Uno stimolante scambio di opinioni con uno dei migliori musicisti in circolazione sul pianeta: il suo nome è Mick Moss e la sua cretura si chiama Antimatter … buona lettura
iye Ciao Mick. Parto subito con una domanda scontata che, per sua natura, spesso riceve risposte dello stesso tenore, ma ci provo lo stesso: benchè io adori tutti i dischi degli Antimatter, The Judas Table mi appare come il più completo o, quanto meno, quello che più di altri riesce a rappresentare al meglio ogni sfumatura delle tue doti compositive. Qual’è il tuo pensiero al riguardo ?
E’ possibile che tutto appaia molto più completo e meglio incastonato, proprio in seguito al percorso che è stato fatto finora, seguendo la stessa prassi. Folk acustico, classic rock, progressive, grunge, synth pop degli ‘80 e una piccola vena metal sono stati finora i parametri che hanno delineato il metodo compositivo: vale a dire che, nonostante il focus sul genere sia stato costantemente modificato, il processo è rimasto in questi anni identico. Volendo dunque puntualizzare gli aspetti nella loro complessità, sono assolutamente d’accordo sul ritenere The Judas Table un lavoro compatto nel quale si ritrova in egual modo ogni sfumatura artistica e musicale e quindi lontano da ogni precedente tentativo.
iye Da appassionato di doom, soprattutto quello nelle sue forme più emotivamente coinvolgenti (Saturnus su tutti), presentando ad un amico il vostro ultimo disco gli ho detto che, al di fuori di quel genere, gli unici in grado di farmi versare qualche lacrima durante l’ascolto sono proprio gli Antimatter. La sensibilità, la delicatezza che traspare dalle tue note, fotografa del tutto o in parte quello che sei nella vita di tutti i giorni, oppure questi sono lati del tuo carattere che vengono convogliati essenzialmente nella musica ?
Ti dirò che ogni album (e non credo valga esclusivamente per noi Antimatter) non è legato ad una scelta particolare se non a quella che scaturisce dal momento. Nonostante si possa avere una vaga idea strutturale non si può cambiare la mutevolezza creativa propria del processo: pensa infatti a quanto sia bello stupirsi con tutta una serie di sorprese che giungono inattese. L’unica certezza che ho risiede proprio nella sensibilità con la quale compongo i testi delle canzoni. Già l’accompagnamento della chitarra classica per gli arrangiamenti, seppur necessario, è in qualche modo costruito ed ha bisogno di potersi evolvere in modalità non scontate (semmai ricercate).
Quando compongo ho tutto quanto in testa, o per lo meno riesco a prevedere l’intero sviluppo dei brani: Hole, ad esempio, è nata acustica e così è rimasta ma, tutto sommato, senza forzature, si può anche permeare la cristallizzazione di una traccia a patto di non intaccarne la purezza.
iye Non sono l’unico a ritenere la tua voce una delle più evocative e coinvolgenti che ci è dato ascoltare: mi sono sempre chiesto come mai, nei vostri primi due album (Savior e Lights Out), le parti vocali fossero affidate quasi del tutto a delle cantanti. La vostra era una scelta condivisa oppure, in tal senso, era soprattutto Duncan Patterson a spingere in questa direzione ?
La risposta a questa domanda è quanto segue: metà di questo lavoro è stato programmato, scritto e registrato da me, e l’altra metà da lui. Ora, Duncan non è mai stato un cantante, proprio per questo motivo ha dovuto cercare chi potesse interpretare i suoi brani in studio al 100%, e l’essere influenzati da Massive Attack e Portishead portava inevitabilmente alla scelta di alternare una voce maschile a vocalizzi femminili: a lungo andare non si è trattato più di una semplice opzione, semmai di una questione di opportunità (vedi Angelic in Savior).
Planetary Confinement ha rappresentato quello snodo a seguito del quale le scelte successive sono davvero passate in secondo piano mentre, in maniera naturale, la situazione si è evoluta a favore della sua uscita. E lo dico senza fraintendimenti, ma in modo onesto e pacato.
iye A proposito di collaborazioni, la tua partecipazione lo scorso anno allo splendido album degli Sleeping Pulse, con il musicista portoghese Luis Fazendeiro, è stata una gradita sopresa capace di attenuare l’attesa di un nuovo lavoro degli Antimatter: come è stato, per una volta, interpretare brani composti da qualcun altro ?
