L’occasione era troppo ghiotta perché Inyoureyes se la lasciasse scappare.
Infatti questa compila uscita pochi giorni fa grazie ad una joint venture tra Area Pirata e Surfin’ki documentante la scena punk rock e garage punk romana rappresenta una delle cose più importanti partorite dall’underground italico in questo primo scorcio del 2020. “14 in un 33 la pala ha trovato la merda”.
E’ con questa affermazione a meta tra il pasoliniano ed il primo volume di Back from the Grave che Simone, insieme a Lorenzo il curatore ed il paziente assemblatore di questa raccolta, sintetizza (ottimamente) il senso dell’operazione.
Ora anche Roma ladrona (quanto ci manchi Umberto torna tra i giovani ancora come un novello Don Bosco) ha il suo Killed by Death. Ho in casa ed ho in vita mia ascoltato una miriade di compile e tante, troppe, avevano ed hanno una tragica similitudine; quella di voler essere troppo inclusive. Se questo permette di dare spazio a quante più realtà possibili troppo spesso va a discapito della loro qualità.
Con Rock These Ancient Ruins si è invece dato vita ad un disco la cui qualità è indubbiamente tendente verso l’alto. Certo per farlo i compilatori avranno certamente operato una netta, e per certi versi dolorosa, selezione e magari si saranno pure attirati qualche antipatia ma – a parere di chi scrive – in certi casi una certa scrematura è assolutamente necessaria per poter dare alle stampe un prodotto di pregio. Bene vi ho rubato fin troppo spazio e quindi via al botta e risposta sperando che diventi presto un vis a vis con Simone e Lorenzo.
1) Ciao ragazzi, ovvio cominciare con una domanda di prammatica: cosa vi ha spinto a realizzare un progetto del genere? Quanto tempo ha richiesto e quanto sforzo avete dovuto profondere per metterlo in piedi?
Lorenzo: Qualche tempo fa mi ritrovavo a fare una considerazione: la scena hardcore punk romana, che ho contribuito a far nascere con i miei Bloody Riot, insieme con gli Shotgun Solution del mio grande amico Valter Veltre, dopo più di 30 anni non solo è ancora viva e vegeta, ma è ben rappresentata da decine di band, ed è una fucina di iniziative, concerti, festival: “Questa è Roma”, le altre serate organizzate dal Teschio e dal Marinaio, i live al 360 Gradi e tanto altro ancora. Mi sono ritrovato a considerare con una certa invidia la vitalità della suddetta scena, e questo mi ha fatto riflettere. Dovevamo fare qualcosa per compattare e far diventare “scena” anche tutti quei gruppi che suonano un certo tipo di rock’n’roll ruvido ed energico, dal punk’n’roll al garage rock, dal glam a tutte le forme musicali affini, cercando di organizzare qualcosa per mettere queste potenzialità in rete, e così è nato – nell’estate del 2017 – il primo RAW ROCK’N’ROLL One Day Festival, ideato dal sottoscritto in collaborazione col mio amico Simone Lucciola (Blood ’77, Gioventù Bruciata, nonché curatore della storica webzine Lamette).
Lo abbiamo organizzato al Forte Prenestino, abbiamo messo su una serata con 6 band, e le risposte sono state ultra positive. L’estate successiva, nell’agosto 2018, abbiamo bissato, tenendo il secondo minifestival all’Ex SNIA, perché pensavamo di renderlo itinerante, cambiando location di anno in anno. La seconda edizione ha ricevuto a sua volta buoni riscontri, anche se forse ci ha fatto considerare che una location fissa – idealmente, il Forte – ci avrebbe permesso di sviluppare meglio le potenzialità dell’evento.
Da queste due occasioni è germogliata l’idea, arrivataci direttamente sotto proposta di alcune delle band che avevano partecipato: “A regà, ma perché nun famo anche una compilation?”.
