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Confessioni di una maschera “Il crepuscolo degli Dei”

Pensare che qualcuno ancora non è riuscito a capire la differenza che c’è tra i social network e la realtà, è un qualcosa che mi annichilisce, sotto tutti i punti di vista. Non è ancora stato creato un antidepressivo in grado di aiutarmi a rialzarmi dalla catatonia che mi assale ogni volta che realizzo quanto sia radicata l’idea che i due contesti siano sullo stesso piano.

Confessioni di una maschera “Il crepuscolo degli Dei”

Confessioni di una maschera “Il crepuscolo degli Dei”

“Il crepuscolo degli Dei”
#agostoduemilaventidue

Pensare che qualcuno ancora non è riuscito a capire la differenza che c’è tra i social network e la realtà, è un qualcosa che mi annichilisce, sotto tutti i punti di vista. Non è ancora stato creato un antidepressivo in grado di aiutarmi a rialzarmi dalla catatonia che mi assale ogni volta che realizzo quanto sia radicata l’idea che i due contesti siano sullo stesso piano.

In queste giornate estive l’idea che si possa anche solo pensare di fare politica attraverso la rete, e in particolare, anzi, in maniera quasi esclusiva, grazie ai social network, mi fa capire una volta di più come mai la situazione sociale italiana sia inevitabilmente indirizzata verso un tracollo che, per certi versi, mi spingo a considerare, pur se a malincuore, meritato. Toccando il fondo, come forse mai in passato, riusciremo finalmente a capire che c’è un mondo oltre lo schermo dei nostri cellulari, e che questo mondo è infinitesimamente distante da quello dorato dei social network? Ho ancora forti dubbi in merito, ma una piccola speranza la conservo.

Facebook, Instagram, e tutto il resto, non sono la realtà. Non mi stancherò mai di dirlo. La realtà è fatta di gente che esiste veramente, e con cui occorre confrontarsi, quotidianamente, per capirne i bisogni e le difficoltà. Per apprezzarne le qualità e trarne insegnamento.

Fare un post su internet non è fare politica. È comodità. Pigrizia e disonestà intellettuale. Fare politica vuol dire andare per strada e realizzare qualcosa di tangibile per la comunità. Iniziative concrete, che vanno al di là di un post con cui denigrare i tre cialtroni che tutti danno per sicuri vincitori delle elezioni. Post che peraltro non serve assolutamente a nulla, perché chi pensa di votarli è gente con cui non abbiamo interazione e che quindi non legge e non segue ciò che facciamo. Questa idea di politica è aberrante. Sia perché non porta a nulla, sia perché sottintende un approccio superficiale, e quindi sterile. Non è così che si spostano gli equilibri, sempre che possano essere spostati. Un’interazione del tempo di pochi secondi seppellita in un mare di like a pagine di satira, di cucina, di sport e di musica non serve che a pulirci la coscienza. Troppo poco e troppo facile.

La rete, con lo sviluppo dei social network, è riuscita a portarci in una dimensione dove tutto ciò che vediamo sullo schermo è vero e tangibile. Ma non è così. La trappola con cui siamo stati ingannati e resi schiavi dei sistemi tecnologici moderni ha funzionato. E i danni si vedono proprio ora, nel momento in cui si arriva al dunque. Quando bisognerebbe pensare che il modello di sviluppo (economico e sociale) sia da dismettere in toto. Quando ci crediamo onnipotenti e in grado di disquisire di ogni argomento, in qualunque momento, soprattutto se non richiesto. Ma soprattutto quando “ci indigniamo” per un post di uno dei tre stronzi di cui sopra. Come se non fosse abbastanza chiaro che ognuno di loro ha uno spin doctor e un responsabile social che pubblica gli interventi al posto loro. O forse crediamo davvero che la mattina questi cazzoni si alzano e postano le loro belinate su Facebook mentre fanno colazione? Non posso pensare che ci sia gente che risponde per le rime ad ogni annuncio social convinto di poter interagire con Salvini. Questo è troppo anche per una persona tendenzialmente paziente come me.

Non è così che si fa politica o che si può pensare di arginare il pericolo elettorale imminente. Così si fa solo pena. Che poi, pensandoci, quello delle elezioni che da qui a poco andranno in scena è un momento su cui ancora devo riflettere. D’accordo che “los tres amigos” sono da evitare come la peste, ma a favore di chi? Chi posso votare? C’è davvero qualcosa o qualcuno che anche solo lontanamente posso pensare di sposarne le idee? Ad oggi no. Non esiste nulla. Votare il male minore non è mai stato il mio modo per pararmi il culo e alleviare la coscienza. E, stando così le cose, anche questa volta finirà che non voterò. Anche perché votare, ok, va bene, ma per chi? Dall’altra parte c’è il nulla cosmico. Una discarica in cui trovare tutti quelli che possano essere utili a fare numero, indipendentemente da quello che rappresentano, dalla loro storia politica. Io di andare a votare certa gente non ce la faccio. Mi faccio schifo da solo. Sputerei nello specchio mentre mi guardo, se non dovessi poi pulire. Se la politica è morta è ora che si faccia sto cazzo di funerale. E poi ripartiremo. Dalle macerie, ancora una volta.

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