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Recensione : Sottoscala Pandemico#4: Bad Rating

Brutta cosa la solitudine intellettuale. Davvero brutta. Durante queste ferie son stato molto a pensare ad un progetto o, ad ogni modo, qualcosa che abbia un senso finito e ben definito e che si proponga degli obiettivi concreti.

Sottoscala Pandemico#4: Bad Rating

Brutta cosa la solitudine intellettuale.
Davvero brutta.
Durante queste ferie son stato molto a pensare ad un progetto o, ad ogni modo, qualcosa che abbia un senso finito e ben definito e che si proponga degli obiettivi concreti.

Scrivere recensioni sparse e la rubrica “Sottoscala Pandemico” per In Your Eyes mi ha dato delle prospettive; mi ha messo di fronte all’unica verità possibile:

dal nulla non viene nulla, se quel che ti circonda non ti somiglia allora agisci perché inizi ad esserlo.
Vorrei mettere su un’etichetta a basso costo per far uscire il mio gruppo e altre piccole realtà della zona da cui provengo, organizzare dei concerti qui in zona, contribuire a fare tornare la filosofia DIY qui in provincia: sono anni che è scomparsa e, detto fra noi, mi sento davvero solo.

Poi mi scrive Danny della Bad Rating per il quarto capitolo di Sottoscala Pandemico

“Qui in Texas c’è un sacco di musica e roba correlata all’arte, volendo parlare più in generale, che è veramente una bomba ed è, per fortuna, sempre stato così; l’unica cosa negativa è che non ci sono in giro molte etichette o collettivi che cerchino di unire gli artisti indipendenti e metterli in relazione tra loro; insomma, dare loro uno spazio di confronto ed espressione”

Proprio vero, è quello che vorrei fare anch’io qui tra Pisa e provincia: esistono delle realtà, qualcuna anche piuttosto consistente, ma appaiono slegate tra loro.
Il fatto che, comunque, anche in uno stato enorme come il Texas ci sia lo stesso tipo di problematiche da un lato mi sconforta e da un altro invece no.
Mi sconforta perché pensavo che negli Stati Uniti certe cose fossero più radicate e andassero già da sé: se anche lì la struttura si è inceppata, come posso riuscire io a farlo qui, in un contesto provinciale e, diciamocelo pure, con dei picchi di ottusità inimmaginifici?

Mi conforta invece sapere che Danny è solo come me, non si dà per vinto e manda avanti il suo progetto e il suo ideale non curandosi degli ostacoli

“Se da queste parti ti metti in testa di mettere in piedi un’etichetta, sembra quasi che ci siano più realtà all’esterno di questo contesto che al suo interno; di per sé non è una cosa malvagia, anzi, ma il mio obiettivo primario era prendermi cura un’etichetta che associasse tutti gli artisti e i circuiti della zona, mettere le basi per un processo di impollinazione e lasciare che il tutto fiorisca per divenire quello che abitualmente viene chiamato Scena Musicale.

In pratica il mio intento era mettere su un’etichetta per fare uscire e circolare chi vive qui, stabilire connessioni, fare nascere amicizie. Tutto su base locale ma proiettato verso il resto del mondo”

Questo discorso mi piace, mi piace un sacco: mi ricorda Kroptokin, Ferrer, Goldman ma anche Bauman… gestire il piccolo per comunicare con altre realtà altrettanto piccole ma distanti: creare un ponte ideologico-artistico tra conterranei per crearne di infiniti con altre piccole comunità ideologicamente ed artisticamente simili sparse per il mondo.

“La mia prima uscita, per questo motivo, sono stati i Bobo! Mi chiesero di disegnare la copertina per la loro prima demo e, mentre ero lì che mi immaginavo come farla, l’immaginazione si è spinta ben oltre il foglio bianco e ho realizzato che, oltre alla grafica, potevo rendere il tutto più completo se avessi fondato io un’etichetta e l’avessi fatta uscire proprio io!”

Il senso profondo di una Scena è proprio questo in fin dei conti: un movimento sotterraneo composto da persone che si ispirano a vicenda e ogni giorno creano una realtà sempre più solida e, in quanto tale, sempre più autonoma dal resto del mondo.