Mettere su vinile, come testimonianza destinata a durare nel tempo, le varie band della scena Raw Rock’n’Roll, poteva essere una buona cosa, considerando che non si faceva oramai da più di vent’anni. Io e Simone ci siamo guardati e ci siamo detti: “Se non si fa dagli anni ’90, o è un’idea folle, irrealizzabile in questi tempi di musica liquida e di playlist, o è un’idea geniale. In tutti e due i casi siamo le persone giuste, quindi facciamolo!”.
Se per il festival avevamo organizzato tutto in duo, in questo caso ci serviva una mano. Io ho tirato dentro il mio vecchio amico Alex Vargiu (basso nei Bloody Riot quando suonavamo insieme, in seguito cantante-chitarrista nonché leader di Bingo e poi Dissuaders). Gli ho chiesto di darmi un suo inedito per la comp. E soprattutto, di occuparsi, in team con Daniela dei Plutonium Baby, di tutto ciò che riguardasse l’artwork del disco: copertina, retrocopertina e inner sleeve.
I due si sono presi così bene che non solo hanno realizzato un artwork fantastico, ma ci hanno consegnato un brano in più, a sorpresa. Un pezzo di Ale a nome Alex Dissuader, uno da parte di Daniela con i suoi Plutonium Baby, e un terzo brano in collaborazione: la nuova band si chiama Queen Kong, e vede Alex e Daniela insieme a Carlo Panta alla batteria.
Mentre passavano i mesi cercando di farci consegnare i brani da tutte le band che Simone stava contattando, ho scritto un pezzo concepito apposta per essere la title track dell’album: “Rock these ancient ruins”, in cui invito le altre band, citandone anche alcune, a scuotere queste cazzo di rovine e a risvegliare questa nostra città sonnolenta. Un po’ una dichiarazione d’intenti, che dava il senso di tutta l’operazione. L’ho arrangiata e registrata con i miei Wendy?!, e adesso il tutto cominciava a prendere forma. Avevamo un titolo, un artwork e una lista di band e di brani. Per risolvere il problema di alcune defezioni, ci siamo affidati alle nostre conoscenze e alla nostra inventiva. Ad esempio, ho chiesto ai miei vecchi amici Cyclone, altra band proveniente dagli ’80, se avessero un brano da darci, visto che li avevo appena rivisti in azione dal vivo per la ristampa del trentennale del loro primo album.
La ciliegina sulla torta, infine, è venuta da sé. Ho pensato di far ascoltare i brani, mixati ma non ancora masterizzati, a Federico Guglielmi: forse il maggior esperto di rock’n’roll prodotto in Italia, di sicuro su quello made in Roma. Oltre ad essere un amico e un ottimo giornalista, Federico è un entusiasta per natura, e si è appassionato al progetto tanto da offrirsi di scriverne la nota critica: è stata forse la prima prova, in ordine cronologico, che il nostro lavoro stava andando nella giusta direzione.
2) La compila non può aver coperto indubbiamente l’intera scena romana: qualche rimpianto per l’esclusione, o la mancata partecipazione, di altre band?
Simone: Indubbiamente sì, perché da un lato ci sarebbe stato il desiderio di mettere insieme un’operazione il più possibile filologica ed onnicomprensiva, e dall’altro ci siamo resi conto che una compilation del genere era realizzabile soltanto a botta calda, e che la scaletta andava “cotta e magnata” in un paio di mesi al massimo: anche in considerazione del fatto che i gruppi punk hanno spesso poca… decorrenza, per dirla con gli Squallor.
Sono così rimaste fuori alcune band della capitale e dintorni che avrebbero potuto o dovuto esserci, e alcune individualità forti che tanto hanno contribuito e continuano a contribuire alla sacrosanta causa del punk/rock’n’roll. Per quanto riguarda le prime, semplicemente è capitato che non avessero pezzi inediti e/o soldi per registrarli e/o voglia di apparire con un pezzo già uscito altrove, e/o, forse, voglia di apparire tout court; mentre per quanto riguarda le seconde, dove non ci sono è perché non erano al momento bandamunite. Se poi abbiamo dimenticato qualcuno, cogliamo l’occasione per scusarci. Siamo degli ottimi conoscitori di questa realtà, ma non ne siamo il Bignami.
