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Recensione : Marco Petroni – St. Pauli Siamo Noi

Pirati, punk e autonomi allo stadio e nelle strade di Amburgo

Marco Petroni – St. Pauli Siamo Noi

Non sappiamo se incontreremo mai il St. Pauli in qualche competizione europea.

Entrare al Millerntor significherebbe comunque imbattersi in una realtà che travolge mille altri aspetti oltre il calcio e in quel caso, più che pensare al risultato della partita, la nostra prima preoccupazione sarebbe davvero quella di preparare di un tipo di gemellaggio intimo, ma solenne con tutta la tifoseria in quello stadio.
Sarà che i protagonisti della nostra Serie A Tim non sembrano mai voler esprimere autonomamente una posizione convinta e comune contro il razzismo, nè una minima curiosità di facciata verso la realtà che si estende oltre ai loro selfie, ma storie come quella del portiere Volker Ippig o il proverbiale antagonismo della Fanlanden hanno finito quasi per farci idealizzare più del dovuto le vicende del St. Pauli e di tutto il suo quartiere.
Il libro di Marco Petroni forse è la chiave ideale per avvicinarci in modo più lucido ed equilibrato alle vicende di un club e una tifoseria che sono diventati parte integrante del modo di intendere politica e militanza nel cuore più caldo di Amburgo.
Sarà che l’autore sceglie sempre di mettere in relazione la storia dettagliata del St. Pauli con tutte le vicende più importanti che hanno sconvolto la Germania nell’ultimo secolo, ma dopo aver letto questo libro abbiamo la sensazione di avere un quadro molto più completo anche dell’impatto delle battaglie sindacali di inizio novecento, la Repubblica di Weimar, la lotta al nucleare e l’avvento dei Beatles sulla socialità di quella metropoli.
La tradizione solidale del quartiere più famoso di Amburgo sembra avere un filo unico che parte da quando i portuali rischiavano la vita per aiutare i prigionieri dei lavori forzati nella seconda guerra mondiale fino alle manifestazioni di massa contro le azioni razziste di questi anni.
Sulla vitalità assolutamente unica di una comunità che vive a stretto contatto oltretutto con i locali a luci rosse più frequentati d’Europa si è innestata sul finire degli anni ’80 l’inaudita aggregazione tra punk, anarchici, autonomi e cani sciolti al seguito di una squadra sempre ai margini della Bundesliga. Il club marroncino da lì in poi è addirittura riuscito anche a togliersi qualche soddisfazione contro Bayern Monaco o l’Hsv, ma soprattutto ha costituito un margine importante contro il dilagare della xenofobia in tutto il campionato tedesco.
Petroni racconta tutte le difficoltà di un gruppo di supporter che oltre dover organizzare trasferte impossibili, a ogni partita in casa o match della Nazionale all’Imtech Arena doveva raccogliere provocazioni e attacchi in massa praticamente dentro le proprie case.
La sfida più difficile, si è dovuta giocare con la nuova dirigenza del club. Anche se i tifosi hanno la partecipazione nel gruppo della società, la svolta verso le sponsorizzazioni e i costi esorbitanti di gestione sta modificando molto la linea del St. Pauli.
Petroni nell’ultimo capitolo si sbottona e racconta in prima persona e dal suo punto di vista il suo legame con il Fanlanden. Dimostra che il suo lavoro sarebbe potuto funzionare anche in chiave narrativa. Anche per questo va apprezzato il rigore e la precisione storica a cui ha deciso di sacrificarsi nel resto dell’opera confezionando un libro che ha molto valore non solo per gli appassionati di calcio.

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