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Inseguimento (un’avventura Del Detective Newton – Ep.01)

Inseguimento (un’avventura Del Detective Newton – Ep.01)

Inseguimento
(Un’avventura del Detective Newton)

Di Pietro Rotelli

 

Il pesce martello meccanico che stava cavalcando come fosse un caccia da guerra ogni tanto lanciava uno sbuffo di fumo da quella che pareva essere una saldatura saltata sulla fiancata sinistra. Faceva anche tutto un concerto di rumori meccanici e sibili poco rassicuranti, soprattutto a causa della velocità a cui stava andando.

Certo, nel momento in cui vi era saltato sopra per inseguire l’assassino che stava fuggendo il Detective Newton non aveva verificato che tutto fosse al suo posto e che il pesce di metallo fosse integro.

Era già tanto che fosse riuscito a metterlo in moto e a capire in una frazione di secondo come pilotarlo.

Riuscì a scansare un paio di colpi di folgoratore che gli aveva indirizzato il sicario, e a sua volta cercò sul fianco destro la pistola laser, senza trovarla.

Cazzo… gli era caduta mentre si lanciava all’inseguimento di quell’essere. Era caduta e… in realtà non sapeva bene che cose ne era stato dopo. Restava il fatto che non aveva di che rispondere al fuoco. L’inseguimento continuava a procedere a velocità sempre maggiore, dato che l’assassino giustamente non si voleva far prendere e lui, a parte mettere in moto lo squalo meccanico e capire come si guidava, al momento non sapeva come rallentare, o fermarsi.
La velocità stava aumentando progressivamente – lentamente, ma inesorabilmente – col passare del tempo. Presto sarebbe arrivato il momento di trovare una soluzione, magari provare a salta…

– Non provare a pensarci neanche! COLCAZZO CHE SALTIAMO!

Dalla tasca del termo giubbotto d’ordinanza (un capino d’abbigliamento niente male color blu-grigio-verde con un sacco di tasche piene di un sacco di cose e la scritta O.C.P.D. – Omega City Police Departement sul cuore e la scritta Detective Curtis Newton sul lato opposto, il tutto ricamato in oro) fece capolino il suo O.S.M., Organismo Senziente di Monitoraggio. Era giallo, pelato, con un occhio solo centrale, ed era alto esattamente 127 millimetri. 127 millimetri di rottura di palle e supponenza, sempre lì a tirar fuori argomenti e a sentenziare nei momenti meno indicati.

– Tornatene dentro la tasca e prega che questo coso si fermi di sua spontanea volontà, allora – fece in tempo ad abbassare la testa di lato verso sinistra per evitare l’ennesimo colpo di folgoratore.

– Vaffanculo! – era esasperato. – Nano, non hai mica un’arma con te? – domanda retorica, supponeva.

E invece…

– Quella che vuoi, basta che la pensi.

Grandi novità, quindi, nel mondo dei nani gialli: non erano solo delle rotture di palle organiche, erano anche utili.

E mentre sfrecciavano a velocità insensata in mezzo al mercato volante di Naqqur, evitando lievito banchi di carne essiccata e aero stadere colme di biodadi, Newton pensò intensamente alla cosa più letale che potesse venirgli in mente.

E pensò un cannone a ioni positronici.

E il cannone apparve.

E apparve sulla testa del pesce martello meccanico che stava guidando.

E lui, il pesce martello e il nano giallo furono dirottati in picchiata dal peso del cannone. Gridarono entrambi e gridarono a lungo, finché la loro corsa non finì in una piscina a levitazione di una villa privata.

– Potevi pensare a una stella di neutrini, già che c’eri… – il nano giallo andava anche forte nel sarcasmo.

– Senti me, limone semovente, non è che ogni cosa che accade sei obbligato a commentarla. Io ti porto con me perché sono costretto dal capo, ma sappi che se ti dovessi perdere durante un’azione non mi preoccuperei certo di venire a cercarti per portarti indietro.

Riuscirono a divincolarsi dalla mancanza di gravità propria della piscina in cui erano capitati e fecero per darsi una rassettata quando un colpo di doppietta laser li sfiorò andando a polverizzare una statua, fra l’altro orrenda, che si trovava proprio dietro di loro.

– Fermi lì maledetti bastardi!

Un omone seminudo e peloso contro ogni ragionevolezza li stava tenendo sotto mira.

Con una doppietta laser, appunto.

– Hey hey hey, metta via quell’arma, sono un detective di polizia.

– Hey hey hey, non me ne frega veramente un cazzo, biondino. Tu e il tuo insetto giallo stavate a galleggiare nella mia piscina. Avete violato la mia proprietà. Me ne frego di chi siete.

Poi l’omone diede uno sguardo distratto verso il garage, e vide che era stato sfondato dal pescecane meccanico (di cui intravedeva la coda rugginosa) e dal cannone (che era difficile non vedere, in effetti).

La doppietta gli cadde dalle mani e si mise a piangere. Una scena rivoltante.

– Che scena rivoltante. Non trovi Curtis? – fu il commento di Osm.

– Si, commovente, scappiamo adesso… – gli rispose Curtis, e stava già correndo, scavalcando al volo la recinzione della villa e trovandosi finalmente all’esterno, in strada.

– Dobbiamo trovare il sicario – aggiunse. Poi tirò fuori il suo A.I.O.C. (Apparecchio Intelligente per Ogni Cosa) e ci disse dentro – Individua Sicario.

– NON-HO-CAPITO – fu la risposta della voce femminile dell’apparecchio. – PREGO-DETTARE-NUOVO-ORDINE.

– INDIVIDUA-SICARIO! – ripetè scandendo meglio Curtis.

– SICARIO-INDIVIDUATO-SETTORE-AZ3-4 – fu la risposta dell’apparecchio.

– Teleportaci da locazione attuale a AZ3-4. Ora!

Si decomposero, lui e Oms, e furono teleportati direttamente di fronte al sicario, che in quel momento se ne stava tranquillamente bevendo una bibita appoggiato a un muretto, fuori da un bar in mezzo alla folla. Vedendoseli davanti, il bestione – che era un aggeggio alto almeno tre metri tutto blu con le corna e peloso con due paia di enormi braccia con una tuta da veterano di guerra – gli tirò contro la bibita ed estrasse la pistola.

Per un lungo attimo si fissarono e Curtis pensò tutta una serie di cose che poteva fare e neanche una pareva finire bene, nella sua mente.

Poi il sicario gli sparò.

Click

Scarica.

Non riuscendo a fare fuoco il sicario gli tirò l’arma addosso e Curtis istintivamente si rannicchiò parandosi il volto col braccio destro. Il mostro gli si avventò addosso fra lo sgomento della gente presente, urlando a squarciagola un grido di battaglia – suppose Curtis – con le quattro mani pronte ad afferrarlo.

Il detective non perse tempo, gli lanciò in bocca il nano giallo che si limitò a un fievole – Macchecca… – prima di sparire nello stomaco del sicario.

Allora Curtis immaginò una sega da guerra mirloniana.

Mentre stavano rientrando in ufficio, con i mezzi pubblici, dal taschino di Curtis Oms non era affatto contento.

– Potevi avvertirmi!

– Non ne ho avuto il tempo.

– Potevo morire!

– Avevo tutto sotto controllo.

– Mi hai usato!

– Certo, e a oggi devo dire che sei la migliore arma del mondo.

Entrarono alla centrale, presero l’ascensore e entrarono in ufficio.

Avevano una montagna di scartoffie da riempire.

 

Fine primo episodio

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