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Recensione : Plankton – In balia delle onde

Plankton – In balia delle onde

Niccolò mi scrive per una recensione al suo gruppo, i Plankton da Firenze (per la cronaca suona anche nei Morgana, gruppo Post Punk Dark Wave che ho già recensito qui e motivo per cui mi scrive).


È da un po’ che non riesco più a scrivere recensioni, mi è passata la voglia e stento a trovare motivazioni per farlo.


I Plankton li avevo visti proprio a Firenze, al Next Emerson, nella primavera del 2019, a due passi dal disastro, sia sanitario (per tutte e tutti) che emotivo (per me, ma ho ragione di credere anche per molti altri).


Giunti ad una tregua, se non ricordo male, tra statistiche, contagi e complotti, nell’ estate del 2021, io mi decido a scrivere recensioni e contatto Simone di In Your Eyes, i Plankton, di par loro, non si arrendono, come tante altre formazioni , di fronte alle varie restrizioni e limitazioni e continuano imperterriti a suonare. Allora non sapevo che questo sarebbe stata una grande lezione per me, resa ancor più grande dal fatto che Niccolò e gli altri dei Plankton sono più giovani di me.


“Non c’è sconfitta nel cuore di chi lotta” era una canzone che mi aveva molto colpito durante la loro esibizione, un inno dai toni che potrebbero apparire scontati e retorici ma che in realtà appartengono a quel vocabolario di frasi ed azioni la cui ripetizione, nei decenni, rinnova e tonifica la convinzione nello spirito di chi ascolta, convincendolo che, si, la vita urta, ferisce e fa male, ma, finché c’è sempre qualcuno disposto a crederci allora è bene andare avanti, non arrendersi: lo fanno loro per te, lo devi fare tu per loro.
Dischi come “In Balia delle onde” servono proprio a questo: tenere salda, con spontaneità ed entusiasmo, quella catena empatica che lega inesorabilmente tutte e tutti coloro abitano idealmente gli ambienti underground: fare per essere, essere per resistere.


La musica è un Hardcore melodico dalle forti tentazioni verso il Thrash Core dei loro concittadini Carlos Dunga (Niccolò suona con Ivan dei CD proprio nei Morgana), con, in aggiunta, una forte propensione verso gli episodi più Hardcore degli SFC di quel capolavoro che fu “Prigioni”: un disco che può apparire certamente molto melodico ma la cui velocità e asprezza, appunto, Thrash ne rivelano il lato più militante e risoluto.


Non so se quella sera di primavera “l’ultimo mio grido” fosse già in scaletta, ma il dato di fatto che il suo testo, sorretto da una base che davvero sa come mettere insieme velocità, tecnica e melodia


“La mente fredda, dopo tanto tempo, sto aspettando un tuo reale abbraccio, distendo tutte le ultime carte, potrei giocarle a viso scoperto,… è la mancanza che mantiene il ricordo, nella mia testa un grande rifiuto che mi fa urlare che non sono ancora morto!”


Esattamente così, un ultimo grido prima di ripartire, di rimettersi con la penna in mano e trovare di nuovo la spinta per fare un qualcosa che sia sempre condivisione, empatia e rifiutando che tutto questo sia solo commercio e inutili parole riversate sul web per fare vendere due copie in più a qualcuno; e tutto questo perché non siamo ancora morti.


In fondo è bello scrivere recensioni per gruppi come i Plankton e sentirsi ripagati con un grazie sentito e pensare che tutto è partito perché a uno di loro è piaciuto come scrivi.


L’ intero disco, rimanendo ancorato alla tradizione Melodic Hardcore, nasconde in sé un’ epica straordinaria (non è certo un segreto come, i protagonisti anni ’90 del genere, sapessero tradurre certi fraseggi Heavy Metal a seconda delle loro necessità narrative), dove la tematica è l’ impossibilità di arrendersi di fronte ad un reale che farebbe venir voglia di smettere con tutto, abituarsi al fastidioso brusio della routine, lasciarsi trascinare dalle onde per poi schiantarsi contro gli scogli e pensare “non avrei potuto fare altrimenti, non avrei potuto punto e basta” ed invece continuare a suonare, a scrivere, a pensare, a fare, perché, anche se magari questi potrebbero davvero essere gesti inutili di fronte all’ indifferenza del vivere quotidiano, son gli unici gesti che danno un senso al tutto, ad un’ intera esistenza.


“Non si può fermare travolgente passione, spacca le rocce, spezza le catene. Un treno vuoto che, fuori stazione, sfreccia veloce, ne senti il rumore. Come un’ esplosione, come un fiume in piena, come sopportare tagli e graffi sulla schiena?”

I Plankton stanno cercando coproduttori per dare un supporto fisico a questo gioiello di Punk Hardcore sentito e terribilmente romantico; scrivete quindi a scimpio00@gmail.com e dategli una mano. Ne vale davvero la pena.

Plankton – In balia delle onde

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