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Festival Invasione Monobanda

Ovvero, Come non riconoscere sei supereroi del rock and roll, travestiti da esseri umani ...

Roma, a volte ci scordiamo di questo nome così importante, carico di medaglie e che forse, per una volta, dopo un iniziativa del genere, rivede almeno il terzo posto del podio.

Il primo festival del Invasione Monobanda, idea partorita dalla Dead Music , è un omaggio al puro rock and roll, o al non avere per forza bisogno di sfondare, se la volete pensare in modo diverso.
Questi sei esprimono il loro modo di concepire la musica con chitarra, pedali da batteria, armonica, e costumi vari: appunto, monobanda.
Il Trenta Formiche, ex bunker militare situato al Mandrione, è il teatro che ha ospitato questa invasione, un luogo perfetto e fuori dagli schemi contemporanei, con minuscoli corridoi nei quali passare, trovandosi in mezzo tra una cava e l’altra, tane perfette per i nostri artisti animali.
La serata ospitava anche diversi banchetti, tra i quali rivenditori di vinili, abbigliamento, e ovviamente, il merchandising degli artisti che si sono esibiti.
In ordine di scaletta, abbiamo potuto ascoltare:
Steddie & The Buried Marilyns, da Monteverde.
Giancane, da Roma.
Spooky Man, da Roma.
Pat Pend, da Perugia.
Tumbaswing, da Valencia, Spagna.
Mumbling Caveman, da Nantes, Francia.

L’onore di aprire le danze tocca a Steddie & The Buried Marilyns, anima romana che ricorda il suono puro degli anni ’50, dove non c’era bisogno di portare divise scolastiche o pattini ai piedi per ballare e strapparsi i capelli, proponendo pezzi suoi e cover americane e anglosassoni, e i presenti vengono presi per mano da un grande one man e dalle mille anime che lo accompagnano.

Il secondo alieno che sale sul  il palco è Giancane, chitarrista del Muro del Canto, gruppo romano che propone la tradizione romana virata al rock neoclassico, per un live in acustico pieno di poesie personali, dove un sorriso si alterna al pensiero.

 

Per sentire Spookyman, bisogna attraversare un’altra piccola cava, come se le bombe sopra le teste avessero aperto un varco nelle orecchie, per arrivare appunto, all’ennesimo show diverso e uguale, dove Spookyman ricalca il sottosuolo blues, e permette ai ragazzi con la brillantina di avere una giacca elegante, e chiedere da bere senza vergogna.

E’ la volta di Pat Pend, mascherato da Igor di Frankestein Junior, dove la chitarra e i pedali entrano a far parte del costume, e ci si ritrova nelle vecchie campagne americane, con un puro rock and roll disperato, con un grido da festival del lazzo e calzoni pieni di spighe di grano.

 

Quando sale Tumbaswing sul palco, lo scenario cambia completamente, come se ci fosse una manovella che permettesse al tempo di fermarsi, ma allo stesso tempo di andare avanti, un’anima tatuata quasi completamente, e marchiata dal suono liscio e acustico del rock and roll, rock and roll da colazione, incanalato in megafoni sparsi per strada, rock and roll che avvisa la gente che si può uscire e ballare, il portabandiera dell’Elvis Flag.

 

Si arriva infine a Mumblin Caveman, una voce che gratta, una voce che lascia sulla pelle escoriazioni musicali, dove il suono della chitarra fa da alfabeto alle parole, e dona alla gente che sta sotto il palco una inspiegabile frenesia: in fin dei conti, proveniamo tutti dall’uomo delle caverne.

Questa serata mi ha fatto credere ancora nel rock and roll, mi ha dato la possibilità di mettere un pò di musica nelle tasche e di pensare che le masse si possono ancora muovere anche con un semplice invito anni ‘50; complimenti alla Dead Music, complimenti al vecchio rock and roll, complimenti agli artisti che si sono esibiti.

Grazie Elvis, grazie John, grazie Europa, Grazie Carlo.

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