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Report: 30 Aprile 2009: Ex Albergo Regina, Milano

Report: 30 Aprile 2009: Ex Albergo Regina, Milano: I giornali non ne hanno parlato granché: tre righe Repubblica il giorno prima, 5 righe il Corriere della Sera il giorno ...

Report: 30 Aprile 2009: Ex Albergo Regina, Milano

I giornali non ne hanno parlato granché: tre righe Repubblica il giorno prima, 5 righe il Corriere della Sera il giorno dopo. Non eravamo nemmeno tantissimi il 30 aprile scorso davanti all’ingresso dell’ex Albergo Regina, in via Santa Margherita 16, a Milano. Quell’albergo dal 13 settembre 1943 al 30 aprile 1945 è stato il quartier generale delle SS a Milano, uno dei mattatoi in cui tortura, detenzione, assassinio e avviamento ai campi di sterminio di antifascisti, partigiani ed esseri umani erano la regola comportamentale dei nazisti e degli ossequiosi fascisti che a quell’albergo requisito facevano riferimento, come a Villa Triste o a Via Rovello, sempre a Milano.

Non eravamo neanche pochissimi se a testimoniare, dopo 64 anni dalla sua liberazione, eravamo almeno in 200, abbastanza per bloccare il traffico su via Santa Margherita, tanto che abbiamo deciso di spostarci in un angolo meno trafficato, quello con via Silvio Pellico, dove al numero 7 era l’ingresso secondario del Regina. Intanto Giovanni Rubino, archeologo del presente, animava con la sua attività la scena, ricalcando su carta con matitoni e carboncini (frottage) il testo “Via Santa Margherita 16”, e scriveva sull’asfalto con lo spray parole di memoria.

Trovate allegato l’invito anche l’invito ad una sua mostra che vi consiglio di non perdere. La perderò io, che sarò in quei giorni lontano da Milano, e me ne dispiace molto.
Lo vedete insieme a me, a Manfredi Palmeri e Liliana Segre nelle poche cose che sono state pubblicate nel web:

http://milano.corriere.it/milano/foto_del_giorno/09_aprile_30/targa-1501311581582.shtml

e in

http://tinyurl.com/d2b98k

Eravamo lì insieme ad ANPI, ANED, ANPIA, CDEC, Fondazione per il Memoriale della Shoah, ex Deportati, Associazione Figli della Shoah, Comunità Ebraica Milanese, e tanti cittadini, per consegnare a Manfredi Palmeri, Presidente del Consiglio Comunale di Milano, in forma pubblica, ufficiale, le 1800 firme che abbiamo raccolto perché almeno una lapide venga apposta su quei muri testimoni di atrocità indicibili.
E’ stata una cerimonia commossa, ma priva di accenni retorici, e rigorosa nelle intenzioni, che bene sono state intese da Manfredi Palmeri, il quale ha affermato pubblicamente e ufficialmente la sua condivisione della nostra richiesta, e la ferma volontà di dare seguito positivo ad essa perché la memoria di quel luogo non vada perduta. Abbiamo fatto insieme cenno alla realizzazione di una mostra fotografica con immagini del tempo e a un volume dedicato alla vicenda dell’Albergo Regina occupato. Di questi argomenti si è già occupato in maniera eccellente il documentario di Vera Paggi e Micaela Nason trasmesso più volte il 25 Aprile scorso su RaiNews24.

Tali affermazioni Manfredi Palmeri le ha pronunciate di fronte alle associazioni e alla comunità civile presente, ma soprattutto di fronte a ex deportati e a parenti e discendenti di persone che dall’Albergo Regina erano transitate tra il ’43 e il ’45. Le sue parole comunque fanno seguito a numerosi precedenti impegni assunti direttamente con noi proponenti la petizione e trovano conferma morale nella sua attività in difesa della memoria e esplicitamente antifascista. Lo riconosco, e gliene rendo merito, nonostante la reciproca distanza politica.

Chapeau! Ce ne fossero di avversari politici di questa fatta! Credo proprio che il 30 aprile del 2010, 65° Anniversario della definitiva resa dell’ultimo nucleo nazista di Milano ai partigiani, e quindi agli alleati, ci ritroveremo in quell’angolo di strada per ricordare ancora, e per scoprire la lapide, e porvi una corona d’alloro, e la nostra volontà di non dimenticare, non fine a se stessa ma finalizzata alla costruzione del presente e del futuro, alla riaffermazione dei valori della Costituzione e alla sua applicazione nella vita civile del nostro Paese.
Di un’altra lapide ci si dovrà occupare: quella del carcere di San Vittore. Lì la lapide c’è, ma non si legge più, corrosa dal tempo, dal bel tempo e dal maltempo. Da un’amica dell’ANPI viene la sollecitazione ad occuparcene.

Vi terrò informati, se lo vorrete ancora.

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