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Recensione : Kleingott – Deathbed Tales

“Deathbed Tales” è un disco capace di insinuarsi docilmente nelle pieghe dell’anima, regalando una quarantina di minuti di musica non convenzionale e di indubbia qualità.

Kleingott – Deathbed Tales

Ammetto con tutta onestà che il neo-folk non è mai stato particolarmente nelle mie corde, benché, come appassionato del doom più estremo, sonorità cupe come quelle proposte dai maggiori esponenti del genere dovrebbero attrarmi piuttosto che respingermi.

Nonostante abbia provato più volte ad ascoltare con tutte le migliori intenzioni i vari Death In June, Sol Invictus, ecc., la loro musica non è mai riuscita a coinvolgermi del tutto, pur riconoscendovi un innegabile valore artistico, ed è per questo motivo che l’avvicinamento a questo lavoro dei Kleingott è avvenuto con relativo slancio.
Come spesso accade, per fortuna, i pregiudizi sono fatti per essere smentiti, ed eccomi qui a parlare con il giusto trasporto di Deathbed Tales, ultimo lavoro del progetto il cui unico titolare è Gerardo, musicista lucano trapiantato a Roma.
Infatti, in quest’album affiora quella capacità di emozionare che solo a tratti ho riscontrato in occasione dei miei sconfinamenti nei territori neo-folk: è possibile che ciò derivi dalle diverse sfumature che avvolgono il genere qualora chi lo suoni provenga da un paese mediterraneo piuttosto che dalle brumose lande d’oltremanica, ancor più probabile che la differenza la faccia la sensibilità artistica dei musicisti coinvolti, mentre mi sentirei di escludere una qualsiasi influenza dei retaggi musicali giovanili, visto che Gerardo proviene da ambienti punk, così come gli stessi Douglas Pierce e Tony Wakeford.
Kleingott basa la propria proposta su melodie acustiche di non facile assimilazione ma di grande intensità, alla quale vengono affiancati talvolta altri strumenti, quali la fisarmonica in Vespertine o il synth in chiusura di Someday In Summerland, mentre la voce recita, più che cantare, testi più orientati alla contemplazione malinconica del presente piuttosto che alla rievocazione nostalgica e illusoriamente consolatoria del passato. Proprio l’aspetto vocale potrebbe costituire un ostacolo invalicabile per chi si avvicinasse a questo lavoro senza aver ma ascoltato qualcosa di analogo: del resto il neo-folk non è genere musicale che abbia tra le sue finalità principali un’esibizione di bel canto, per cui la prestazione di Gerardo, che unisce a una timbrica alla Nick Cave le “stonature” tipiche di Tony Wakeford, alla fine non è così penalizzante proprio perché un lavoro di questo genere deve essere valutato soprattutto per la sua capacità di stabilire un legame emotivo tra l’artista e l’ascoltatore.
Deathbed Tales è un disco perfetto per un’uggiosa giornata autunnale e, superato il primo e tutt’altro che agevole impatto, si rivela capace di insinuarsi docilmente nelle pieghe dell’anima, regalando una quarantina di minuti di musica non convenzionale e di indubbia qualità, che trova la sua sublimazione nei tre bellissimi brani finali.
La valutazione positiva tiene conto della vita relativamente breve del progetto ma è fuori di dubbio che Kleingott sia un nome da seguire con attenzione nel prossimo futuro, in particolare se potrà avvalersi del supporto di un’etichetta in grado di promuoverlo adeguatamente e se smusserà almeno in parte le carenze vocali evidenziate in quest’occasione.

Tracklist:
01. Where time goes
02. Years of drought
03. Elytra (bones for wings)
04. In the saint’s noon
05. Lorelei
06. Vespertine
07. Deathbed tales
08. Someday in Summerland

Line-up:
Kleingott : all instruments, vocals

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