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Recensione : La Caronna – The Dirty Ass 2022

I Bluesman del Delta ci insegnano da sempre che meno si ha meglio si fa, e, col meno, i La Caronna fanno il meglio.

La Caronna – The Dirty Ass 2022

 

È di comune dominio l’assunzione che il Rock ‘n’Roll derivi dal Blues che deriva dal gospel che deriva dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.


Esseri umani catturati come bestie e, sempre come bestie, deportati in America dal loro paese di origine: l’Africa. L’Africa che è la madre di tutti i continenti.

Non stupisca quindi l’asserzione che dall’Africa provenga l’unico vero linguaggio universale che accomuna ogni essere umano su questo pianeta: il Rock’n’Roll.

Un gruppo di intellettuali si può sedere ad un tavolino e creare un linguaggio sperimentale, efficace quanto si vuole, ma mai e poi mai con la stessa capacità espressiva, descrittiva e la stessa spontaneità di questa musica.

Ecco quindi che, a fronte di un disco licenziato da un duo argentino, io riesca a interpretarne i suoni, le parole, il sentire di chi, questo disco, ha messo se stesso, la sua storia, il suo divenire: l’urgenza, la cattiveria, l’esigenza di esprimersi con pochi mezzi a disposizione e, nonostante le mancanze, riuscire a tirar fuori una bomba come questo disco.

D’altronde i Bluesman del Delta ci insegnano da sempre che meno si ha meglio si fa, e, col meno, i La Caronna fanno il meglio.

D’altronde, sia io che i La Caronna, proveniamo dallo stesso luogo: l’Africa. Poco importa se la deriva dei continenti ci ha allontanati, il Rock’n’Roll ci aiuta lo stesso ad abbattere gli stupidi confini facendoci parlare un linguaggio che ci accumuna…

Formazione risicata all’osso, batteria e chitarra, registrazione a bassa risoluzione, scorrettezza, citazioni, polvere, scorie, un velo di disperazione e, appunto, Rock’n’Roll.

Una goduria e senza scherzi.

Una chitarra, che dal Garage Rock si tuffa in un Surf per poi riemergere, di nuovo, nel Garage, ci parla di un certo “Jazinto”; lo fa a mezzo di una voce allucinata, in cui l’idioma ispanico dona un che scanzonato.

Scanzonato e allucinato, una coesistenza possibile solo in questo tipo di musica.

Coesistenza che ritorna prepotente in “Usuriaga”, un pezzo più cadenzato e riflessivo. La batteria, in tutto questo, è stupenda: semplice, quadrata, diretta, ai limiti del marziale.

Con un 1-2-3-4 scandito sul rullante ,un inizio più arrogante e di impatto, irrompe “El Gusano” con la solita, entusiasmante, semplicità nella struttura e ruvidezza nel suono, rialzando il tiro del disco: più violenta, più sostenuta, più breve. Un piccolo gioiello d’ermetismo.

Ancora ermetismo in “Parana Da” dove ci si apre ad un cantato più melodico dai picchi più malinconici; ma l’essenza è la stessa, sempre questi tratti ruvidi, frastagliati, scoscesi, pericolosi…

Più mi addentro nell’ascolto di questa prova e più realizzo di quanto questa mi si riveli come la cosa che per anni ho sognato e che mai ho visto realizzata:

una collaborazione tra Poison Ivy dei Cramps e Maureen Tucker dei Velvet Underground: una chitarra dalle pennate essenziali e decise, una batteria dritta, limitata quasi ai soli accenti…

Infatti “Fantasias” è proprio e solo questo: riff alla Cramps di A Date with Elvis e batteria alla White Light/White Heat, in un minuto e trentasei secondi indimenticabili.

Un che di funky, pur sempre secco e scarno, si affaccia nella strumentale “La Batalla de Humungus”, il pezzo che non ti aspetti, che rimette in discussione tutto senza però modificare il mood dell’insieme tutto: una necessaria prova di versatilità ed apertura.

Si torna sul Rock’n’Roll Con “Problemas”: la chitarra spinge ma la batteria frena sparendo quasi dai radar, una tensione piacevole e piacevolmente me la riascolto in loop, prima della malinconia surf di “Callate Tu”, pezzo decadente ma sempre con quel retrogusto ironico.

Si parla di sbronze violente nella violenta “Barrioland”, un bello Stomp dove la voce, parlata/declamata/maledetta dall’ansia fa una telecronaca dettagliata di una giornata passata col sottoproletariato del Sud del mondo. Uno dei pezzi più belli del disco.

Chiude il tutto, senza tatto, “Eddie McLein, ultima cavalcata verso il nulla:
anche questa breve, farcita di Garage e Surf, un altro piccolo gioiello in una collezione di 10 pezzi unici, ruvidi, lavorati a mano con quell’amore che solo i grandi artigiani sanno mettere nel loro mestiere; e, dei grandi artigiani, è proprio quello che sono i La Caronna.

La Caronna- The Dirty Ass 2022

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