TODO MODO PARA BUSCAR L’ORCHESTRA
Tutti noi necessiteremmo di uno Zafér di fiducia presso il quale versare secchiate di rigetto spirituale, a mondar un’anima che storture ne terrebbe senz’altro; come la vecchia storia dei fiori alla propria amata che trova da sé il motivo per cui scusarvi di volta in volta.
I Fuzz Orchestra ti fanno avvertire la colpevolezza dell’essere umano (in entrambi i sensi) nel modo di presentare i pezzi che scrivono. Ti assaltano con una carica heavy tanto noise quanto marziale, assimilando la trivialità della vita, del potere costituito; le orecchie stanno ancora fischiando come se fossi appena rincasato dalla Siria: la chitarra è una e questa volta mi ha dato, nel suo insistere, ciò che meritavo, a proposito del mio pensiero precedente sul gruppo.
Ho avuto uno scambio di parole col rumorista/tastierista Fabio, dialogo da me messo a fuoco anche in virtù della prestazione alla quale avevo già assistito; m’ha detto di esser stato da cani per tutto il pomeriggio:
“L’abbiamo fatta andare”, mi fa. “In primis arriva Luca, con un giro di chitarra che naturalmente poi inquadriamo in un pezzo, sul resto poi lavoro io selezionando e sezionando i tapes, ed è una vera merda, perché se a una prima botta può non essere evidente, i dialoghi e il parlato in generale sono velocizzati. Devo tagliare tutte le piccole pause senza dimenticare il tempo della canzone, che oltre ad avere stacchi e cambi spesso è dispari”.
La mia affezione per Sciascia sarebbe nota pure a Sciascia stesso se fosse vivo; riassunto del successivo scambio, immediatamente dopo:
Io: “Una vostra canzone si chiama ‘Todo Modo’: siete stati ispirati dal libro o dal film nel componimento?”
L.: “Ho visto prima il film. La voce registrata è quella di Mastroianni, uno dei migliori estratti di dialogo di Don Gaetano”, qualcosa del genere.
Ha poi chiesto congedo per uscire a fumare dopo altri cinque minuti di parole fra le quali sono sbucate le solite influenze reciproche (Sabbath); m’ha sorpreso non avesse praticamente mai ascoltato i Ramones. Eppure condividono sonorità, momenti con Rob Zombie che è un dichiarato ramonesiano. Ok, può non voler dire un’ostia. Alla sua richiesta di ulteriore compagnia ho declinato, per stanchezza mia.
Ho rincasato con le orecchie adeguatamente scassate e l’animo allietato dalla conoscenza di un gruppo che per qualsivoglia motivo poco consideravo; più volte mi è successo di assistere a concerti e ritenere poi i tali dei suggelli d’affetto (o di schifo) e, più spesso, sopraggiunto momento di catalogazione. I Fuzz Orchestra hanno innescato l’effetto opposto pestando, scaraventando, porcando nella malattia, cristo! Non è un pensiero antico, non così tanto. Pur spartendoci pressoché nulla hanno l’etica DIY e il tiro di un concerto degli Adolescents.
Suddetta sensazione, poi, non è necessariamente influenzata dal numero di show di gruppi “giovani” affrontati comparato a quello dei dinosauri; si loda piuttosto l’attitudine, come qualcosa da raccogliere e portare a casa da parte di chi è più rodato di te.
Questi ragazzi sudano, pestano, confezionano e vendono i propri dischi; passate a trovarli e salutateli per me, mi sono goduto Morire Per La Patria e mi farò prestare Uccideteli Tutti! Dio Riconoscerà I Suoi dalla mia ragazza, che peraltro mi chiese di seguirla a vederli a Brescia la prima volta.
I Fuzz Orchestra dimostrano, analogamente ad altre realtà come i Superslots (nulla da invidiare agli Outta Place, mi va di scriverlo) o i Monsternaut, di saper cavalcare e rinfrescare certi stilemi con consapevolezza acquisita a dovere, perché poi è certo che non si può non essere competenti facendo quasi sempre la stessa cosa.
Menzione in coda ai Pass Over in apertura, power trio del quale non son riuscito a digerire eccessivamente il comparto vocale; ho trovato soffrisse di una sorta di sindrome di stolidità, l’approccio ripetitivo tipico dell’ “indie” italiano contemporaneo, ove nonostante la forzata creatività applicata al concepimento delle spigolosità le voci che si odono cantano sempre nel solito modo con pressappoco i soliti tempi. Peccato, perché la scrittura dei pezzi è degna di nota: gran dinamismo e riff di ampio respiro, oltre ad assoli fulminei e per nulla sboroni.
Considerate l’idea di pezzi strumentali oppure, dal canto mio, potreste pure mettervi a sbraitare i vostri pezzi: il corredo strumentale che allestite sarebbe già degno supporto a eventuali follie.
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