La mia prima recensione su In Your Eyes sono stati gli Ok Sátan, duo Rock n’Roll di Copenhagen.
La scrissi come un biglietto da visita personale e, per certi versi, mi fa sentire quasi responsabile del buon nome di questo duo in suolo italico.
Io le recensioni le scrivo così e le scrivo sui gruppi che entrano a fare parte della mia vita, la condiscono coi loro suoni, i loro testi; ne diventano parte integrante. Io la musica che ascolto la vivo e così la descrivo e, va da sé, me ne sento pure un po’ paternamente responsabile…
In questi Men and Health militano tutti e due gli Ok Sátan, con l’aggiunta di un terzo, bassista, sempre con drum machine al seguito, e, per l’ennesima volta, son riusciti agilmente a far centro nella mia vita.
Forse dovrei andare a Copenhagen, conoscerli, bere con loro un paio di birre, finire nella loro sala prove e buttar giù una manciata di pezzi insieme: sento che c’è dell’empatia…
Un’operazione inversa a quella applicata negli Ok Sátan è quella che gestisce le trame dei Men and Health: se nel primo caso si conteneva il Garage rock/Punk Rock con delle strutture Post Punk, nel secondo si sporca il Post Punk con una chitarra che pesta garage punk come non ci fosse un avvenire e un’altra, per l’appunto, che si lancia in fraseggi obliqui, rendendo il tutto più minimale, con reminiscenze di vecchi 7” usciti negli USA tra la fine dei settanta e l’inizio degli ottanta: US Ape, Last Four Digits, Los Microwaves, Suburban Lawns…tutta una serie di piccole perle da collezione delle quali, ogni tanto, qualcuno pubblica raccolte antologiche.
Garage Punk da delinquenti, Post Punk semi-sconosciuto…credo di avere più che una manciata di ascolti in comune con questi danesi; mi immagino lunghissime conversazioni di musica mentre, una birra dopo l’altra, in un localaccio di Copenhagen, ci sbronziamo come dei disgraziati…
Il suono d’insieme, nonostante gli intrecci delle due chitarre sopra descritti, rimane secco, minimale: una sapienza invidiabile nel saper tirare a dritto quando è il momento e di negarsi quando non lo è.
La voglia di provocare e di ripetere all’infinito frasi geniali del tipo “they should give heroin to people on reality TV”, rimane la stessa degli Ok Sátan e si sposa bene anche in questa nuova veste più post punk che garage; la qualità del suono è sempre a bassa risoluzione com’è giusto che sia.
Credo, in tutta onestà, di aver trovato dei veri amici, quelli dei buoni consigli e della frase giusta, anche se casuale, nel momento del bisogno, e bisogna davvero che io vada a Copenhagen una settimana o due…
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