iye-logo-light-1-250x250
Webzine dal 1999
Cerca
Close this search box.

Recensione : Purity Ring – Shrines

Purity Ring - Shrines: Dietro ai Purity Ring si nascondono Corin Roddick e Megan James, duo canadese tornato indietro nel tempo da un futuro re...

Dietro ai Purity Ring si nascondono Corin Roddick e Megan James, duo canadese tornato indietro nel tempo da un futuro remoto per proporci il loro debutto Shrines, sotto 4AD. I due si erano già fatti notare lo scorso anno grazie ai due singoli “Ungirthed” e “Lofticries”, passati e ripassati sulle testate principali della scena internazionale e che gli hanno fatto guadagnare un tour con Neon Indian. Inevitabilmente, tutto ciò ha sollevato gli inevitabili amori o odii senza sfumature intermedie.

Al contrario dei nemici giurati del da sempre cruccio dei più tradizionalisti, il famigerato ‘hype’, “Shrines” risulterà cosa gradita ai cultori di quell’indie-pop ibrido, basato su sonorità prese sopratutto dal mondo della musica pop più delicata – scremandone gli episodi migliori – ma innestato anche da suggestioni elettroniche, pur continuando a suonare differentemente da quanto negli ultimi anni è sempre finito sotto la dicitura electro-pop. Per rendere l’idea, si avvicina, tra le uscite 2012, a un altro debutto che ha ossessionato molti e che condivide le stesse premesse di base, quello della – anch’essa canadese – Grimes.

Quasi tutte le tracce in scaletta sembrano seguire lo stesso spirito ed essere il frutto dello stesso processo creativo: di base si percepiscono chiaramente tracce delicate e tintinnanti, in cui la voce si fa eterea e sognante, che potrebbero benissimo essere la creazione di una romantica aspirante popstar di uno dei due X Factor anglofoni. A questo materiale grezzo di fondo è aggiunta poi tutta una serie di effetti e orpelli elettronici vari che trasformano le altrimenti noiose e stereotipate atmosfere pop in un qualcosa di coinvolgente e tipicamente figlio degli ultimissimi anni che stiamo vivendo.

Chi più chi meno, tutte le tracce in scaletta sembrano nascere come singoli o aspirare ad essere tali: non ci sono intro, pause o intermezzi ma una serie di tracce immediate e coinvolgenti. La visione d’insieme è chiara ed omogenea ma le sfumature non mancano, date per lo più variando il repertorio di effetti elettronici. Si passa dunque dalle immancabili atmosfere anni ’80 (soprattutto nella doppietta iniziale “Crawlersout” e “Fireshrine”), passando per suggestioni più scure a base di cori gutturali dal tono cupo a sostituire spesso i bassi (“Obedear”, “Lofticries”, “Anenamy”) fino a synth leggerissimi, in cui si ha l’impressione che il gruppo stia in realtà suonando giocattoli (“Belispeak”, “Ungirthed”, “Saltkin”).

In un disco come questo stabilire un gerarchia precisa, che possa individuare i momenti migliori o peggiori, diventa questione di preferenze personali. I singoli oggettivamente più robusti e riusciti sembrano essere – a parte i due già citati all’inizio – “Crawlersout” e “Belispeak” mentre difficilmente “Cartographist” o “Shuck” potranno suscitare molto entusiasmo. Un discorso a parte lo merita uno dei momenti più interessanti del disco, “Grandloves”: ai più distratti potrà suonare come una traccia come le altre, magari un po’ diversa per la voce maschile a mettere in secondo piano quella di Megan, ma gli ascoltatori più attenti avranno avuto un piccolo tuffo al cuore nel ritrovare il ritornello di uno dei singoli più belli usciti fin’ora (solo un piccolo grande indizio: Young Magic)

Nel complesso il disco potrebbe essere l’equivalente musicale di un collage d’autore. Il gruppo però non si limita a ritagliare e cucire insieme le diverse sonorità per comporre trame musicali dal taglio fresco e anti-convenzionale – in cui gli azzardi non mancano e non si risolvono sempre del tutto armoniosamente – ma confeziona e cura nel dettaglio tutti i vari strati musicali, molto diversi tra loro ma altamente funzionali alla visione d’insieme, senza abbassarsi a scopiazzature o ‘già sentito’ vari.

A tratti, si ha quasi l’impressione che i Purity Ring abbiano creato il remix di un loro segreto esordio pop, virando completamente su sonorità decisamente più originali e spingendosi su sentieri poi non così battuti – anche se dalla popolarità in forte crescita. Il risultato non è sempre del tutto perfetto e qualche stonatura qua e là la si può ancora percepire ma, nel complesso, hanno sicuramente dato una bella prova di originalità e freschezza con un disco omogeneo ma versatile, che promette di lasciarsi ascoltare fino all’ossesione.

TRACKLIST
1. Crawlersout
2. Fineshrine
3. Ungirthed
4. Amenamy
5. Grandloves
6. Cartographist
7. Belispeak
8. Saltkin
9. Obedear
10. Lofticries
11. Shuck

Purity Ring

Get The Latest Updates

Subscribe To Our Weekly Newsletter

No spam, notifications only about new products, updates.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

POTREBBE INTERESSARTI ANCHE

Se Una Notte D’estate Al Berghain

Alla tenera età di 21 anni mi sono ritrovato, dopo varie vicissitudini legate al mio percorso di studi, a poter frequentare un corso di lingua a Berlino per tre settimane. Il Muro, i club techno, il divertimento, la birra che costa meno dell’acqua, le droghe leggere tollerate. Esatto, tutte queste cose e anche qualcosa di più. Se avete degli amici festaioli, vi sarete sicuramente accorti già da tempo che la nuova capitale tedesca ha soppiantato, piuttosto prepotentemente, la altre capitali europee, soprattutto per quanto riguarda scena musicale e vita notturna.

Cosmo – Disordine

Tutti gli addii fanno male. Per fortuna in questo caso ci si trova davanti a una rara eccezione: il disco di Cosmo, ovvero quel Marco Jacopo Bianchi caposaldo degli stessi Drink To Me che, dopo tre dischi in cui non mancava certo di cui entusiasmarsi, hanno deciso di mettersi in pausa. Dalle loro ceneri nasce appunto Disordine, spin-off solista della voce del gruppo, che si cimenta in una formula sicuramente non nuova, ma ancora poco sentita sul suolo nazionale.

Ivenus – Dasvidanija

Synth, pop e disagio, la formula magica de iVenus tenta a tutti i costi di piacere e ci riesce, sempre si riesca ad abbandonare ogni velleità.

Spotify

È passato poco più di un mese da quando il colosso londinese ha deciso di sbarcare anche in Italia con il suo programma tipo-iTunes-ma-in-streaming-e-gratis-ma-se-paghi-hai-roba-in-più. Chiunque abbia provato a installarlo e collegarlo al proprio profilo Facebook mi capirà, se dico che non è difficile entusiasmarsi. Gli adepti sono infatti cresciuti stabilmente giorno dopo giorno, andando a pescare da un pubblico piuttosto eterogeneo e non solo dai soliti hipster nerdeggianti che non si fanno scappare l’ultima supposta rivoluzione post-MySpace (di prima generazione).

RIMANI IN CONTATTO

CANALE TELEGRAM
GRUPPO WHATSUP