Ci sono dischi e situazioni musicale e di vita unici e quasi irripetibili, e “Language of stone” di Matt e Keith Howden, figlio e padre per Archaelogical Records che abbiamo recensito qui, è decisamente uno di questi. Abbiamo avuto la fortuna di poter fare delle domande a Matt Howden, grazie a Orazio di Doppioclic Promotions, e le sue risposte sono interessanti quanto la sua musica.
-Come nasce il progetto “Language for stone” per Archaeological Records?-
Il progetto è nato grazie a Giulio Di Mauro e alla sua ricerca sulle pietre musicali, in particolare quando si è imbattuto nella storia di Peter Crosthwaite. Lui e io abbiamo legami che risalgono alla notte dei tempi e sa che il mio lavoro spesso ha a che fare con la natura, con la terra, gli elementi più pagani di questo mondo. Aggiungete a ciò il fatto che “sono pur sempre il figlio di mio padre”: mio padre Keith Howden, la cui poesia tratta immagini e metafore simili basate sulla natura, rituali e paesaggi. E per entrambi si tratta di paesaggi che affondano le loro radici nel nord dell’Inghilterra, patria appunto delle pietre di Skiddaw.
– Come si è svolta la ricerca musicale e non solo per preparare questo lavoro ?-
Il primo passo per è stato quello di incaricare mio padre di “mettersi sotto a scrivere poesie” che potessimo usare; poi abbiamo organizzato una spedizione per cercare le pietre che è stato una specie di magical mystery tour, spesso istericamente comico, intorno al Lake District con Giulio e il mio amico pescatore Tim. Dopo aver registrato i suoni “selvaggi” ci siamo trasferiti a campionare le pietre con cui Peter Crosthwaite ha assemblato un litofono lungo molti metri nel Museo di Keswick. La mia ricerca secondaria (ma altrettanto importante) è andata ai pub della zona del Lake District: quelli con buon cibo locale, quelli con birre ben tenute 😉 Giulio ti parlerà delle pietre e della sua ricerca… …incursione di Giulio Di Mauro: Il commerciante inglese Peter Crosthwaite tornò da uno dei suoi viaggi in Oriente con la memoria viva di un grande litofono che aveva visto in Cina. Si trattava probabilmente di grandi pietre appese, che pendono verticalmente e vengono suonate al pari di campane in sale all’interno di templi che ne amplificano il suono. Si tratta – lo aveva intuito Crosthwaite, e ne era rimasto ammirato – di un particolare tipo di pietra, una che ha una composizione minerale ed una densità tali da poter non solo emettere un suono melodico (al nostro orecchio) ma anche da propagare internamente questo suono in modo da emetterlo squillante e pulito, apparentemente e amplificato. Crosthwaite ebbe la fortuna di incontrare per caso, proprio nella sua regione natale, delle pietre molto simili, e dopo averne raccolte a sufficienza le intonò seguendo la struttura di un pianoforte. Secondo la ricerca da noi svolta non risultano altre località con emersione di pietre musicali in Inghilterra se non in Cumbria.
– Il vostro stile musicale è unico ed originalissimo, per voi la vostra è musica o piuttosto una poesia con suoni ?-
Chi lo sa?! Entrambi facciamo le nostre cose, artisticamente. Per me, scrivere la musica è stato un atto che era e deve essere secondario rispetto alle parole, al loro significato, alla loro chiarezza ma che al tempo stesso non è mai semplicemente sullo sfondo delle parole. La musica deve respirare, inspirare ed espirare con simpatia, con le parole – poi allungare le membra negli spazi attorno alle parole, tra le strofe, raccogliere e trasportare temi nel regno musicale.
– La parola come atto di nascita, di riferimento e di potere è ancora valida in questa epoca di immagini velocissime ?-
Una parola può ancora inchiodare una stella a una notte, o affondare un politico o una corazzata, lo spero. Ma capisco ciò che intendi e condivido gran parte delle preoccupazioni che si trovano nella tua domanda. Per rispondere in modo più diretto, allora semplicemente “sì” è sufficiente, ma solo per coloro che hanno a cuore, curano o venerano le parole – e troppo spesso nel corso dei secoli ci sono solo alcuni stronzi che prestano attenzione a tali poteri, e altri si preoccupano semplicemente di “cosa c’è per cena?” 😉
– Lavorare con un parente così stretto è facile o comporta delle difficoltà ?-
Se avessimo dovuto lavorare insieme sarebbe stato impossibile 😉 Fortunatamente due ‘lupi solitari’ possono fare quello che vogliono. Mio padre, con la sua poesia in perfetto isolamento iniziata a fluire liberamente una volta discusso insieme il progetto, parla delle pietre di Skiddaw. Una volta scritte le poesie, è potuto iniziare il lavoro musicale. Avevo fatto alcuni esperimenti con le pietre e il loro suono, ma tutto è iniziato correttamente una volta che le poesie sono state registrate e inserite nel mio software musicale.
– Le pietre sono conduttrici di onde sonore o sono creatrici di musica esse stesse?
Di sicuro lo fanno. Probabilmente sono troppo invischiato in loro, nella normale condizione dell’essere, per vedere chiaramente come ciò influisce su di me e sul mio lavoro. Sono un amante delle passeggiate e dei paesaggi e, soprattutto all’inizio della mia carriera, gran parte della mia scrittura musicale è stata fortemente influenzata dall’aspetto visivo. E Language For Stone lo era certamente. C’è una particolare asprezza nel paesaggio che volevo catturare nella musica, a volte con melodie classiche suonate da un’orchestra folk; a volte l’elettronica scheggiata applicata a una nota pulita tenuta da un violino; qualcosa che rode i confini della musica.
– La musica possiede ancora uno spazio fertile per creare o tutto è già stato sentito ?-
Le pietre di Skiddaw hanno certamente bisogno di essere suonate, e non hanno un proprio Bandcamp o un canale YouTube, e infatti la loro grandezza risiede nella loro inettitudine musicale. Con questo intendo dire che sono meravigliosamente imperfette: sia le pietre che colpiamo che quelle che colpiamo male, smorzandosi grossolanamente mentre le teniamo nell’altra mano. Anche con il litofono Crosthwaite i suoni sono rozzamente scolpiti: alcuni suonano chiari mentre altri hanno un’armonica imperfetta, alcuni ancora suonano leggermente piatti, smorzati ed altri più ariosi. Tutti difetti che un buon musicista coglie ed esagera per il divertimento di tutti.
– L’Inghilterra non è un posto come un altro, ha delle caratteristiche ed una storia ben precise, quanto essa influisce sulle vostre creazioni ?-
Oh, c’è così tanto spazio davanti a noi! Continuo a provare a fare musica che non sia mai stata ascoltata prima, ma è difficile… persino sentirla nella tua testa. Per non parlare di creare strumenti impossibili, come in questo disco, suonati ignorando il continuum spazio- temporale in cui esistiamo. Forse non ci stiamo provando abbastanza, sospetto. Ci tornerò su 🙂
– Progetti futuri ?
Ooh sì, è divertente! Al momento sto registrando la raccolta ‘definitiva’ del meglio del mio catalogo di canzoni scritte negli ultimi 30 anni. Circa 50 canzoni esclusivamente per i miei sostenitori (www.patreon.com/MattHowden) per cercare di catturare la loro vera essenza e come sono ora come canzoni. Prima di passare al prossimo album di Sieben, dove proverò davvero a suonare musica come non è mai stata ascoltata prima – o almeno la porterò in un posto dove non sono mai stato prima 🙂 Grazie per l’intervista.
Grazie a te, Matt.