3) Il rock’n’roll è diventato anche da voi una questione per “grandi” oppure vi è un ricambio generazionale? Avete nuove band da segnalarci?
Simone: Non credo che sia una questione che non riguardi più gli sporchi giovani, ma il dato è che i componenti delle band incluse in “Rock these ancient ruins – Mamma Roma’s kids” sono quasi tutti compresi in una fascia d’età che spazia impietosamente dai 35 ai 55 anni, il che ci rende comunque transgenerazionali a cazzi nostri, e ci fa abbracciare almeno tre decadi di punk italiano. Si capisce che provo a metterci una pezza a colori?
Scherzi a parte, non appena sarà possibile tornare a vedere concerti (ci auguriamo presto, con un ottimismo alla Tonino Guerra), saremo in giro sotto i palchi con i radar accesi, alla ricerca di nuova germinazione spontanea che ci motivi a dare un seguito qualsiasi a questo tortiglione. E stavolta confidiamo negli under 30, così come nei grandi esclusi. Le nuove band te le segnaleremo presto.
4) Come è nata la collaborazione con Area Pirata e Surfin’ Ki, le due etichette regine del garage-punk in Italia?
Lorenzo: Abbiamo provato con varie etichette, a cominciare da quelle con base a Roma. Pensavamo che, trattandosi di un lavoro che documenta la scena romana, avremmo trovato una risposta più interessata proprio dalle etichette della capitale. Invece purtroppo abbiamo ricevuto un sacco di risposte tipo “è un prodotto di nicchia, il vinile costa un sacco di soldi, non sono tempi adatti, etc. etc.”.
Allora abbiamo provato ad allargare il raggio, e i feedback migliori sono arrivati da Tiziano e Jacopo di Area Pirata. Poi loro si sono preoccupati di tirare dentro anche Carlo di Surfin’ Ki, e a quel punto, quando avevamo due etichette disposte a collaborare, con noi promotori come terzi coproduttori, siamo partiti. Ci dispiace che qualche etichetta romana abbia perso l’occasione. Guardando le recensioni fantastiche che stanno uscendo, forse avrebbero potuto anche rischiare qualcosa in più…
Simone: Sono in contatto con Tiziano dai tempi di Lamette, e ho sempre ammirato il lavoro di Area Pirata (che tra l’altro si era già occupata dei miei Blood ’77 e dei Plutonium Baby di Daniela e Fil), sia per la cura impeccabile con cui costruisce un catalogo eccezionale e mai settario, che per la passione e l’eleganza con cui si dedica alla promozione. Sono della vecchia scuola, affidabili e mai sbrigativi, e se c’è una cosa che mi sta profondamente sulle palle è proporre un disco a qualcuno che il più delle volte ti liquida in due minuti senza manco prendersi la briga di ascoltarlo. Tiziano, come speravo, ha sentito il master e si è entusiasmato: di un entusiasmo che, perdio, si percepiva al telefono! Poi ha passato la palla a Jacopo, quindi a Carlo… e ancor prima che l’artwork definitivo fosse chiuso era a Roma con noi davanti a una birra, a definire con precisione ogni dettaglio. Tra amici, come tra amici tutto il progetto è nato.
5) Come mai è stato scelto di far uscire il disco nel solo formato vinilico?
Lorenzo: Quella del vinile è stata una scelta estetico-filosofica che ci è arrivata netta e chiara fin dall’inizio, proprio da alcuni dei musicisti protagonisti, e noi ideatori siamo stati d’accordo subito. Se avessimo deciso che ci andava bene anche il CD, probabilmente avremmo trovato maggiori risposte anche dalle etichette consultate, ma guardando il prodotto finito, è stato giusto così; un lavoro di questo tipo non meritava di essere sacrificato, abbiamo una cover fantastica che merita l’album in vinile.
