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Recensione : Wilderness – I’m Not There

Un disco che non può non emozionare

Wilderness – I’m Not There

Può piacere un disco come questo a chi, come me, si nutre preferibilmente del rock’n’roll basico di Ramones, Mummies, Cramps e compagnia cantante e suonante? Risposta: Assolutamente sì perché i Wilderness sanno essere profondi e malinconici ma hanno altresì gusto per la melodia e sono capaci di costruire canzoni che, pur essendo tendenzialmente “autunnali”, non risultano mai tediose.

Il suono della band si colloca in quello splendido limbo che va dallo shoegaze dei Ride, degli Spacemen 3 e degli Slowdive all’emo-core meno compromissorio di casa Deep Elm alla lezione di gruppi nostrani troppo in fretta dimenticati quali gli Settlefish.

Tra i dodici pezzi che compongono questo album tre si stagliano oltre la media e sono nell’ordine: Weird Boys Don’t Go Sleep un brano davvero emozionante dove l’impasto degli strumenti valorizza oltremodo la voce – forse la canzone italiana più bella che abbia ascoltato in questo primo scorcio del 2019 – All the Rods You See con la sua malinconia elettrica alla Afghan Whigs e October ricca dell’intensità sussurrata e drammatica degli Echo & the Bunnymen.

Ma non fermatevi qui perché è tutto il disco a meritare la nostra e la vostra attenzione.

Dai in fondo anche se mi ergo a rocker duro e puro sono pur sempre un cuore di panna tenero malinconico e con tendenze leopardiane e gruppi come questo di cui vi ho sino ad ora parlato mi emozioneranno sempre.

1) I’m Not Here,
2) Weird Boys Don’t go to Sleep,
3) All the Rods You See,
4) Haiku,
5) For When You Run,
6) The Sea is my Brother,
7) October,
8) Red Ocean,
9) Copenaghen,
10) Youth #2,
11) Bon Voyage Mr.Banana

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