Questa collaborazione è stata totalmente fuori dal mio controllo, ma mi ha galvanizzato proprio per la sua totale innovazione strutturale: Luis ha scritto la musica ed io i testi con le rispettive melodie vocali, in due sedi diverse e stimolati dalle reciproche influenze, e qualcosa nell’aria ha cominciato a prendere forma senza alcuna interferenza . Ottenute dunque le sue registrazioni ho iniziato a ricamare sul vestito i gioielli funzionali al concept. Tra l’altro non sapevo neppure che Luis fosse fan degli Antimatter fino a quando non ci siamo incontrati e questo ha reso ancora più vivo e intenso lo spirito che ha spinto entrambi ad insossare questo cangiante abito chiamato, paradossalmente, Sleeping Pulse, visto che di dormiente ha ben poco .
iye The Judas Table ha come suo tema portante il tradimento; nella mia recensione ho provato ad accomunare tradito e traditore in una dolorosa sorte comune, specialmente quando quest’ultimo perpetra il suo atto in maniera superficiale senza pensare a tutte le conseguenze distastrose che provocherà, finendo poi per pentirsene amaramente. Ti senti di condividere almeno in parte questa mia visione ecumenica oppure ritieni che la ferita che subisce chi viene tradito sia insanabile e non ci sia spazio per alcuna forma di perdono ?
Da ciò che conosco sommariamente della natura umana c’è, e sempre ci sarà, una necessità di guarigione dal tradimento direttamente proporzionale alla quantità di violenza ricevuta. Personalmente posso perdonare ma non scordare quello che mi è stato fatto, fino a quando non avrò limitato il dolore dimenticando in parte il torto subìto. Ma non sono del tutto sicuro di ragionare con metodo, e rispondere ad una domanda non corrisponde esattamente a come ci si comporterebbe nella realtà: perdonare (e lo faccio quotidianamente …) i miei figli o qualcuno al quale sei legato, ha anche un valore proporzionale di affetto ed il perdono è vero e sentito. Qualcuno che improvvisamente compie un torto rientra in una zona non del tutto franca, nella quale le diverse sfumature del perdono operano in svariati modi ma, senz’altro, dimenticare la gravità di ciò che si è subito è tutt’altro affare.
iye Chi sono i musicisti che ti hanno aiutato ad apparecchiare “The Judas Table” ?
Questa volta ho deciso di coinvolgere i musicisti più che nei precedenti album, per i quali arrivavo già con le partiture da eseguire e addirittura con le registrazioni della drum-machine. Precedentemente ho sempre completato la demo e successivamente affidato ai vari musicisti le rispettive parti. La sezione ritmica è la medesima che si esibisce dal vivo (Liam e Ste, quindi), con l’affiancamento di Jennie che ormai conosco molto bene da anni. Da Planetary Confinement ho recuperato il violino di Rachel Brewster che mi è rimasto impresso per la sua leggerezza mentre, addirittura, per i chorus ho pensato di ricorrere a due chitarre aggiuntive Kevin Dunn (in Black Eyed Man e Integrity) e Dave Hall. Una meravigliosa crew con la quale lavorare assieme, dove ognuno contribuisce con i suoi diversi stili, in grado di creare un arcobaleno di colori inusuali e perfettamente equilibrati per l’album.
iye Pensate di girare un video anche per un brano tratto da The Judas Table? In caso affermativo sono curioso di scoprire quale verrà scelto. L’ideale corrispettivo di Uniformed And Black, secondo me, potrebbe essere Killer, anche se in realtà mi piacerebbe che lo faceste con Can Of Worms (quest’intervista esce dopo che, già da qualche settimana, è stato diffuso in rete il video tratto da Stillborn Empires, nda)
Si ! In effetti c’è una diretta corrispondenza, e non solo per il rimando melodico. Direi anch’io lo stesso per Can of Worms, ma non ho intenzione di inseguire dopo tre anni la stessa magia che si era creata con Uniformed and Black, brano unico nella sua evoluzione e quindi palesemente non riproponibile. Inoltre, anche se ci si proponesse la possibilità di avere una qualche eco radiofonica, non permetterei che l’album venga considerato alla stregua di un greatest hits, per cui preferisco di gran lunga un singolo che non lo sembri affatto e che si riveli accattivante solo dopo qualche ascolto, soprattutto in riferimento ai brani un po’ più catchy. Su questo posso apparire quasi intransigente, ma è necessario per non scendere troppo a compromessi.
iye Ringraziandoti per la disponibilità ti chiedo, infine, se avremo la possibilità di vedere gli Antimatter prossimamente in Italia; ricordo ancora con grande piacere il concerto di Romagnano Sesia del 2013 con i Swallow The Sun, quando ti eri esibito ugualmente benchè fossi reduce da un’operazione: nonostante si vedesse chiaramente che non eri al meglio della forma fisica, il vostro set era stato ugualmente di un’intensità unica.
Ho notato che nelle date già programmate il nostro paese non viene toccato, devo cominciare a preoccuparmi … ?
Abbiamo in mente di ritornare ad esibirci ad aprile con The Judas Tour (part II) in Italia, sperando in 3 date. Di più ora, al momento non posso dirti né sbilanciarmi come vorrei. Spero di certo che alcuni incidenti non ricapitino. Grazie ad ogni modo per le domande fatte!
Domande: Stefano Cavanna
Intervista e traduzione: Enrico Mazzone