“Per quanto riguarda l’essere indipendenti secondo una logica DIY, credo che sia una pratica liberatoria: la piena consapevolezza di poter fare quel che vuoi della tua arte; questo magari può suonare come un cliché ma credo che sia piuttosto rappresentativo di quanto, quello che carichiamo sul Bandcamp, sia testimone di un’urgenza creativa che accomuna me e i gruppi che faccio uscire. Sono sempre emozionato ad ogni uscita perché rappresenta una mia scelta, un mio desiderio ben preciso, senza tenere conto del suo potenziale di vendita. Solo il mio gusto personale. Che poi alla gente potesse piacere così tanto è una cosa che mi ha piacevolmente sorpreso!”

Questo non suona come un cliché, il DIY non è mai un cliché: è improvvisazione, poetica, artigianato, comunicazione, espressione, impressione, voluttà, desiderio, Eros e Thanatos, solidità, disgregazione, costruzione e decostruzione. Tutto insieme e nel solito momento.

No, non è un cliché, come, per niente guidate dai cliché, sono le uscite della Bad Rating: in effetti, per quanto sia esiguo il numero delle uscite (5 in tutto) la prima cosa che salta all’orecchio, ma soprattutto al cervello, è la complessità e la varietà della proposta in quanto a riferimenti ed espedienti stilistici (anche in un solo singolo disco); c’è una sorta di regola né declamata e né tantomeno scritta che pare unire questi 5 dischi: 

Tutto è riconducibile al punk e, in virtù di questo, facciamo un po’ come ci pare

Bobo“Demo” (Gennaio 2021): se inizialmente, con Relevant, pare di trovarsi di fronte a degli ammiratori di quella gemma post punk che son stati i Suburban Lawns (garage passato attraverso gli ingranaggi dei Devo, voce distante ed annoiata) i Bobo ci sorprendono con interruzioni improvvise, dialoghi da sala prove rimaneggiati con effetti vocali, incursioni violente nell’hardcore. Solo tre canzoni per un’esperienza al fulmicotone

Borky “Homo Economicus” (Febbraio 2021): si inizia con un feedback di chitarra “ecco un classico attacco hardcore” pensi subito e in effetti così è: il riffing è inconfondibilmente hc, ma la voce, robotica e inumana, depista. La canzone si interrompe di colpo per lasciare il passo ad una sorta di inno da moshpit, disturbato di continuo dalla solita voce da automa…si arriva a No America e i riferimenti hc scompaiono per un punk rock cantilenante e sostenuto. Si riparte hc con Shopping ma la struttura hc viene subito stroncata da una chitarra quasi free form, da dei rumorismi di fondo e una voce al limite col demenziale. Grosso modo il disco procede così fino in fondo al punto di farti pensare che la volontà dietro di esso fosse più una parodia del genere hc che altro…a certo machismo presente ai concerti, ai poserismi deleteri. I Black Flag dei giorni nostri.

Suty “Demo” (Marzo 2021): Danny è stato il primo ad accorgersi della Syf (etichetta ceca che ha inaugurato i Sottoscala Pandemico) ed è stato il primo a dare un supporto fisico a uno dei loro gruppi: i Suty. Fa piacere vedere che, grazie a Bandcamp, l’internazionalismo stia tornando in voga (se non altro in musica e solo in certi ambienti…ma è comunque un inizio)

Hotmom “Blue White Pink all Over” (Giugno 2021): punk rock veloce, voce alla Warm Bodies e satira e dileggio per gli USA, la sua bandiera, i suoi valori, il suo attaccamento al patriarcato. Epocale, in tal senso, il pezzo “white” vera e proprio sberleffo all’inno americano. Forse la migliore uscita dell’etichetta fino ad adesso

Chokey “Chokey” (Luglio 2021): annunciati come “la New Wave del Goth da froci” (i Chokey sono un gruppo dichiaratamente Queer) o come degli stalker di Christian Death e Crucifucks, dei primi conservano il cantato alla Rozz Williams e le atmosfere decadenti alla Rikk Agnew, dei secondi l’attitudine politica e la passione per gli affondi punk rock dissonanti ed urticanti. Se la giocano con gli Hotmom per il titolo di migliore uscita dell’etichetta e forse vincono pure.



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