Ascoltare “Sumu” è impensabile mentre si guarda fuori dalla finestra la nebbia milanese, la pioggia di Londra o il cielo grigio dell’autunno parigino. Eppure i Tribeqa decidono come data di uscita del loro nuovo album, pubblicato su Underdog Records, un qualsiasi venerdì di novembre, per teletrasportarci sotto un baobab, in mezzo alla savana, a cantare intorno al fuoco 10 canzoni al gusto di spezie e colori caldi.
I Tribeqa si formano a Nantes, in Francia, nel 2004 dalla collaborazione di Josselin Quentin e Benjamin Bouton, che lascia poi la band per dare spazio a nuovi membri e alla splendida voce di Malou Oheix. In più di vent’anni di carriera, il sound del gruppo si arricchisce sempre di più, unendo il jazz, il funk e l’hip-hop a influenze afro che celebrano il continente nel miglior modo, lontano da stereotipi e luoghi comuni. “Sumu” è la sintesi perfetta di tutto questo, un disco che si scioglie nel giallo della copertina, in un Nilo caldissimo che bagna le coste del Burkina Faso e della Costa d’Avorio. È accogliente, raggiante, intorno al baobab in copertina si accettano solo pensieri positivi, di un colore giallo acceso come la sabbia della savana. La musica è infantile nella connotazione più positiva del termine, talmente semplice e divertente che anche un bambino può goderne tutte le sfumature. “Sumu” in lingua dioula significa “riunione”, non come quelle seriose e istituzionali a cui siamo abituati, ma piuttosto un momento di condivisione di risate, storie, musica e legami genuini. Si parla un po’ di tutto, di tutte quelle piccole cose che prima o poi capitano a chiunque attorno al baobab, agli ospiti del disco e noi che lo ascoltiamo, felici di sapere che non siamo i soli a provarle.
In “Artist” si parla di creazione e creatività, di cosa significa essere artisti, insieme al freestyler danese Blacc El e Wamian Kaïd, un inno alla condivisione dell’arte e all’unirsi per celebrarla in tutte le sue sfumature. “Bring a little bit of woohoo” canta Malou, invitandoci a portare sulla tavola apparecchiata della creatività un po’ di noi, mostrando l’artista che è in noi. “Dembele” vede l’entrata in scena del flauto magico per antonomasia, suonato da Magic Malik, famoso in tutta la Francia per le sue composizioni oniriche. Le voci di Fatoma e Fanta Dembele ricordano un canto popolare, una formula magica per evocare spiriti lontani attraverso la musica della band.
Attorno al fuoco si parla poi di famiglia in “Family”, filastrocca rap su chi è famiglia, al di fuori dell’albero genealogico, scandita dal ritmo allegro e incessante del balafon. La prima cosa che mi viene in mente sono Simba, Timon e Pumba che saltellano allegramente nella foresta in una delle scene de “Il Re Leone”: è quel tipo di spensieratezza tipico dei bambini, che giocano a fare musica picchiettando un bastone su una latta vuota, o soffiando dentro un bastoncino di bambù. La stessa giocosità che torna in “Life”, insieme a una delle frasi più belle dell’album, rigorosamente in lingua dioula, “Ni ma ye holou be barara”, traducibile in un potentissimo “non devi avere paura della vita”. Il riferimento al film Disney si spreca: il famoso cerchio della vita cantato in italia da Ivana Spagna è inevitabile , e averne timore non fa altro che minare la nostra serenità di fronte a un mondo tutto da scoprire.
Uno dei brani migliori di “Sumu” è “Respire”, ai limiti dello psichedelico tra le solite percussioni e colpi di balafon che danno il tempo a un mantra in francese ripetuto per tutto il brano. Non mancano gli omaggi agli scorci di Africa da anni ispira il sound dei Tribeqa, partendo da “Grand Bassam” in Costa D’Avorio, ballad sulla fiducia accompagnata dalla chitarra, fino a “Secteur 22” in Burkina Faso, quartiere della città metropolitana di Bobo-Dioulasso impegnato da anni nel dare nuova linfa al quartiere. “Stay away from those who break” dice il pezzo, raccontando il sogno degli abitanti di una casa migliore per il futuro, lontano da chi non fa altro che distruggere senza pensare al bene comune.
“Sumu” è un album che crea dipendenza, contagioso, come quelle risate che si sa dove partono ma mai dove e se finiranno. Attorno al baobab che rappresenta alla perfezione la loro musica, i Tribeqa distribuiscono una droga buona, quella dell’allegria, che ha come unico effetto collaterale il sentirsi in pace con il mondo. A volte vira sullo spirituale, ma la direzione della band resta concreta: il nostro mondo, le emozioni che viviamo, ciò che ci rende felici e il racconto di un’Africa come “jungle where dreams are made of” citando la hit di Alicia Keys. Pochi progetti dello stesso genere non annoiano dopo la sesta o settima canzone suonata al balafon; i Tribeqa confezionano invece 10 brani coinvolgenti dal primo all’ultimo, semplici ma curati per essere quello che sono, nient’altro che pura allegria. Davanti al fuoco, la musica della band francese a qualcuno farà riflettere, a qualcuno semplicemente ballare, ma l’importante è che a nessuno toglierà il buonumore.
Tribeqa – Respire (Official Video)
Tribeqa – Sumu tracklist
- Sumu 04:25
- Artist 03:19
- Dembele 05:30
- Respire 03:14
- Grand Bassam 04:13
- Family 03:25
- Secteur 22 03:28
- Kouma 04:40
- Life 03:57
- Wayo 05:44










