di questo romanzo.
Ovvio che in questo caso scelgo l’incoerenza. Spiego da lettore perché non mi è piaciuto. E’ un delirio personale e che nessuno se la prenda. E’ una sorta di lettera all’autrice sperando che nessuno la legga. Soprattutto l’interessata.

Ora a me pare da subito che prenda piede una buona idea. La protagonista è una ragazza di strada che scappa da casa e dalla famiglia e vaga per luoghi non definiti passando per una serie di vicissitudini (avventure?) e alla fine ritorna a casa. Terry incontra varie persone tra cui spicca la figura di Michelle una vagabonda che finirà uccisa e che è un po’ il personaggio che crea la svolta di Terry. La svolta però non so quale sia. Per un romanzo di formazione non c’è male. Ovvio che sono io ad essere poco recettivo. Poi c’è il fantasma di Libertà, che però in Bunuel era un’altra cosa, ovvio. Ora la protagonista che tiene un diario ascolta Vasco Rossi, usa varie droghe, frequenta un ambiente vario, tra spacciatori vecchi e nuovi e va in discoteca all’Impero. Giuro che se ascoltava i Sex Pistols e andava in un centro sociale era molto peggio. Qui l’autrice a mio parere azzecca la descrizione del personaggio, non è scontata e come poeta di periferia Vasco Rossi è imbattibile.
Poi c’è la questione del realismo. Già al cinema avevamo capito che non era esattamente la fotocopia del reale. Per non parlare poi della differenza tra immaginario del reale e immaginazione semplice. Anche in letteratura funzionerà qualcosa di simile, almeno credo. Fino a lambire il problema del linguaggio che si usa. Credo che lo scrivere frasi brevi e secche senza giri difficili si chiami paratassi. Ora so che esiste una differenza tra paratassi e linguaggi da telefonino. Leggendo il libro però qualche dubbio mi ha colto. Forse però va bene così e se mi piacciono i libri degli scrittori accademici e perché sono diventato un po’ reazionario. D’altronde gli insegnanti non capiscono i loro studenti ed è giusto che sia così.
Mi sento un po’ come un giornalista che qualche anno fa commentava negativamente Crash di Cronenberg parlando di lui da giovane a vedere i film di Chaplin. Ovvio che non capiva. Ovvio che non capisco.
Poi c’è un calendario di perversioni e pervertiti che non finisce più. Roba che dopo un po’ te lo aspetti. Si può fare un gioco. Cosa farà ora Terry? Cosa succederà con droga, alcool, sesso, sperma, vomito, stupri, caccole, scorregge?
Si mescola tutto, ovvio, si condisce con Tarantino (o meglio con il Monnezza) e si pubblica non proprio da Feltrinelli ma quasi.
P.S. Si può leggere tutto il libro di un fiato oppure scegliere a caso i capitoli. Ne bastano due o tre, il libro è tutto lì. Credo che almeno questo sia in linea con lo spirito dei tempi.

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