6) La copertina è parte integrante di un album, spiegateci com’è nata l’idea per quella – bellissima – di questo disco…
Simone: Cercavamo qualcosa che rappresentasse Roma, lo spirito di questa città. Forse anche quella convivialità prorompente, diretta, quasi invadente che lo caratterizza. Ne parlavamo e ne riparlavamo. Abbiamo stangato subito eventuali Colossei, e le anticaglie in genere: oltre che brutta, sarebbe stata una soluzione troppo telefonata, ridondante rispetto al titolo della raccolta, e con un retrogusto forse pure un po’ reazionario. A questo punto avevamo già dissodato il terreno, e tra me, Lorenzo, Alex e Daniela, ognuno aveva un qualche suo flash. Il mio era un Franco Citti nei panni di Accattone, intento a buttarsi nel Tevere per scommessa come nel film di Pasolini, ma con una folla di punk con le braccia alzate ad attenderlo sotto il ponte, a mo’ di stage diving. Idea irrealizzabile nel formato e magari troppo thrashmetallara. Poi Daniela e Alex hanno fatto il miracolo da soli, mettendo in piedi una jam session il cui risultato sembra uno di quei collage delle avanguardie storiche, realizzato però con i pennarelli e il computer invece che con colla e forbici. Ed è totalmente azzeccato, completamente a tema con quello che volevamo esprimere.
Sul fronte, questa Anna Magnani che è il simbolo di Roma al cinema e di Roma città del cinema, che Daniela ha voluto rappresentare con una scrofa al guinzaglio (unico apporto grafico del sottoscritto, reso poi setoloso a posteriori): è la lupa capitolina punk, non c’è dubbio. E sullo sfondo, il gazometro dell’Ostiense, sacchi di monnezza e voli di gabbiani. La stessa monnezza che invade la città, i gabbiani mutanti che della monnezza si cibano – in trepidante attesa delle carcasse di noi umani – e che intanto sono diventati grossi come aquile, e sono i veri padroni dei cieli.
Sul retro, poi, c’è davvero Franco Citti “Accattone”, disegnato magistralmente da Alex, che fruga in un secchione a pedale alla ricerca di ghiottonerie che qualche borghese satollo ha buttato: una scena che potete vedere H24 per le strade postatomiche della metropoli, tanto di notte quanto, candidamente, alla luce del giorno. Presente le Cronache del dopobomba di Bonvi? E poi, perché vergognarsi di avere fame?
7) Vi sentireste di incoraggiare qualcuno a fare la stessa operazione per altre scene?
Lorenzo: Assolutamente sì. Se una volta il motto era “supporta la tua scena”, adesso potemmo aggiornarlo in “DOCUMENTA LA TUA SCENA”. Diventate tutti COMPILATORS, come Simone e il sottoscritto!
8) In Your Eyes è una webzine, e prima è stata una fanzine cartacea. Parlateci del vostro rapporto con tali realtà. Possiamo nutrire delle speranze di rivedere in futuro quella cosa bellissima che era Lamette?
Lorenzo: Il mio rapporto con le fanzine è un po’ frammentario: ricordo benissimo la stagione di quelle cartacee, e TVOR di Stiv era sicuramente la migliore, anche dal punto di vista puramente grafico-estetico. A Roma ce ne sono state diverse: in particolare, citerei Roma Brucia di Bruno Consoli e Straight Edge di Marco Lupacchini. Tutte sono state importanti per la crescita della scena, e alcune diedero una mano ai Bloody Riot per farsi conoscere. L’appello “Fate uscire questo disco!”, rivolto dalle pagine di TVOR ai discografici indipendenti italiani – nella recensione dei master dell’album “Bloody Riot” – sbloccò di fatto una situazione che rischiava di compromettere l’uscita del disco. Ancora adesso, dopo tutti questi anni, voglio mandare un ringraziamento a Stiv Valli.
Con le webzine, sto approfondendo solo da qualche tempo, da quando sono tornato alla musica attiva con i miei Wendy?!; la prima stagione online me la sono un po’ persa, e la sto recuperando adesso.
