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Recensione : Grouper – Man Who Died In His Boat

Una fotografia di famiglia sbiadita. Un ricordo lontano, perso. E' quello che galleggia tra gli eco della voce di Liz Harris. Tappeti di chitarra folk, per un disco che abbraccia classiche atmosfere dream pop, e con raffinata femminile maestria, racchiude in eteree canzoni, tutto ciò che ci potessimo aspettare da un solo-project targato Kranky.

Grouper – Man Who Died In His Boat

Dietro al nome Grouper, si nasconde la sola Liz Harris. Dal 2005 ad oggi, la cantante di Portland, ha registrato una gran quantità di materiale, scavando in sperimentalismi dai tratti drone e colorando il tutto di uno sbiadito cantautorato folk. In apertura di un’intervista, veniva chiesto a Liz da dove provenisse e quali fossero le origini del suo progetto Grouper; la risposta è stata: ”Vengo dalla Luna, più precisamente da una ‘comune’ di artisti situata sulla Luna”. Effettivamente nella sua voce e nei suoi lavori, si respira una volontà di distacco, una ricerca di purezza, di una leggerezza di armonie e suoni celesti. Negli anni, numerose sono state anche le collaborazioni che l’hanno vista avvicinarsi a progetti importanti come Xiu Xiu, Animal Collective e Roy Montgomery. Per questo The Man Who Died In His Boat , è stato ripreso vecchio materiale risalente alle registrazioni di “Dragging a Dead Deed Up A Hill” (Type, 2008) forse l’album che ha caratterizzato di più tutti il suo lavoro. L’etichetta di Chicago, Kranky, punto cardine di una certa cultura sperimentale, ha deciso di stampare questo lavoro, che si aggiunge così alla sua collezione di artisti drone ambient. In tutto il disco è la voce ha disegnare i tratti fondamentali dell’ascolto. Sempre allungata da riverberi lontani , si muove come un canto angelico, incantando e spaventando per la grandezza malinconica, che si prova ad abbandonarsi alle cantilene presenti in tutte le tracce di questo lavoro. Un disco che suona e scorre tutto sulla stessa direzione, e proprio per questo, ci getta in una profonda e vera ipnosi da delay e riverberi. Un’eccessiva dose di celeste dolcezza finisce per lacerare, un abbraccio che diventa abbandono, una sicurezza che diventa smarrimento. Con pochi strumenti e una registrazione dai tratti lo-fi, Liz Harris è riuscita, pur riproponendo un disco che percorre gli stilemi di un genere oggi giorno quasi abusato, a tracciare ed esaltare i suoi personali caratteri sonori, ottenendo così un lavoro che potrebbe creare curiosità, anche per le orecchie meno abituate a certi ascolti, catalogati sempre come troppo ”sperimentali”.

Tracklist:
1. 6
2. Vital
3. Cloud in places
4. Being her shadow
5. Cover the long way
6. Difference (voices)
7. Vanishing point
8. The Man Who Died In His Boat
9. Towers
10. STS
11. Living room

Line-up:
Liz Harris – Guitar , Voice and loops.

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