“Un disco per chi ha l’autunno nel cuore”.Ho a lungo meditato su come riuscire a sintetizzare in poche ma chiare parole il suono che scaturisce da questo album poi,dopo lunghe e penose elucubrazioni,ho deciso di parafrasare un mio caro amico che è solito etichettare in questo modo le bands i cui contenuti non sono esattamente “solari”. Ed è una descrizione che si confà a questo quintetto tedesco che mescola abilmente rabbia e malinconia,ritmi sostenuti e pause meditative.Scorrendo le note d’accompagnamento allegate al cd,ho letto che “The body and the soil” è il loro album d’esordio,nonostante i vari componenti abbiano alle spalle altre esperienze in altri gruppi,da ciò ho desunto in quali circostanze la band sia entrato in possesso della maturità che sfodera l’intera durata del disco. I pezzi sono tutti di durata medio-lunga,se si eccettua tre brevi interludi,l’ultimo dei quali “India is gone”, suona oltremodo curioso grazie al suo incidere minacciosamente orientaleggiante. Per quanto riguarda i brani veri e propri,l’incarico di aprire le danze spetta a “Soil” caraterizzato da ritmiche tipicamente metal,ma contrappuntate da un velo di cupa malinconia. Nell’avanzare della scaletta ci si imbatte in “You’re living all over me” 9′ di suono mogwaiano,in “Dissapear” 15′ di sofferta cavalcata neurosisiana,per chiudere in bellezza con “Living live parts II” nella quale mi è parso di intravvedere lontani echi dei Cure. Unico appunto che mi permetto di muovere alla band è inerente alla voce del cantante a mio avviso troppo poco drammatica e sofferta rispetto al suono che il resto dei componenti si cimenta nel proporre. Nulla comunque di eccessivamente serio da poter inficiare un lavoro di qualità davvero elevata.