Il saggio che vi vado a recensire oggi, La farfalla e la crisalide, è un interessantissimo libro scritto dal fisico e biologo Edoardo Boncinelli, e uscito il mese scorso per i tipi di Raffaello Cortina. Il sottotitolo, La nascita della scienza sperimentale, è più eloquente del titolo, anche se quest’ultimo rivelerà tutta la forza della metafora all’interno dell’analisi dell’autore.
Edoardo Boncinelli è uno scienziato di fama internazionale, fisico di formazione e insegnante presso la facoltà di Filosofia dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Ha pubblicato diversi libri di divulgazione scientifica e filosofica e il suo atteggiamento riguardo a tali questioni, anche quelle più classiche, è profondamente radicato nella visione scientifica contemporanea.
Questo atteggiamento fa da padrone in tutto il saggio in questione. In pochissime parole l’autore evidenzia come la filosofia, quella occidentale che emerge in Grecia intorno al V secolo a.C., sin dalla sua nascita ha posto probabilmente per la prima volta, questioni di rilievo a cui ha però sempre approcciato in maniera piuttosto inadeguata, apportando risposte incoerenti e insufficienti. Solo a partire dal XVI secolo e con la seguente Rivoluzione scientifica, la scienza sarebbe diventata davvero “scientifica”, liberandosi dai dogmatismi e dai voli pindarici di certa filosofia, e avrebbe iniziato a misurare i fenomeni, consapevole della sua costante incertezza.
Edoardo BoncinelliLa posizione di Boncinelli è chiaramente popperiana, e questo per due motivi. Il primo, perché individua l’inadeguatezza delle posizioni della filosofia per così dire pre-moderna (e anche moderna) nell’orizzonte di una conoscenza efficace: sempre alla ricerca della verità assoluta, il filosofo perde di vista il molto più concreto obbiettivo di verificare, o meglio ancora, falsificare le cause dei fenomeni. In secondo luogo, e come conseguenza di quanto già detto, perché considera alcuni grandi pensatori della filosofia i nemici di una società aperta e libera dall’ombra della verità indiscussa.
L’autore quindi ripercorre cronologicamente tutta la storia della filosofia, da Talete fino alla modernità, mostrando come alcuni brillanti pensatori fossero stati in grado di insinuare il genuino dubbio scientifico, senza riuscire a definire però un metodo che fosse, in senso baconiano, di controllo e ripetibile. Questo avviene solo quando un certo Galilei iniziò a matematizzare gli eventi e a inserire, in maniera reiterata, l’esperimento all’interno della ricerca intellettuale. Qui, afferma Boncinelli, avviene lo “strappo” tra filosofia e scienza, strappo vivo ancora oggi all’interno dei circuiti intellettuali, soprattutto italiani; qui, la crisalide (la filosofia) diviene farfalla (scienza) e non può più tornare indietro.
Ma cosa resta dunque della filosofia moderna e contemporanea, quindi?
Sebbene le argomentazioni siano sferzanti, e sembrino in un certo senso non ammettere il senso e l’utilità di una filosofia teoretica dopo la nascita della scienza sperimentale, l’autore “salva” qualche autore che con il suo discorso è riuscito a dire qualcosa di interessante: tra questi, Hume, Kant (in effetti i due pensatori dell’età moderna più concreti nelle loro teorie) e certo pragmatismo americano del XXI secolo.
Karl PopperSe da una parte quella di Boncinelli è una sorta di storia della filosofia autenticamente ostile a certo pensiero dogmatico, e quindi in questo senso una “buona” ricostruzione, dall’altra c’è da dire che, purtroppo, la storia non si fa certo con i congiuntivi e i condizionali: non c’è what if? che regga, insomma. Dal mio umilissimo punto di vista, e per quanto io stesso tenga in profonda antipatia le filosofie dogmatiche, Hegel (un nome tra tanti) e i “danni” che ha fatto non possono essere cancellati e bisogna farci i conti ogni giorno. Non va dimenticato poi, e questo lo dico da studioso di storia della scienza, che anche molti scienziati sono stati dogmatici in alcune loro azioni umane (troppo umane?): penso proprio ai piselli di Mendel, manipolati un po’ troppo, in maniera che confermassero (e non falsificassero) la teoria; penso anche al fatto che l’evoluzionismo di oggi non sia affatto il darwinismo della prima ora, anche questo in un certo senso aprioristico (basti pensare ai cosiddetti “anelli mancanti” che ci sarebbero dovuti essere a tutti i costi!); e infine alle rane di Paul Kammerer, con le loro zampette pittate di nero in laboratorio… Insomma, kuhnianamente parlando, mi sembra che la scienza abbia raggiunto grossi risultati anche mentendo e trovandosi ad essere teorica e dogmatica tanto quanto certa filosofia negativa, e che diverse scelte anzi siano state politiche e sociali, piuttosto che dettate dal tanto sventagliato atteggiamento open-minded.
Con questo non voglio dire che non condivido le idee dell’autore riguardo i danni di grossa parte della filosofia moderna e contemporanea, ma solo che scagliarsi in maniera così aperta in difesa del pensiero scientifico oggi, proprio oggi, nella nostra contemporaneità afflitta dal dogmatismo tanto quanto ieri, può sortire l’effetto opposto, cioè allontanare e rendere diffidenti. Non che questo atteggiamento di consapevolezza manchi completamente all’interno del libro, ma personalmente gli avrei dato un peso diverso.
1 Comment
Gianluca
Posted at 12:45h, 08 OttobreComplimenti per la recensione misurata e accurata. Da attempato appassionato di filosofia e finalmente laureando, ho finito da poco di leggere questo libro, trovando brillante, acuto e interessante come era lecito aspettarsi da tanto autore. Ma anche un po’ fastidioso, gratuito e approssimativo nel modo (anche offensivo) di buttare al macero la pressoché totalità della tradizione filosofica. Soprattutto partendo da una ennesima Fanta-ricostruzione delle origini (condivisa con gli odiosi Heidegger e compagnia) che prescinde da solide letture storico-filologiche (Pohlenz e Snell per dirne so due). Una lettura insomma certamente stimolante ma che rivela (a mio modo di vedere) la sua natura di pamphlet polemico che non rende giustizia all’avversario e quindi nemmeno ai lettori, peccando di disonestà intellettuale, che è il peggior misfatto di cui si possa macchiare uno studioso, filosofico o scientifico che sia e ammesso che si possa distinguere. Grazie per aver condiviso questa recensione, ancora complimenti e saluti cordiali.