Simone: Ho ancora i miei faldoni ripieni di fanzine cartacee degli anni Novanta e Duemila, e c’è anche qualche vecchio numero di In Your Eyes, che con Lamette può – modestamente – rivendicare il suo ruolo pionieristico nel passaggio punk dalla carta (stampata, ciclostilata, fotocopiata) alla rete, ma escludo abbastanza un ritorno in attività del webmagazine che fu.
Lamette.it al momento è una nave pirata fantasma, che affonda e riemerge dai telematici flutti a seconda dei capricci del server, e il suo programmatore è fuggito nell’Oriente misterioso, mentre io sono un punk ultraquarantenne alle prese con le miserie della sussistenza quotidiana. Fiancheggio dove e come posso, ma non avrei più tempo e modo di seguire in maniera dettagliata tutta la discografia italiana di genere, e mi troverei immancabilmente a deludere le aspettative di chi mi chiede una recensione.
Ai tempi di Lamette mi arrivava a casa con la posta una media di dieci dischi a settimana, e ne scrivevo con costanza ogni santo giorno, passando altrettante ore a rispondere alle mail dei gruppi, delle etichette, dei lettori, di chi voleva informazioni su un concerto o continuava a chiedermi di organizzargliene uno, per quel breve periodo che sono stato anche “localaro”. Da questo punto di vista, mi sa che ho dato. E preso, anche, perché sono stati degli anni bellissimi in cui mi sentivo re delle mie passioni e parte di qualcosa di seminale.
Meno archiviato, invece, è il discorso che riguarda Lamette Comics, visto che è appena uscita la ristampa integrale con bonus tracks della nostra “Guida illustrata al frastuono più atroce”, e che ho iniziato questo sfortunato 2020 presentandola in giro per l’Italia con il mio storico amico e socio Rocco Lombardi, e con Riccardo Rottaro e Pietro Theroux di In Your Face Comix. Agli incontri c’è stata complessivamente tantissima gente, in particolare al Buscaglione di Padova dove erano compresenti almeno quindici fumettisti tra i nostri massimi, e non si riusciva a camminare per l’affluenza di pubblico bevente. Con una risposta del genere, è abbastanza ovvio che faremo ancora qualcosa: quasi certamente un lavoro antologico ex novo.
9) Vi va di parlarci delle vostre band? Progetti futuri (a parte il nuovo 7” dei Gioventù Bruciata)?
Lorenzo: Con i Wendy?! stiamo lavorando a nuovi brani già da un po’. L’ultimo album, “Idols and gods”, risale al 2017. Se finirà questo strazio e si potrà tornare a suonare dal vivo, organizzeremo la terza edizione del RAW ROCK’N’ROLL, durante la quale presenteremo dal vivo la compilation, e poi programmeremo delle sessions di registrazione. Non vediamo l’ora di registrare i pezzi nuovi perché sono una bomba!
Simone: Blood ’77 avrebbe abbastanza materiale per un nuovo 7”, di cui stiamo valutando l’incisione e la produzione, e Gioventù Bruciata inizia a ragionare adesso su qualche canzone nuova. Magari, ora che siamo a casa al 41-bis ci scatta la molla creativa: per adesso poca roba, ma temo che nell’attesa di un eventuale futuro, la mia Moleskine – sempre sul comodino a portata di mano – potrebbe avere il tempo di riempirsi di testi al punto da averne per un Lp intero su entrambi i fronti.
10) La decima domanda è di prammatica come la prima: date quindi libero sfogo ai vostri istinti più turpi e diteci qualsiasi cosa non vi abbiamo chiesto.
Lorenzo: Do sfogo ai miei istinti come da vostro suggerimento, e vi saluto con un:
Daje Roma Daje e Viva la fregna!
Simone: Non mi hai chiesto uno slogan pubblicitario. Eccolo:
14 in un 33: la pala ha trovato la merda!
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