Kauan – Pirut

Difficile fare meglio per chiunque tenti di approcciarsi a questa materia e i Kauan, con una prova di siffatto livello, meriterebbero di uscire dal confortevole quanto limitante guscio di realtà musicale di culto.

Kauan – Pirut

Anton Belov, nonostante l’ancor giovane età, ha già alle spalle un passato musicale piuttosto corposo con i suoi Kauan, progetto nato nel 2007 e guinto, con Pirut, al suo quinto episodio su lunga distanza .

Il folk-doom spruzzato di black di “Lumikuuro” si è trasformato nel corso delle varie uscite, cambiando per umori e colori fino a raggiungere la forma pressoché perfetta esibita in quest’ultimo lavoro, che si snoda all’insegna di un post-metal dai rimandi dark-progressive e con spiccati riflessi morriconiani, pur mantenendo intatte le basi musicali degli esordi.

Insomma, quel che si può definire un mix ideale, al quale Anton è giunto, probabilmente non a caso, proprio nel momento in cui, terminato il suo sodalizio artistico con Lubov Mushnikova, i Kauan sono diventati una band a tutti gi effetti composta da cinque elementi: difficile stabilire se e quanto i nuovi membri possano aver contribuito in fase compositiva, di sicuro si avverte nell’ascoltare l’album la sensazione di aver a che far con un gruppo di musicisti coesi, ognuno specializzato nel proprio strumento, oltre tutto valorizzati da una produzione cristallina.
Pirut è un lavoro relativamente breve (meno di quaranta minuti) che si snoda lungo una traccia unica divisa per comodità in otto movimenti e rappresenta un malinconico viaggio tra le mille sfaccettature della psiche umana; la sua nascita è stata contrassegnata dalla caduta di un frammento d’asteroide poco lontano dagli studi durate fase di mixaggio, e di questo avvenimento si trova traccia, se non dal punto di vista prettamente compositivo, sia nella splendida copertina sia in un sample (nel brano I) che riproduce la rottura dei vetri provocata dallo lo spostamento d’aria.
Uno struggente tema ricorre nelle diverse fasi del lavoro, ora interpretato dalle note un pianoforte, ora dalla viola ora da vocalizzi femminili, il tutto incastonato in un sound che concede pochi spazi ad asprezze vocali o strumentali; la lunga composizione brilla per l’equilibrio tra le sua varie anime, quella folk-ambient, che richiama i momenti più riflessivi dei migliori Falkenbach, quella progressive, che trova la sua sublimazione nella splendida traccia III e quella melodico orchestrale, nella quale vengono sfogati gli influssi di matrice morriconiana.
Difficile fare meglio per chiunque tenti di approcciarsi a questa materia e la band, ora di stanza a Kiev, con una prova di siffatto livello, meriterebbe davvero di uscire dal confortevole quanto limitante guscio di realtà musicale di culto.
Non so se Pirut sia migliore di “Aava Tuulen Maa”, che fino ad oggi era considerato il picco compositivo dei Kauan, di sicuro è differente, certamente più maturo e senza ombra di dubbio un ascolto doveroso per chi apprezza atmosfere più riflessive e non disdegna di farsi cullare della partiture sognanti create da un musicista di livello assoluto come Anton Belov.

Tracklist:
1. I
2. II
3. III
4. IV
5. V
6. VI
7. VII
8. VIII

Line-up :
Anton Belov – Guitars, Vocals, Keyboards, Programming
Alex Vynogradoff – Bass, Vocals (backing)
Anton Skrynnik – Drums
Alina Roberts – Keyboards, Vocals (backing)
Anatoly Gavrilov – Viola

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