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::confessioni di una maschera:: novembre duemilaventiquattro “la sottile linea rossa”

::confessioni di una maschera:: novembre duemilaventiquattro "la sottile linea rossa".

::confessioni di una maschera:: novembre duemilaventiquattro "la sottile linea rossa"

::confessioni di una maschera:: novembre duemilaventiquattro “la sottile linea rossa”

Esiste una sottile linea rossa che lega il metal più intransigente e il fascismo?

È questa la domanda che da tempo mi si è insinuata nel cervello, e a cui ancora non sono riuscito a dare una risposta definitiva.

Tutto depone in favore di un legame, più o meno evidente, più o meno – volutamente – sottaciuto. E, altrettanto evidente appare come non si possa ridurre tutto quanto ad una liaison mossa dall’odio come denominatore comune. Se così fosse, oltre ad aver trovato la chiave di tutti i mali, avremmo anche risposto alla domanda iniziale, liberandoci da ogni dubbio, presente, passato e futuro. Crediamo invece che il discorso sia da inquadrare in modo più ampio, provando a ragionare intorno ad una rosa di causalità ben più allargata. Anche solo per non banalizzare l’argomento.

Intanto spazziamo via il campo da ogni tipo di equivoco. Per “metal intransigente” intendiamo tutto quello che ruota intorno al black metal di stampo nordeuropeo. Tutto quello che, a partire dai nomi di punta del movimento che negli anni che passavano dagli ottanta ai novanta, ha sancito l’ascesa, per certi versi inarrestabile, del fenomeno, andando oltre l’aspetto prettamente musicale.

Non si tratta di andare a cercare fantasmi di un passato ignominioso, quanto, invece, di provare a capire come sia possibile che ancora oggi, ci si trovi di fronte a grottesche prese di posizione maldestramente mascherate da provocazione.

Sarebbe, a nostro avviso, auspicabile che tutti coloro che, in modo più o meno diretto, si rifanno a nefandezze ideologiche superate e condannate dalla storia, avessero il coraggio di manifestare le proprie – ributtanti – idee in modo cristallino, con quell’orgoglio che da sempre sventolano ma che poi, spesso, nella realtà delle cose, viene a mancare. In altre parole, se ti senti legittimato a richiamare i fasti – per modo di dire – del periodo storico più grottescamente fallimentare, soprattutto da un punto di vista sociale, della storia italiana, dovresti almeno avere il coraggio di metterci la faccia, anziché trincerarti dietro a soluzioni di comodo, controverse e ridicole. Non facciamo mistero di apprezzare molto di più l’onestà intellettuale di chi fascista si sente e si dichiara pubblicamente. Chi si sente realizzato sposando queste idee (idee?) e pensa (pensa?) di manifestarlo senza vergogna alcuna, non incontra il nostro sostegno, ma almeno incassa il nostro rispetto. È impensabile e grottesco che proprio chi si rifà al fascismo abbia timore nel mostrare il proprio pensiero. Come in una dantesco contrappasso il fascista oggi teme di subire per le proprie idee lo stigma sociale a cui ha condannato, per una dittatura intera, i propri avversari politici, togliendo loro ogni dignità. Se siete fascisti siate orgogliosi di esserlo, lasciate stare puerili scuse come la provocazione, il distacco tra l’artista e l’uomo, e via dicendo. Esaltate il coraggio delle vostre idee, dell’eroismo dei gesti, e di tutto il campionario del perfetto fascista (da operetta).

Non ci infastidisce che chi ascolta, o meglio idolatra, il black metal si rifaccia a tutto questo da un punto di vista concettuale (concettuale?). Non riusciamo invece a capire perché non si vada di pari passo, prendendo proprio esempio dalla musica. Intransigente e diretta, come dovrebbe essere la presa di posizione di chi ascolta e gode di tutto quanto. Esalti la ”fiamma nera” e la glorifichi con simbologie ammiccanti? Benissimo. Però almeno gridalo senza paura, perché se già sei ridicolo nel momento in cui inneggi a un passato fallimentare sotto ogni punto di vista, con questa tuo timoroso affacciarti in società sei doppiamente ridicolo.

L’altra grande domanda è: perché proprio il black metal e non un altro genere?

L’idea che ci siamo fatti ruota intorno alla convinzione che il metal, e in particolare questa sua corrente oltranzista, sia quanto di più ottusamente vicino ai dogmatismi del fascismo. Nel black metal c’è la fermezza di dover rispettare dogmaticamente un’idea più che un genere musicale, di doversi rifare a una tradizione gloriosa, di accettare una linea sia di pensiero che estetico-comportamentale. In altre parole una versione riadattata del fascismo del ventennio perfettamente riproponibile e sovrapponibile. Ma, ancora, l’incubo del tradimento, più alta manifestazione del conservatorismo in ambito metal, realizzabile solo attraverso la pubblicazione di un album che non rispecchi l’ideologia.

Come si fa, a questo punto, a non considerare il metallaro che sposa la nera fiamma del black metal come una figura ottusa? La sua limitatezza intellettiva che continua a chiudere gli orizzonti mentali, escludendo tutto quello che non rientra nei canoni che altri hanno stabilito per lui, non può che portarlo direttamente nel girone degli ottusi. Se la bellezza risiede proprio nel rompere gli schemi – artistici, mentali, estetici e culturali – come possiamo definire coloro che non lo capiscono? Dato che a noi piace continuare a farci degli amici, non abbiamo remora a considerare il metallaro medio come ottuso. Inutile girarci intorno, cercando termini che possano mascherare il concetto rendendolo meno diretto.

