Cosa c’è di meglio di un concerto rock ‘n’ roll per riscaldare le fredde notti d’autunno/inverno? E se poi il live in questione è suonato da una band come i Not Moving (LTD) che in Italia, da decenni, rappresenta IL rock ‘n’ roll, quello vero e meno celebrato “istituzionalmente” dal mainstream, che fai, non vai a vederli? Certo che si va!
I nostri, lo scorso weekend, sono stati impegnati in una 3 giorni tra Toscana, Emilia e Piemonte con tre nuove date a supporto del loro nuovo (comeback) album uscito nel 2022, “Love Beat“, promuovendo il disco in un tour che va avanti dallo scorso anno e dovrebbe concludersi agli inizi del prossimo (e, ci giuriamo, siamo certi che non sarà la loro ultima tournée, nonostante la didascalia social “This could be the last time” che accompagna gli annunci e i resoconti delle loro esibizioni in giro per lo Stivale) e nella sera del primo giorno dell’ultimo mese del 2023 sono stati di scena nei dintorni di Pisa, al Caracol, uno di quei piccoli club in cui si può ancora vivere la vera essenza di un concerto R’N’R: a pochi centimetri dal palco e da chi suona on stage, con la possibilità di condividere le emozioni in tempo reale (e non filtrate da palchi situati a chilometri di distanza dal pubblico) con la band che si sta guardando, e poi interagire, salutare e scambiare parole, commenti e impressioni coi musicisti, interfacciarsi con chi suona/canta senza barriere multimediali e senza chiedere il permesso a guardie del corpo che proteggono le “rockstar” di turno. Dovrebbe essere sempre così, e Antonio “Tony Face” Bacciocchi, Rita “Lilith” Oberti e Dome La Muerte lo sanno bene e, da persone vere, umili e genuine quali sono, si dimostrano sempre alla mano e felici di stare a stretto contatto con l’affetto dei loro fan ed estimatori, non si risparmiano (sul palco come nella vita) e a dispetto del tempo carogna e delle sessanta primavere sul groppone (a eccezione della giovane chitarrista Iride Volpi) sono ancora in giro a sbattersi, a diffondere il verbo del rock ‘n’ roll a coloro che ne sanno godere e a offrire live shows grintosi che si mangiano a colazione tanti gruppi anonimi di sciatti e noiosi ventenni.
Per chi vi scrive, questo è stato il primo concerto dei Not Moving a cui ha assistito dal vivo (essendo nato a metà degli Eighties, e poi in seguito ancora pargolo, ai tempi della line up “storica” dell’ensemble tosco-emiliano) e poco importa se, dopo la reunion, al moniker è stata aggiunta la sigla “L.T.D.” (cioè, Lilith, Tony e Dome) perché la sostanza non è cambiata e, come già scritto nella recensione di “Love Beat“, la chimica di gruppo è rimasta intatta, la scorza dura e il feeling ribelle sono ancora lì a sorreggere un sound sempre elettrico, sebbene meno viscerale e d’impatto, rispetto al selvaggio passato, ma più ragionato e maturo e ugualmente infuocato in sede live.
Vinti i malanni di stagione che, il mese scorso, li avevano costretti a cancellare alcune date, i quattro si presentano sul palco del Caracol con una setlist generosa e compatta che intrattiene e diverte la platea accorsa per vederli in azione. Rita “Lilith”, lady in black e frontwoman che sa prendersi la scena molto meglio di tanti colleghi maschietti, interpreta ogni canzone con passione e coinvolgente trasporto; Tony, coi suoi immancabili occhiali scuri, è sempre garanzia di precisione, essenzialità e solidità alla batteria; Iride fa da efficace supporto elettrico alla seconda chitarra (quartetto senza basso, in omaggio ai primi Cramps) e poi c’è lui, Dome La Muerte, osannato idolo locale, ma anche leggenda del rock ‘n’ roll italiano tutto, il figlio che Keith Richards avrebbe voluto avere. Un’ora e mezza tirata e senza pause tra una canzone e l’altra, una scaletta che ha ripercorso quasi tutta la discografia del gruppo, tra brani della primissima ora come “Baron Samedi” (contenuta nell’Ep “Strange Dolls” del 1982, registrato prima dell’arrivo di Dome La Muerte) altre gemme provenienti dagli “altri” anni Ottanta come “Goin’ down“, “Crawling” (ripescata dall’Ep “Black ‘n’ wild“) “Land of nothing” (dal mini-album del 1983, ma pubblicato solo nel 2003 da Area Pirata) “I stopped yawning” (da “Flash on you“) lo strumentale “Surfin’ dead blues” (posto in apertura delle danze e tratto dall’Ep “Jesus loves his children“) “Lost bay” e “Suicide temple” (dal primo vero e proprio Lp, “Sinnermen“) passando per il nuovo corso (“Lady Wine“, dall’Ep omonimo, e poi una selezione di pezzi del nuovo long playing: “Love beat“, “Down she goes“, “Dirty time“, “Deep eyes“, “Don’t give up“) il tutto condito dalla consueta manciata di cover: dal classico surf “Pipeline” (che negli anni Ottanta gli valse i complimenti di Johnny Thunders, il quale diceva che la loro versione suonasse meglio della sua!) “Primitive” dei Groupies/Cramps, “I need somebody” degli Stooges, “Venus in furs” dei Velvet Underground, una concitata “Fire of Love” dei Gun Club e l’incendiario rifacimento di “I just wanna make love to you” di Willie Dixon con cui i NM chiudono sempre le loro esibizioni.
Un concerto dei Not Moving (LTD) è sempre un evento da ricordare. Lo stile e la mentalità sono qualità che si acquisiscono con pratica, sudore, attitudine ed esperienze di vita e non si comprano al (super)mercato (e del resto, se hanno ricevuto apprezzamenti e attestati di stima da gente come Joe Strummer/Clash e Johnny Thunders, tra gli altri, non è certo per grazia ricevuta, ma per la caparbietà/costanza della loro proposta e del loro talento. P.S.: Iggy Pop, smettila di fare il coglionazzo coi Maneskin e passa i Not Moving sul tuo programma radiofonico alla BBC!) e i nostri confermano di essere parte, in Italia, dell’underground che resiste alle mode mainstream e alle derive del mercato/marketing musicale di algoritmi, autotune e altre aberrazioni spersonalizzanti. E finalmente la loro autenticità è stata omaggiata da un riconoscimento (meritatissimo, aggiungiamo) “alla carriera” assegnato a Dome e soci alla ventiseiesima edizione del premio intitolato al cantautore Piero Ciampi a Livorno, un avvenimento che sicuramente ripaga questi/e eterni/e ragazzi/e di tanti sforzi e sacrifici fatti, dal 1981 a oggi, per portare in giro la loro musica senza compromessi e coltivare un sogno R’N’R. La battaglia va avanti (speriamo ancora per tanti anni) e lo spirito continua. Lunga vita agli outsider!