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La Maschera Di Cera

Nonostante all’interno della nostra webzine mi occupi abitualmente di metal, non posso dimenticare che il mio background musicale di “diversamente giovane” è ben radicato nel rock progressivo dei primi anni ’70, quando, imberbe adolescente, con ripetuti ascolti portavo al limiti della rottura i precari nastri delle mie musicassette originali di “Selling England By The Pounds” e “Darwin” (tra le altre).

La Maschera Di Cera

Il pretesto per compiere un gradito ritorno alle origini, il tutto rifuggendo qualsiasi connotazione nostalgica, è stata la bella serata all’insegna del progressive che si è tenuta lo scorso 15 febbraio presso il rinnovato Teatro Verdi di Genova Sestri Ponente: l’occasione era fornita dalla presentazione, da parte della band genovese LA MASCHERA DI CERA, della propria ultima fatica discografica, l’ambizioso concept Le Porte Del Domani, uscito per l’AMS Records.
Ad aprire il concerto, organizzato dall’attiva etichetta genovese Black Widow, sono state chiamate due band che nel corso del 2012 hanno fatto il loro esordio discografico sotto l’ala protettrice dell’etichetta genovese, gli albenganesi FLOWER FLESH ed i bresciani PSYCHO PRAXIS.
I primi hanno proposto alcuni brani tratti da Duck In The Box mostrando sonorità orientate al prog albionico, nel solco della tradizione risalente a Genesis, Marillion e, particolarmente, ai più recenti IQ. Decisamente buona l’impressione destata nel complesso dal gruppo di Alessandro Sgarlato, nonostante l’ingrato compito di dover aprire la serata in una condizione ambientale (come vedremo dopo) non propriamente ottimale, con una menzione d’obbligo per l’azzeccata cover in versione prog di “Una Ragione Di Più” , canzone portata al successo da Ornella Vanoni ma composta da quel Mino Reitano che andrebbe ricordato post-mortem preferibilmente come autore piuttosto che nella sua più nota veste di cantante nazional-popolare.
A seguire, l’ingresso sul palco della giovane band bresciana ha fornito un’ulteriore scossa al pubblico, piuttosto infreddolito a causa di un Teatro Verdi dall’impianto di riscaldamento perlomeno rivedibile (ammesso che fosse funzionante …). I PSYCHO PRAXIS sono apparsi come una versione più psichedelica ed irrobustita dei Jethro Tull, non soltanto per l’utilizzo del flauto in costante alternanza alla voce da parte di Andrea Calzoni, ma questa sommaria descrizione non rende appieno la bravura e la creatività mostrata da questi ragazzi nel corso della loro breve esibizione; sugli scudi anche il fantasioso chitarrista Paolo Vacchelli e il tastierista Paolo Tognazzi, capace di donare, grazie al proprio strumento un irresistibile tocco vintage alle sonorità del gruppo.
In poche parole mi sento di consigliare caldamente l’ascolto del loro esordio Echoes From The Deep
Ma, senza dubbio, l’attesa era focalizzata sulla presentazione dal vivo dell’ultimo lavoro de LA MASCHERA DI CERA; a livello organizzativo non è stato lasciato alcunché di intentato per promuovere l’evento: in città campeggiavano diversi manifesti pubblicitari, magari non troppo numerosi ma certamente molto visibili per le loro dimensioni, che invitavano gli appassionati a partecipare alla serata.
E qui si apre il punto dolente: come spesso accade, a meno che i nomi coinvolti non siano i soliti noti oppure i nuovi idoli usa e getta creati dai reality, Genova è sorda o quanto meno risponde in maniera fredda agli eventi che si svolgono lontano dalle luci del mainstream.
Strano, verrebbe da dire, per una città che possiede senz’altro una radicata cultura musicale in ambito prog e sempre pronta ad omaggiare meritatamente, come accaduto di recente, i “vecchi campioni” quali Steve Hackett, le Orme, il Banco o la PFM; purtroppo, però, nessuno riuscirà a far svanire dalla mia mente la sgradevole sensazione che, se al posto dei protagonisti della serata ci fossero state altrettante cover band, il numero dei presenti sarebbe stato almeno il doppio.
Cedo volentieri il compito di fornire una spiegazione antropologicamente attendibile del fenomeno ai veri esperti del settore (a proposito, vi consiglio di visitare la pagina Astrolabio su Facebook, dove potrete trovare diverse informazioni riguardanti i concerti, oltre a poter rivedere le puntate già andate in onda su Teleliguria dell’omonimo programma curato dal Centro Studi per il Progressive Italiano di Genova), limitandomi a constatare quanto mai come in questo caso gli assenti abbiano avuto torto.
Le Porte Del Domani è un concept che trae ispirazione dal capolavoro de Le Orme “Felona e Sorona”, del quale si pone in pratica come un vero e proprio sequel, ma va detto subito che, quello che potrebbe sembrare a prima vista un peccato di presunzione da parte de LA MASCHERA DI CERA, si rivela piuttosto un sentito e appropriato omaggio alla storia del prog italiano.
Una storia, questa, che va ben oltre il semplice significato musicale assurgendo a simbolo di una cultura e di una tradizione che personaggi come Fabio Zuffanti, bassista e autore delle musiche della band oltre che uno dei promotori del succitato CSPI , cercano di perpetrare con apprezzabile passione e tenacia anche se, come abbiamo potuto constatare, i giovani (anagraficamente …) presenti alla serata si contavano sulle dita di una mano.
Dopo alcuni brani rappresentativi del passato della band è stato proposto integralmente e senza alcuna interruzione l’ultimo lavoro, immergendo in un’atmosfera di magica sospensione tutti i presenti.
Le Porte Del Domani è evidentemente permeato delle sonorità che hanno reso leggendarie Le Orme e il Banco , ma più che un’operazione nostalgica o comunque volta a sfruttare la scia dei capolavori del passato è apparsa evidente la volontà da parte della band di tornare alle radici del prog italiano per farlo rinascere, traghettandolo nel nuovo millennio con una veste antica ma non per questo obsoleta.
Sul palco, a coadiuvare il lavoro del già citato deus ex-machina Fabio al basso, del preciso batterista Maurizio Di Tollo, del raffinato tastierista Agostino Macor, dell’estroso flautista Andrea Monetti e dell’ottimo e magnetico vocalist Alessandro Corvaglia, sono comparsi in veste di ospiti anche i musicisti che hanno contribuito in studio all’incisione del disco: Laura Marsano, che ha regalato emozioni con la propria chitarra solista, e un’autentica icona come Martin Grice, sax e flauto degli storici Delirium.
Quello a cui abbiamo assistito è stato un concerto che ha rappresentato un atto d’amore verso un genere musicale che, pure avviandosi verso il mezzo secolo di vita, continua a vantare estimatori affezionati in ogni parte del globo e che vede nascere costantemente nuovi e interessanti gruppi, non necessariamente composti da musicisti ormai attempati, ugualmente desiderosi di valicare tramite la propria musica “le porte del domani”.

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