Deve essere altrettanto chiaro però, che non siamo qui per autocelebrare la nostra superiorità intellettiva. Non siamo degli illuminati scesi in terra per mostrare la via. Se, negli anni, abbiamo preso le distanze da un contesto musicale che esprimeva adolescenziale isterismo, è stato perché abbiamo sentito la necessità di andare oltre. Non siamo né migliori né peggiori, siamo oltre e siamo altro. Siamo soprattutto fallibili e consapevoli di esserlo. Sbagliamo, con cognizione di causa, e, spesso, ci piace davvero farlo.

La cosa che più troviamo ridicola, al netto dell’abominio criminale di cui sopra, è che non riusciamo a capire come si possa prendere per buoni gli eccessi costruiti ad hoc dalle realtà scandinave. Come si possa guardare a loro come a una guida autorevole. Siamo distanti. Siamo sul lato più nobile e fortunato del Mediterraneo, non nel nord Europa. E i nostri punti di riferimento sono altri, sono quelli che si affacciano sul nostro stesso mare, ma che lo fanno dalla sponda più povera. Purtroppo per tutti gli strampalati seguaci della fiamma nera che dalle foreste del nord illumina il domani, noi, in Italia, siamo molto più affini al nord Africa. Prima o poi qualcuno dovrà trovare il modo di farglielo capire. Dovranno farsi una ragione del fatto che abbiamo più affinità culturali con la Libia, la Tunisia e l’Algeria, che con la Norvegia, la Svezia o la Finlandia. C’è sempre un sud del mondo a cui guardare con disprezzo, e noi siamo il buco del culo dei nordeuropei, altro che fiamma nera del black metal. Siamo tutti il sud di qualcuno, mettetevelo in testa.

Un’altra cosa meravigliosa risiede nel fatto che il black metal sia una cosa da prendere con serietà estrema e con rispetto – come sempre, al netto dell’aspetto musicale – secondo un dogmatismo religioso, di stampo integralista. Se stesse tutto qui ci sarebbe già da ridere, e non poco, ma andiamo oltre. In pratica dovremmo dare credito concettualmente e culturalmente, a una manica di adolescenti che bruciavano le chiese e suonavano con la faccia pitturata, le borchie, e disegna caproni o croci rovesciate?

Non ce la facciamo a superare la ribellione adolescenziale dei sedici anni, da cui siamo passati tutti? Dobbiamo ancora andare avanti con gli stereotipi del metallaro emarginato che si chiude in camera tra croci rovesciate e pentacoli? Ok, torniamo ai nostri sedici anni, ascoltiamo metal a volume altissimo da soli, invece di scopare come fa la stragrande maggioranza dei nostri coetanei. Chiudi nella certezza che il metal ci abbia salvato la vita, che sia l’unica cosa vera in grado di intercettare il nostro male di vivere.

Non c’è nulla di più conservatore che il mondo del metal, non a caso, come detto sopra, se un disco esce dagli schemi in cui abbiamo chiuso una band, siamo immediatamente pronti a mandarlo al rogo. E con esso quel senso di ribellione che, almeno in partenza, aveva una sua logica malata, e che ora abbiamo trasformato per antitesi in quello che avevamo elevato a nemico. È solo in ambito metal che si realizza il perfetto status quo che aderisce ai canoni del genere, in nome e per conto di una convergenza dogmatica stantia.

In chiusura ci piace tornare sull’argomento di partenza, per provare a chiudere il cerchio.

Se – come pensiamo – il fascismo deve essere considerato come uno tra i peggiori esempi della storia, non possiamo non associarlo al fanatismo ormonale degli adoratori della nera fiamma nordica che considerano il black metal come uno stile di vita prima ancora che un genere musicale. Perché se per costoro l’approccio culturale è alla base di tutto, è altrettanto fondante il pensiero secondo cui oggi sia proprio l’approccio alla vita a rappresentare al meglio il fascismo contemporaneo. Oggi non ci sono grottesche rappresentazioni di gente in pantaloni corti e fez, o pagliacciate camuffate da gite nel forlivese per omaggiare quel leader così coraggioso che il ventisette aprile del quarantacinque aveva scelto di scappare nascosto sotto la panca di un camion travestito da soldato tedesco con lo pseudonimo di Karl Heinz. Il fascismo oggi è distante da tutto questo, ma è, per assurdo, molto peggiore perché attecchisce oltre l’esteriorità folkloristica di un tempo. Si insinua laddove l’uomo non arriva a capire l’importanza, i diritti e la dignità dell’altro, e da qui corrode i comportamenti, partendo proprio dagli istinti primordiali, lavorando sulla, e nella ”pancia degli italiani”. È subdolo oggi come allora, ma se pensiamo che oggi la stragrande maggioranza della popolazione ha avuto via libera – e gratuita – agli studi è ancora più incomprensibile come si possa pensare che nel duemilaventiquattro ci sia a ancora qualcuno che – più o meno orgogliosamente – si proclama fascista.

 

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